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Mercatino di oggettistica e libri giapponesi a Roma con cerimonia del tè

Buondì! Iniziamo la giornata con una buona notizia per tutti coloro che orbitano attorno a Roma: sabato 7 maggio, presso il Doozo (via Palermo 51-53, Roma) avrà luogo un  mercatino di libri usati giapponesi e artigianato del Sol Levante, accompagnato dalla cerimonia del tè, realizzata secondo i precetti della scuola Ueda (introduce Angela Verdini; esegue Sasaki Kazumi). Quanto ricavato dalla vendita dei libri sarà devoluto in beneficienza all’organizzazione giapponese Akai Hane (http://www.akaihane.or.jp/en/) per sostenere le vittime del terremoto e dello tsunami. Il mercatino si terrà dalle 12 alle 19, mentre la cerimonia del tè inizierà alle 18. Non mancate.

“Filosofia nei manga”di Massimo Ghilardi

Nell’immaginario comune, il mondo dei manga e degli anime è generalmente ritenuto soltanto uno svago per bambini e adolescenti, privo di contenuti con spessore.
La realtà è però ben diversa, come dimostra efficacemente Marcello Ghilardi, ricercatore e autore di Filosofia nei manga. Estetica e immaginario nel Giappone contemporaneo (Mimesis, pp. 162, € 14; ora in offerta su Amazon.it a € 11,90 cliccando qui).

Dopo aver tracciato un profilo storico-culturale dei manga, comprendente le tappe più importanti (dagli schizzi di Hokusai alle influenze sull’arte di Van Gogh) con riferimenti alla tradizione artistica ed estetica della Cina e del Sol Levante, lo studioso si sofferma su alcuni aspetti significativi dei fumetti del Sol Levante, spesso sfuggenti a un lettore digiuno di rudimenti filosofici e di un’approfondita conoscenza del contesto nipponico. Si pensi, per esempio, ai numerosi accenni  all’etica e alle vicende dei samurai, o ai valori del buddhismo e dello shintoismo, trasparenti solo a una minoranza di occidentali.
Uno dei temi portanti dell’opera è rappresentato da un’approfondita e documentata riflessione sul complesso rapporto intercorrente tra uomini, robot e cyborg, e ai legami intercorrenti fra le tre categorie; da essi Ghilardi tenta di estrinsecare una sorta di ontologia dell’automazione, riflettendo sulle cause che l’hanno generata e sulle ragioni che hanno decretato il suo successo. Nel fare ciò, illustra le teorie di Gomarasca in merito (le storie di robot racchiudono una metafora sociologica, una psicologica e una storica); in parallelo alla trattazione teorica, l’autore presenta  testimonianze concrete, sviscerando alcuni aspetti tanto interessanti quanto poco noti di manga e anime più o celebri (Neon Genesis Evangelion, Gunslinger girl, Ghost in the shell, etc.).
Nel denso contributo di Marco Pellitteri, Giappornologie, vengono evidenziati altri elementi caratterizzanti la produzione nipponica contemporanea, vale a dire quelli legati al mondo del sesso e del porno, con un’attenzione particolare verso le loro radici socio-antropologiche e le dinamiche sottese; anche in questo caso, la figura dell’automa (in particolare della donna cyborg) e quella della bambola gonfiabile assumono un significato ben preciso, in quanto esseri passivi, non minacciosi e facilmente controllabili.
Conclude il volume La verità dell’illusione, dedicato al regista Satoshi Kon che, con le sue commistioni di onirico e reale, umano e cibernetico, ha dato vita a nuovi orizzonti cinematografici e semantici, in cui l’apparenza – non di rado dall’impronta postmoderna – si confonde e si sposa con ciò che siamo abituati a chiamare  (riduttivamente?) realtà.

