Categoria: narrativa

Libri di letteratura e cultura giapponese: novità previste per luglio-dicembre 2015

Per l’autunno e l’inverno 2015 si prospettano delle uscite interessanti (qui, invece, quelle relative ai mesi gennaio-giugno); purtroppo, nel caso di alcuni volumi, è per il momento possibile conoscere solo il titolo e una data orientativa di pubblicazione. Via via, saranno aggiunti a questa lista maggiori dettagli, quindi rimanete sintonizzati!

*Romanzi*

  • Proiezione individuale di Abe Kazushige (trad. di Gianluca Coci, Jaca Book – previsto per settembre 2015).
  • La notte dimenticata degli angeli di Kirino Natsuo (Neri Pozza – previsto per ottobre 2015).
  • Radio Imagination di Itō Seikō (traduzione di Gianluca Coci, Neri Pozza – uscito nell’estate 2015). Dalla presentazione dell’editore: “C’è una radio che non ha bisogno di microfoni, frequenze e studi di registrazione perché va in onda soltanto nell’immaginazione di chi l’ascolta. Il suo speaker è «il superlogorroico dalla lingua sciolta» DJ Ark che trasmette dalla cima di una cryptomeria. DJ Ark ha la netta sensazione di trovarsi impigliato tra i rami di quella pianta da un bel pezzo, ma ha un vago ricordo di ciò che gli è accaduto. Ricorda soltanto di aver sentitouno strattone improvviso e di essere stato sballottato e trascinato a decine di metri dal suolo da una forza improvvisa. Certo, sa di avere trentotto anni, un passato senza gloria da musicista rock e da manager musicale, una moglie dolcissima di nome Misato e un figlio, So − suke, che studia negli Stati Uniti; ma, per quanto si sforzi, non riesce a trovare una spiegazione razionale che chiarisca il motivo per cui si trovi lassù, tra i rami alti di quella pianta, come fosse il monaco buddhista Ro − ben che, secondo la leggenda, fu preso da un’aquila quando era ancora in fasce e lasciato, appunto, in cima a una cryptomeria. In ogni caso fa davvero freddo da quelle parti e a DJ Ark non resta che trasmettere musica a tutto spiano, dai Monkees a Bob Geldof, a Jobim, e lanciare nell’etere una quantità esorbitante di argomenti, sovraccarico com’è, come un camion sferragliante che traballa a destra e a manca. Una valanga di chiamate lo raggiunge dai luoghi più impensati. E, tra queste, un giorno, la chiamata dell’anziano signor Ki’ichi che con voce debole gli rivela che lui, DJ Ark, e tutti quelli che ascoltano la sua radio, sono anime di defunti che continuano ad aggirarsi in questo mondo dopo che la terra ha tremato violentemente e l’onda dello tsunami li ha travolti e uccisi. Davvero, però, solo anime erranti ascoltano DJ Ark? Il giovane scrittore S, giunto come volontario a Fukushima, non è forse vivo e vegeto e non chiederà forse a DJ Ark di trasmettere una magnifica canzone di salvezza per tutti gli uomini e le donne che soffrono nel dolore? Ritenuto «uno dei migliori romanzi giapponesi dell’ultimo decennio» (Ito− Ujitaka), vincitore del premio Noma, Radio Imagination è una storia sorprendente e toccante in cui i fantasmi delle vittime della più grande tragedia del Giappone moderno bisbigliano al cuore dei sopravvissuti. Nelle sue pagine, Seiko− Ito − mostra una visionarietà e una potenza espressiva di cui soltanto Haruki Murakami e Natsuo Kirino hanno dato sfoggio nella letteratura nipponica contemporanea.”.
  • Morte di un maestro del tè di Inoue Yasushi (traduzione di Gianluca Coci, Skira – previsto per dicembre 2015).
  • Il futon di Tayama Katai (a cura di Luisa Bienati, traduzione di Ilaria Ingegneri; Marsilio, pp. 136). Dal sito dell’editore: “Il romanzo che Tayama Katai (1872-1930) pubblica nel 1907 desta scalpore per la crudezza e il realismo con cui viene presentata la vita interiore del protagonista, alter ego dichiarato dell’autore. Una confessione senza veli del rapporto d’amore con la giovane studentessa che a lui, letterato e maestro, era stata affidata e che diventa emblema di un amore moderno, opposto alle convenzioni sociali tradizionali. Scrittore affermato, marito e padre di famiglia, fu accusato d’immoralità perché il mondo letterario e i lettori contemporanei, lessero le vicende del protagonista come fedele rappresentazione della vita intima dell’autore.”.