Intervista a Chiara Gallese, autrice di “Tokyo night”

Solitamente, questo blog tratta di scritti d’autori giapponesi o dedicati a tematiche nipponiche. Oggi, però, le cose andranno in maniera un po’ diversa: non soltanto il volume del giorno è un romanzo composto da una ragazza italiana, Chiara Gallese, appassionata di Sol Levante e giurista, ma sarà lei stessa a parlarci della sua opera in un’intervista.

Ma partiamo con ordine. Il libro è intitolato Tokyo night (Cerebro editore, pp. 218; € 15; per chi lo volesse, è acquistabile su Ibs o, dal 2014, su Amazon) e presenta una struttura piuttosto particolare: ciascuno dei venti capitoli che lo compone è legato a una delle stazioni della metropolitana della capitale.

La storia della giovane Keiko – sognatrice, creativa e amante dell’Italia – s’intreccia  così di continuo con il respiro, i ritmi, i luoghi e le abitudini della città, vera protagonista dell’opera. E’ infatti riservata una grande attenzione a molte componenti della cultura nipponica, classica e contemporanea: accanto agli haiku, ai templi e alla pittura tradizionale, troviamo mode, locali e comportamenti attualissimi. Non mancano, inoltre, numerosi accenni alla vita nipponica quotidiana, fatta di piccole abitudini, oggetti caratteristici e riti.

Ma lasciamo che sia la stessa autrice a raccontarci della sua opera; colgo l’occasione per ringraziarla della sua gentilezza.

Biblio. g.: Chiara, parliamo per prima cosa della gestazione del tuo romanzo: alle sue origini c’è stato un evento particolare?
Chiara Gallese: Non direi proprio un evento, quanto piuttosto un momento di vita da elaborare: nel 2007 sono andata in Giappone per un viaggio studio, e mi sono trovata talmente bene che sarei voluta restare lì a vivere. Poi purtroppo non sono riuscita a organizzarmi con mia figlia, perciò ho scritto questo romanzo per rovesciare nella carta tutte le sensazioni che ho provato in quel periodo.
B. g.: Com’è nata nella tua mente l’idea di abbinare a ogni capitolo una stazione diversa della metropolitana di Tokyo?
C. G.: Nel Giappone moderno, le stazioni della metro svolgono una funzione sociale molto importante. Si possono paragonare all’agorà, quindi mi è venuto spontaneo scandire i momenti più significativi della vita della protagonista con i nomi delle stazioni in cui si svolge la vicenda.
B. g.: Qual è l’episodio che più ami del tuo romanzo? Perché?
C. G.: Sicuramente il terzo capitolo, in cui le sensazioni negative sono del tutto autobiografiche. A diciannove anni, quando mi sono opposta con tutte le mie forze all’idea di abortire, mi sono immaginata come sarebbe stata la mia vita futura se avessi fatto una scelta diversa: quello scenario è confluito nel mio romanzo. Inoltre, come la protagonista, anch’io sono stata lasciata dal mio fidanzato alla vigilia della laurea, e poco prima di andare a convivere. In quel periodo ho preso una parte di me stessa e nel libro ho descritto in modo preciso come mi sono sentita.
B. g.: Ed ora una domanda d’obbligo che si rivolge a tutti gli scrittori: quanto ti rispecchi in Keiko, la protagonista?
C. G.: Ho cercato di fare un modo che Keiko risultasse quasi l’opposto di me sia fisicamente che caratterialmente, mentre quasi tutti gli altri personaggi sono modellati su persone vicine a me.
B. g.: Quali sono i modelli letterari – giapponesi e non – che più credi ti abbiano influenzato?
C. G.: Come ho scritto nella postfazione, ho usato uno stile il più possibile simile a quello di Banana Yoshimoto. Ma ho subito influenze anche da parte di Haruki Murakami, Yasunari Kawabata, Yukio Mishima e Natsuo Kirino.
B. g.: Infine, domanda a bruciapelo: pensi di scrivere un altro libro legato al Giappone?
C. G.: Al momento sto scrivendo un libro di tutt’altro genere, sugli studenti di Giurisprudenza. Ho altri sette progetti in cantiere, perciò non prevedo di parlare del Giappone nell’immediato.