hara tamiki il paese dei desideri il ricordo di hiroshima*Racconti*

  • Rashōmon e altri racconti di Akutagawa Ryūnosuke (Einaudi – previsto per ottobre 2015). “Sedici racconti, di cui molti inediti, che rappresentano gli aspetti peculiari dell’arte e della personalità di Akutagawa Ryūnosuke, il più grande scrittore giapponese di racconti.
    Fiabe, antiche leggende, miniature del Giappone che fu e istantanee della società del suo tempo. I racconti di Akutagawa Ryūnosuke rappresentano qualcosa di unico nella letteratura giapponese del Novecento. In un panorama intellettuale dominato dal naturalismo e dal “romanzo dell’io”, l’opera di Akutagawa è un’’oasi in mezzo al deserto, un manifesto di come l’arte non possa essere piegata ad alcuna omologazione. Tra i racconti figura Rashōmon, un ex servo che conoscerà gli egoismi e l’ipocrisia umana. I racconti di Akutagawa, sebbene intrisi di tutte le contraddizioni del periodo storico a cui appartengono, sono fuori dallo spazio e dal tempo, e tra le loro pagine è possibile cogliere quello stupore che credevamo aver dimenticato nelle fiabe che hanno accompagnato la nostra infanzia. Titoli dei racconti: Rashōmon, Il naso, Zuppa di riso, Il fazzoletto, Il tabacco e il diavolo, Fortuna, Memorandum di Ryōsai Ogata, Letteratura popolare, L’ebreo errante, Il filo di ragno, La scena dell’inferno, Morte di un cristiano, I cani e il flauto, Magia, Il dragone, I mandarini.”.
  • La scena dell’inferno e altri racconti di Akutagawa Ryūnosuke (Atmosphere libri, trad. di Alessandro Tardito, Atmosphere libri). Dal sito dell’editore:
  • Il paese dei desideri. Il ricordo di Hiroshima di Hara Tamiki (traduzione di Gala Maria Follaco, Atmosphere). Dal sito dell’editore: “Pubblicati tra il 1949 e il 1951, i racconti Hi no kuchibiru (Labbra di fuoco), Chinkonka (Requiem), Eien no midori (Verde infinito), Shingan no kuni (Il paese dei desideri) sono incentrati sullo stato del Giappone del dopoguerra e soprattutto sulla complessa condizione psicologica dell’autore che, comune a molte persone, e in particolare a molti intellettuali del tempo, lo faceva oscillare tra ansie, paranoie, senso di colpa e apatia. Nei racconti qui presentati si ravvisano frammenti di memoria che affiorano e intervengono a riempire gli spazi vuoti di una realtà incompleta, ma il risultato non è mai rassicurante. La speranza di ritrovare una parvenza di normalità è frustrata, nelle persone più sensibili, da un senso di precarietà che sembra impossibile da estirpare. In Utsukushiki shi no kishi ni (Sulle rive di una morte meravigliosa), il quinto racconto, vi predominano le due immagini del protagonista maschile che, ormai presago del lutto della moglie, colpita da grave malattia, che lo colpirà di lì a poco, cerca di inventarsi una nuova quotidianità all’interno della città in guerra, e sua moglie che, nell’approssimarsi della morte, si rivela sempre più bella. Il paese dei desideri è considerato il testamento di Hara, poiché ne anticipa in maniera agghiacciante il suicidio.”.

*Saggistica*

Ps: come sempre, grazie a Barbara per le preziose segnalazioni.
Pps: e grazie anche a Danilo!

“Yukyo Mishima e la donna gravitazionale – Esordi di letteratura femminile nel Giappone del ventesimo secolo” di Elena Faccenda

paul binnie Hyakunen no Hana
Paul Binnie, dalla serie “Hyakunen no Hana”

Avete mai sentito parlare delle suffragette giapponesi?

Sfogliando una raccolta di saggi sulla letteratura femminile giapponese, mi imbatto in un scritto firmato da Yukyo Mishima che aveva come tema principale il narcisismo. Il celebre scrittore Mishima quasi non merita introduzioni; è sicuramente ricordato per i suoi libri gettonati ed i suoi gesti estremi. Io, personalmente, non sono mai stata un’appassionata delle sue opere. E’ forse perché i suoi contenuti rimettono quest’immagine del Giappone un po’ idealizzata, quasi epica e romantica, che lo fa apparire come uno stato d’eccezione senza paragoni. Detto questo, non vorrei suonare critica o saccente, ma penso che anche l’atto di amare necessiti qualche regola; amare il Giappone significa considerare in egual misura i suoi pregi ed i suoi difetti. Quindi, se dal lato positivo abbiamo fiori di ciliegio, folklore irriducibile, tecnologia avanzata e via discorrendo, dal lato negativo avremo quasi certamente un distinto grado di ineguaglianze sociali, che siano esse relative ad origini etniche, status economico, classe o sesso.

A proposito di quest’ultimo fattore, sarebbe interessante dare un’occhiata al saggio che ho citato innanzi. Vorrei chiarificare che il termine “narcisismo” in questo caso non ha l’accezione negativa che la parola italiana induce a pensare, ma si riferirebbe piuttosto ad una capacità intellettiva che permette al saggio di distinguere il corpo dalla mente. Il corpo, ci insegnano i grandi filosofi dell’antichità, non è altro che il contenitore putrido dell’anima; in esso la sporcizia immonda della materialità viene accumulata. L’anima è l’intelletto, quel nobile fulgore che fa luce sulla verità e combatte l’ignoranza. Gli uomini, dice Mishima, possono isolare la mente dal corpo, e questa, volando fuori dal corpo stesso, è in grado di osservarlo e osservarsi, generando così consapevolezza. Questo fenomeno è definito “narcisismo”, ossia l’amore per la consapevolezza di se stessi. Purtroppo, Mishima non dispensa la stessa benevolenza verso le donne, e anzi si prodiga in una spiegazione quasi scientifica dei motivi per cui una donna non può beneficiare degli stessi privilegi.

La mente di una donna, infatti, non può librarsi e quindi divenire atto di consapevolezza in quanto inibita dalla pressione gravitazionale dell’utero. Ebbene sì. Per Mishima, l’utero è come una zavorra di elevato tonnellaggio che mantiene le donne incollate alla più spregevole mondanità. Lo scatenato Mishima persevera poi nella sua dissertazione fornendo ulteriori chiarificazioni allo scopo di documentare la sua teoria, ossia comparando le donne ai “rettili dei tempi antichi”, i quali possedevano cervelli sia nella parte superiore che inferiore del corpo. Così, la donna sventurata sembrerebbe possidente di non uno, ma bensì due cervelli (o aeree di controllo, per essere più specifici): uno in testa (il cervello “anatomico”) e uno nell’utero. La mente anatomica della donna, impossibilitata dal poter volar liberamente via dal corpo, è perciò inconsapevole.
Una donna inconsapevole, è una donna intellettualmente inferiore.