Nuova edizione dello “Hagakure”

Quando si parla di samurai, all’uomo medio vengono in mente scene degne di Kurosawa Akira o, al contrario, di uno scalcinatissimo film di serie B, a base di “ghesce” sospiranti e “katane” sguainate.
Nella realtà storica, naturalmente (e per fortuna) le cose stanno in ben altro modo. Ci aiuta a comprendere ciò uno dei testi appartenenti alla cultura nipponica più fraintesi, vale a dire l’Hagakure di Yamamoto Tsunetomo, da poco pubblicato in una nuova edizione realizzata da Francesca Meddi (pp. 87, € 8.0) per la casa editrice Solfanelli (che ringrazio per l’omaggio), corredata di due interessanti saggi di approfondimento trasversale (L’ultimo samurai?, dedicato a Mishima, e Lo stoicismo e lo zen).
Il testo – il cui titolo significa <<All’ombra delle foglie>> – è pù spesso conosciuto come Codice segreto dei samurai, quando in realtà – come viene precisato nell’introduzione della curatrice – era originariamente rivolto soltanto ai giovani appartententi allo stesso han (il territorio retto dal daimyo) dell’autore.
I riferimenti alla morte, alla dignità e all’orgoglio (in ambito pubblico e privato) presenti in quest’opera sono stati e purtroppo sono ancora fraintesi, col risultato di ricondurre tutto ad un’errata e riduttiva visione decadente dei valori del Sol Levante, che avrebbe il suo sbocco naturale nel seppuku di Mishima e nella pratica suicida dei kamikaze della seconda guerra mondiale. In realtà, il reale significato di questi raccolta di aneddoti e aforismi va scoperto pagina dopo pagina, con pazienza, alla luce della storia e dei costumi nipponici.
Concludo citandovi uno dei brani che ho preferito:

Un samurai disse: <<Ci sono due tipi di orgoglio: uno interiore ed uno esteriore. Ma solo se si possiedono entrambi, si rivelerà utile. Paragoniamo l’orgoglio alla lama affilata di una spada: sarà bene che questa venga tenuta riposta nel fodero e di tanto in tanto sguainata, brandita, ripulita e poi nuovamente rinfoderata. Se venisse brandita in continuazione susciterebbe il timore degli altri, allontanando non solo i nemici, ma anche gli alleati. Sarebbe un errore anche il tenerla sempre riposta nel fodero, perché perderebbe la sua affilatura e si ricoprirebbe di ruggine, suscitando il disprezzo e lo scherno della gente.>>

La stanza del tè

Sono felice di inaugurare il sito con una collaborazione di qualità, nuova di zecca: sto parlando di Francesca e di Una stanza tutta per (il) tè, blog dedicato non soltanto ai mille profumi e sapori della bevanda orientale, ma anche e – forse, soprattutto – alle sensazioni e ai pensieri che essa stimola.
Dal momento che non c’è nulla di meglio che leggere un buon libro sorseggiando un’ottima tazza bollente, ogni mese vi proporrò una pagina tratta da un volume nipponico, a cui Francesca abbinerà un tè. Tutti i post compartecipati saranno poi riuniti nell’apposita sezione La stanza del tè.
Chiunque volesse suggerirmi libri o pagine, è il ben accetto. A questo punto, non mi resta che augurarvi buone letture e buon tè.

Presentazione di "Tarantino vs Kitano"

Tra Tarantino e Kitano, secondo voi, chi vince? La domanda se l’è posta anche Angela Cinicolo, autrice di Tarantino vs Kitano (Sovera ed., pp. 158, € 15), recentemente pubblicato; in esso, vengono analizzate e ripercorse le scelte stilistiche e tematiche che contraddistinguono i due geniali registi.
Il volume sarà presentato a Roma, domenica 24 ottobre, alle ore 19, presso AltroQuando (Via del Governo Vecchio, 80, 82, 83), libreria nota certamente a tutti i cinefili, a due passi da Piazza Navona.