La traduzione inglese del saggio “Sul narcisismo” è contenuto in una collezione di scritti che documentano la presa di coscienza delle donne scrittrici in Giappone a partire dai primi decenni del ventesimo secolo, e le reazioni ad essa relative. “Woman Critiqued” – (“La donna analizzata”, questo è il titolo della raccolta) rappresenta il percorso doloroso che le scrittrici hanno dovuto, e ancora oggi devono affrontare per vincere gli stereotipi. Nel 1908, un gruppo di intellettuali aveva decretato ad un raduno che una donna potesse scrivere solo ciò che fosse inerente al proprio sesso; era cioè auspicabile che ella concentrasse i suoi ozi letterari (quando questi non ostacolavano i suoi doveri di moglie e madre) sul sentimentalismo e o su temi che riguardassero la maternità. Accusata di imitare gli uomini nella scrittura, di peccare di moderazione, di non aderire a predeterminati canoni di eleganza e contegno, la donna scrittrice avrebbe dovuto esprimersi attraverso principi di femminilità sanciti dagli uomini e cristallizzati nel tempo. Una donna che non agisce da tale, dicevano questo nutrito gruppo di eruditi, non può essere minimamente presa in considerazione, e di conseguenza “non ci disturberemo a leggere i suoi scritti”.

Hiratsuka Raichō
Hiratsuka Raichō

Per Rebecca Copeland, traduttrice e commentatrice del convivio, tale affermazione stava a significare che la scrittrice donna non veniva considerata per la natura delle sue opere e dalla qualità che da esse ne derivava, ma veniva bensì valutata per l’immagine che dava di sé. Non è un caso che, in quello stesso periodo, venissero ingaggiati giornalisti scandalistici al fine di inventare o riportare fatti di minore importanza circa la vita delle scrittrici. Yukiko Tanaka riporta ad esempio il caso della scrittrice Otake Benikichi, citata nei giornali per essere stata vista bere un cocktail popolare tra i modaioli dell’epoca. Beh, sicuramente tali azioni dovevano suscitare scalpore durante il primo decennio del ventesimo secolo, mentre al giorno d’oggi lo stesso gesto non ci solletica neanche. Ma allora, come spiegare le posizioni di Mishima nel 1966, quando scrisse quel saggio sul narcisismo? Possibile che nell’arco di cinquanta anni la causa femminile non fosse andata avanti in Giappone?
In realtà, la missione di liberazione della donna aveva fatto notevoli passi avanti in quel pugno di decenni, almeno sul fronte intellettuale. Nel 1912 Hiratsuka Raichō fondò il giornale Seitō (Bluestocking, scarpe blu), rivista ispirata ai movimenti di liberazione femminista in Occidente scritta da donne per donne (sebbene gli uomini che sostenevano la causa femminile fossero ben accetti). Seitō non solo dava la possibilità a giovani scrittrici di mettere in pratica le loro doti senza correre il rischio di essere ostacolate nel percorso, ma forniva anche il mezzo per il tramite del quale l’informazione sulla condizione femminile potesse circolare liberamente. L’obiettivo della redazione era denunciare gli abusi del sistema patriarcale e propagandare l’unione delle donne per il riconoscimento di diritti inderogabili. Seitō iniziò presto a dar voce a coloro che si schieravano a favore dell’istruzione femminile, del matrimonio per amore, dell’indipendenza economica della donna e della libera scelta tra carriera e famiglia. Benché apparentemente non venisse dato credito a quelle opinioni – che erano comunque limitate a quella minoranza di donne istruite – le istituzioni cominciarono a temere questo nuovo movimento che andava via via acquisendo forza maggiore, al punto che il giornale fu accusato di corrompere l’animo di donne virtuose. Ciononostante, lo scoppio dei conflitti mondiali portò automaticamente ad un maggiore impiego della forza lavoro femminile in Giappone, essendosi presentata la necessità di sopperire alla mancanza di braccia maschili. Inoltre, grazie alle riforme costituzionali ed al riconoscimento di alcuni diritti quali il libero accesso all’istruzione, alla fine degli anni ‘50 la partecipazione delle donne nell’arene letterarie cominciò ad assumere una consistenza considerevole.

Il critico Hasegawa Izumi risponde alle critiche di Mishima asserendo che tale categoria di scrittori si scagliano contro le donne a causa dell’invidia che essi nutrono per non poter descrivere ciò che per la donna è innato e naturale. L’attacco contro le intellettuali donne allora fungerebbe da maschera per nascondere uno scomodo, inconscio senso di inferiorità. Sebbene questa teoria sia interessante, credo che le cause di questi atteggiamenti non debbano essere trovate dei manuali di letteratura; ma piuttosto in cause storiche ed antropologiche. Si dice che la Restaurazione Meiji abbia decretato la declassazione della donna da persona ad oggetto utile all’uomo lavoratore. Il termine ryōsai kembo (ottima moglie, saggia madre) cominciò ad entrare in uso, e valse a rimuovere le donne da ogni tipo di responsabilità e gradualmente confinarle dentro casa. Il motivo dietro tale presa di posizione è riconducibile al senso di inferiorità e al timore di essere giudicati effemminati dalle forze occidentali che avevano minacciato di attaccarli. L’istituzione di un più rigido patriarcato venne vista come la soluzione più logica e pratica. Questo senso di inadeguatezza ha portato il Giappone a fare del patriarcato un leitmotiv senza apparente via di fuga, o comunque, di lentissima risoluzione.

Certamente, al giorno d’oggi le donne hanno poteri e possibilità di gran lunga superiori a quelli delle povere malcapitate del primo ventesimo secolo. Negli anni ottanta, due scrittrici sono anche riuscite ad accaparrarsi il premio Akutagawa. Eppure, ancora non c’è donna che prenda un salario pari a quello di un uomo, e nessuna donna ancora può aspirare ad alte posizioni manageriali; la violenza domestica è stata solo da poco riconosciuta come reato punibile dallo stato. Allora mi dico, perché ci lasciamo affascinare da gesti come quello di Mishima (un harakiri da standing ovation), che in se stesso incarna l’esteta attaccato al passato e nemico di un progresso sano, invece di sostenere la causa delle donne scrittrici di ieri e di oggi, che si schierano per la giusta causa dell’uguaglianza sociale e lavorano per generare consapevolezza? Perché spesso, purtroppo, i paesi occidentali preferiscono perpetuare l’idea di un Giappone esotico e bizzarro, regno dell’imperscrutabile, per sempre lontano da ogni metro di giudizio universale. Questo fenomeno, chiamato orientalismo, innalza l’uomo occidentale a livello di giudice supremo sui popoli asiatici. Questo fenomeno non viene studiato in Italia.

Elena Faccenda

Bibliografia

Copeland, R.L. (2006) Woman critiqued – translated essays on Japanese women’s writing: University of Hawai’I Press

Hasegawa, I. (1976) quoted in Copeland, R.L. (2006) Woman critiqued – translated essays on Japanese women’s writing: University of Hawai’I Press

Mishima, Y. (1966) On narcissism, quoted in Copeland, R.L. (2006) Woman critiqued – translated essays on Japanese women’s writing: University of Hawai’I Press

Tanaka, Y. (2000) Women Writers of Meiji and Taishō Japan: Their Lives, Works and Critical Reception, 1868-1926, North Carolina: Mc Farlan & Company, Inc., Publishers

Vernon, V.V. (1988) Daughters of the moon, Berkeley: University of California Press

* * *

Immagini tratte da qui e qui.

Un passo da “Il minatore” di Sōseki Natsume

soseki il minatoreE’ finalmente in vendita Il minatore, traduzione italiana del romanzo Kofu di Sōseki Natsume, a cura di Antonio Vacca. L’opera è disponibile su Amazon in formato cartaceo e elettronico a questo link.

Ed ecco, per concludere in bellezza, un passo regalatoci dal traduttore:

Impietrito, mi volsi indietro. L’ingresso del tunnel occhieggiava in lontananza come una minuscola luna. Entrando nella miniera, avevo pensato tra me e me: “Insomma, non è poi così pauroso questo luogo!” Tuttavia, per effetto delle suggestive parole di Hatsu, quella galleria del tutto ordinaria s’era d’un tratto trasfigurata ai miei occhi in qualcosa di affatto diverso. Rimpiangevo persino il gelido picchiettare della pioggia sul mio cappello da galeotto. Per tal ragione avevo scrutato ansiosamente in direzione dell’ingresso, che, ora, a causa della remota lontananza, ammiccava come una minuscola luna. Nonostante il cielo plumbeo che incombeva all’esterno, avrei di gran lunga preferito trovarmi là! Le dense tenebre che rivestivano le pareti della miniera gravavano su di me cagionandomi un affanno d’oppressione. Il soffitto pareva divenire sempre più basso. Tali smarrite sensazioni non fecero in tempo a fiorire compiutamente in me che attraversammo i binari e girammo verso destra. Il cammino cominciò a degradare lievemente. L’ingresso della miniera dietro di me era oramai svanito. Intorno a noi regnava una greve oscurità. La minuta luna, la finestra sul mondo degli uomini s’era oscurata. Hatsu ed io stavamo scendendo sempre più nel ventre della montagna. Camminando, allungai una mano a toccare le pareti. Trasudavano umidore come se uno scroscio di pioggia le avesse bagnate.

“Sei ancora dietro di me?”, chiese l’uomo.

“Sì”, risposi calmo.

“Tra un po’ raggiungeremo l’entrata dell’Inferno!”

Zittimmo. Una luce balenò innanzi a noi. Pareva l’occhio di un gatto nero che rilucesse nelle tenebre. Se si fosse trattato di una semplice lanterna, il chiarore avrebbe dovuto guizzare. Invece il punto luminoso era perfettamente immobile.

Tra piacere e strazio: “Occhi nella notte” di Yamada Eimi

occhi nella notte yamada eimi marsilio romanzo Occhi nella notte di Yamada Eimi è un pezzo jazz suonato nel bel mezzo della notte da un pianista ubriaco, che ride e piange allo stesso tempo, esita, sbraita contro il pubblico, per poi, infine, riversare la sua nostalgia impotente sulla tastiera.

Pubblicato nel 1985, questo breve romanzo – che qualcuno ha definito erotico – è,  prima di tutto, la storia di due corpi che si cercano, si feriscono, si distaccano con violenza: quelli di Kim – cantante giapponese destinata a pianobar da quattro soldi – e Spoon, disertore nero dell’esercito americano di stanza a Yokosuka. (altro…)

Di mari, di isole, di letti: un passo da “Bad Mama Jama” di Yamada Eimi

Edwin Ushiro,“Softly Encompassing the Womb”
Edwin Ushiro,“Softly Encompassing the Womb”

[Jaka] [e]ra nato in un’isola, ma non aveva mai nuotato nel mare vero. Cullandosi nell’acqua salata in cui precipitavano granelli di sabbia, Susu lo stuzzicava. Vieni, prendimi tra le braccia. Ho qui una cosa che ti piace. Rideva; un pesce tropicale rosso le sgusciò fra i capelli sparsi a ventaglio sulla superficie dell’acqua. Il sole diventava impalpabile disegnando arabeschi sul mare, la sabbia calda ai suoi piedi lo incitava a raggiungerla, ma lui restò immobile. Il chiarore mi acceca, si giustificò. E’ una bugia, lo smascherò Susu. Le tue ciglia sono capaci di fare ombra al più accecante raggio di sole, continuò costringendolo a confessare che non sapeva nuotare.
Jaka non aveva paura del mare su quel letto. Le gocce di sudore che imperlavano la pelle di Susu risplendevano fosforescenti come nottiluche, sapeva che lì non sarebbe mai morto annegato. Vedi, puoi nuotare, gli diceva Susu. Le brazza notturna che giungeva dalla finestra si intiepidiva nell’incavo dei loro corpi madidi, diveniva bruma. Umettava ogni sinuoso movimento lasciando la stanza rorida di vapori, umida come la battigia dopo la pioggia. Ecco perché mi è sempre piaciuto il mare, fu l’intuizione di Jaka mentre le sue anche si agitavano nel buio.