A Roma presentazione de "Le mie lezioni sulla dottrina del tenrikyo"

Ancora a Roma, propongo la presentazione del libro Le mie lezioni sulla dottrina del tenrikyo di Kontani Hisanori (ed. Yamaguchi, pp. 458, € 10), che si terrà martedì 21 settembre, alle 20.30, presso la libreria Aseq (via dei Sediari 10, Roma; vicino il Senato). Relatore sarà il dottor Hideo Yamaguchi. Ingresso libero fino ad esaurimento posti (60). Per qualsiasi ulteriore informazione, è possibile contattare gli organizzatori allo 06 6868400 oppure all’indirizzo info@aseq.it
<<Il Tenrikyo (天理教; Tenrikyō, letteralmente “insegnamento della ragione divina”) è una religione di origine giapponese. A fondarla fu una donna, Miki Nakayama che, dal 1838 in poi, passò attraverso una serie di esperienze rivelatorie. A partire da questa data, i suoi seguaci si riferirono a lei come Oyasama (lett. Madre Onorata). Si calcola che il Tenrikyo abbia in tutto il mondo circa 2 milioni di fedeli, di cui 1 milione e mezzo nel solo Giappone.>> (fonte: wikipedia)

"Il Crocifisso del samurai" di R. Cammilleri

Cercando nel sito della Rizzoli un volume, mi sono imbattuta in  tutt’altro, e cioè ne Il Crocifisso del samurai di Rino Cammilleri (Rizzoli, pp. 280, € 18,50), di cui – sinceramente – ignoravo del tutto l’esistenza; vi rimando dunque alla presentazione dell’editore: 

È l’alba quando la giovane Yumiko viene prelevata dalle guardie dello Shogun e torturata pubblicamente. La sua unica colpa è essere figlia di Kayata, samurai cattolico che non ha potuto pagare le tasse alle autorità, i cui uomini ormai da anni umiliano i cristiani di Shimabara con una violenza cieca e annientatrice. Ma nonostante la miseria e il sangue fatto scorrere per fiaccare la loro volontà, gli abitanti del villaggio si raccolgono attorno al simbolo di cui nessuno può privarli: il crocifisso di Cristo. Lo stesso al quale i primi cristiani giapponesi venivano inchiodati dalle guardie dello Shogun. La violenza su Yumiko è la scintilla che spinge uomini e donne alla ribellione estrema: rifugiati nel castello di Hara si oppongono al giogo persecutorio e a un destino ineluttabile. L’assedio da parte degli uomini dello Shogun dura cinque interminabili mesi, senza cibo e possibilità di scampo, ma quel “branco di contadini”, guidati dall’Inviato del Cielo, da Kayata e dal suo discepolo Kato, resistono, aggrappandosi alla speranza incrollabile nella resurrezione. Perché solo la fede può superare ogni sopraffazione e dare linfa vitale a un popolo in lotta.
Il crocifisso del samurai, l’opera forse più ambiziosa di un autore che ha trascorso la vita a indagare la storia della cristianità, è uno struggente romanzo storico capace di toccare le corde più profonde dell’anima esplorando le radici del concetto stesso di fede. L’epica ribellione dei samurai cristiani di Shimabara nel 1637 – dopo la quale per due secoli il Giappone si chiuse a ogni contatto con l’esterno – rivive in un affresco crudo e realistico, denso di azione e di colpi di scena, che testimonia l’eroismo di chi è morto per non rinnegare il proprio credo.

"Il caso Aum Shinrikyo": fanatismo e terrorismo in Giappone

Grazie alla segnalazione della casa editrice Solfanelli, vi segnalo un volume non certo d’argomento comune, di recente pubblicazione: Il caso Aum Shinrikyo. Società, religione e terrorismo nel Giappone contemporaneo di Stefano Bonino (ed. Solfanelli, pp. 128, € 10).
Aum Shinrikyo è il nome della setta religiosa che organizzò l’attentato alla metropolitana di Tokyo del 20 marzo 1995, utilizzando il gas sarin, che uccise dodici persone e ne intossicò seimila.
Per saperne di più, vi rimando alla presentazione dell’editore:

Sostenuta da un’importante bibliografia, la storia del “caso Aum Shinrikyo” viene presentata secondo una rigorosa linea cronologica, e indagata nel contesto socio-religioso del Giappone contemporaneo.
In seguito al massiccio attacco terroristico alla metropolitana di Tokyo nel marzo del 1995, l’Aum Shinrikyo si è imposto all’attenzione giapponese e mondiale come il più feroce movimento religioso terroristico nipponico.
Setta sincretista fondata sulla figura del suo leader Asahara, l’Aum Shinrikyo si è inizialmente aperto e proteso verso la società, proponendo un sentiero comune di salvezza collettiva, ma finendo per chiudersi in se stesso in seguito ad una serie successiva di fallimenti.
Con l’intento di scatenare una guerra globale, non si è limitato a dirigere le proprie energie contro i suoi nemici, ma ha preso di mira l’intera società.
Mentre il racconto si sviluppa, l’organizzazione interna del movimento e la struttura esterna della società si intrecciano, si fondono e si sfumano, lasciando l’amara consapevolezza dell’intimo rapporto tra fanatismo religioso e violenza.

"Così triste cadere in battaglia"

Prati d’estate,
tutto quanto rimane
dei sogni dei soldati.

scriveva Basho, diversi secoli fa. A questo haiku vorrei oggi affiancare un libro, Così triste cadere in battaglia (Einaudi, 2007, pp. 214, € 15), rapporto di guerra ricostruito dal giornalista Kumiko Kakehashi, vincitore del premio per la saggistica Soichi Oya. L’editore ne parla così:

La storia del generale che osò dire al suo imperatore: «è triste cadere in battaglia», rifiutando l’apologia del suicidio kamikaze. La storia di un uomo che non voleva fare la guerra, destinato a organizzare la piú spietata e caparbia resistenza all’invasione di un lembo di terra patria da parte di forze americane immensamente superiori. La storia corale di un intero esercito che sprofonda letteralmente sottoterra in condizioni di vita impensabili, e resiste oltre ogni immaginazione, lontano dalle famiglie e da ogni possibilità di soccorso. Una ricostruzione storica avvincente e rigorosa a un tempo, che fissa nella memoria i giorni di Iwo Jima, già oggetto di un recente film-capolavoro di Clint Eastwood, Lettere da Iwo Jima, ispirato appunto a questo libro. Nel mese di giugno 1944, con le forze giapponesi in arretramento ovunque sotto l’offensiva americana, il generale Kuribayashi assume il comando della difesa di Iwo Jima, avamposto di territorio giapponese che, se occupato, sarebbe diventato scalo dei bombardieri per l’invasione del Giappone. «Se l’isola su cui mi trovo sarà catturata, – scrive Kuribayashi alla famiglia, – la terra giapponese sarà bombardata giorno e notte». Questo libro ricostruisce l’intera storia della difesa dell’isola organizzata da Kuribayashi. Iwo Jima doveva cadere, secondo le previsioni americane, in pochi giorni: resistette invece per un mese e mezzo, e il libro di Kakehashi Kumiko riesce letteralmente a disseppellire, senza partigianeria e in uno stile asciutto che ha la forza dell’epica, l’autentica memoria di quei giorni. Un libro che ci permette di guardare la storia «dal punto di vista del nemico»: un modo per distruggere una volta per tutte l’idea stessa di nemico. Un libro infine che fa riflettere su un problema sempre attuale: dove finisce il vincolo che lega un militare all’obbedienza, in presenza di una situazione ingiusta?

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