Yamada Eimi, Bad Mama Jama, trad. di Giuliana Carli, Marsilio, pp. 18-19

Sōseki: “Solo i poeti e i pittori […] si nutrono di nebbia, bevono rugiada”

Three Women Reading Uemura Shōen
Uemura Shōen, Tre lettrici

In tutti i piaceri è insita la sofferenza, perché traggono la loro origine dall’attaccamento alle cose. Solo i poeti e i pittori conoscono e gustano l’essenza fragrante di questo mondo di contrastri e intuiscono la sua intrinseca purezza. Si nutrono di nebbia, bevono rugiada, valutano i viola, commentano i rossi e, giunti alla morte, non hanno rimpianti. Il loro piacere non dipende dalla materia, e una volta divenuti materia non trovano nell’immenso Universo l’ambito in cui essere costretti a porre in risalto il proprio io. Hanno spontaneamente abbandonato i limiti angusti e fangosi, nel loro copricapo squarciato penetra l’infinita, azzurra tempesta.

da Guanciale d’erba di Sōseki Natsume, trad. di Lydia Origlia, Neri Pozza, 2005, pp. 76-77

“Moka” di Satoe Tone, o la ricetta della felicità

moka satoe toneAvete presente quei libri che potreste riconoscere con piacere fra mille? Ecco: per me quelli di Satoe Tone sono esattamente così.

I suoi brevi volumi – in Italia pubblicati da Kite edizioni – presentano un’inconfondibile combinazione di colori, tenerezza, atmosfere fiabesche; e l’ultimo arrivato, Moka (trad. di Giulia Belloni, Kite edizioni, 2015, pp. 32, € 16, in offerta a 14,40), non fa eccezione. (altro…)

5 libri per scoprire il Genji monogatari, capolavoro della letteratura giapponese

Genji Monogatari hana no en ebina
Ebina Masao (1913-1980), “Hana no en”

Accostarsi al Genji monogatari di Murasaki Shikibu – l’opera per eccellenza della letteratura giapponese – non è mai cosa facile. I riferimenti a una cultura spazialmente, cronologicamente e culturalmente distante; il linguaggio non sempre piano; lo stile narrativo inconsueto per i lettori occidentali e, non ultime, le dimensioni stesse del romanzo potrebbero scoraggiare più di qualcuno.

genji monogatari conchiglia
Dalla serie “Tsurezuregusa” di Hokkei Totoya (1780-1850)

Ecco, quindi, alcuni testi che sono senz’altro d’aiuto per cimentarsi con questo capolavoro, capaci, come sono, di prenderci per mano e condurci alla sua scoperta:

  • Punto di partenza obbligato, un’ottima edizione del Genji monogatari, come la Storia di Genji, tradotta dal giapponese da Maria Teresa Orsi e arricchita dalle bellissime illustrazioni di Yamaguchi Itarō (Einaudi, pp. 1493, € 90, ora in offerta a € 76,50). Rispetto alla precedente traduzione in italiano (non realizzata a partire dal giapponese), le differenze sono rilevanti: qui potete trovare le mie impressioni.
  • Genji, il principe splendente di Gian Carlo Calza (Electa, 2008, pp. 80) si concentra soprattutto sulla ricca produzione figurativa legata al romanzo. Purtroppo, al momento, il volume sembra essere fuori stampa, ma è possibile procurarsene una copia in biblioteca.
  • Il mondo del principe splendente. Vita di corte nell’antico Giappone di Ivan Morris (trad. di P. Porri, Adelphi, pp. 419, € 24, in offerta a 20,40) permette di immergerci nell’era Heian (794-1185), esaminandola in modo approfondito ma non pedante. Tre appendici e due capitoli sono specificatamente consacrati a Murasaki Shikibu e al suo lavoro più celebre.
  • Musica e danza del principe Genji. Le arti dello spettacolo nell’antico Giappone di Daniele Sestili (ed. LIM – Libreria Musicale Italiana, pp. 190, € 19; qui la mia recensione) offre una ricca panoramica sul raffinatissimo periodo Heian, con un’ampia pluralità di prospettive, proponendosi comunque come un testo godibile da un largo pubblico grazie alla sua chiarezza e alla sua fluidità. Lo studioso non soltanto analizza i repertori (musicali, coreutici, corali…) tipici del tempo – insieme alle circostanze, ai ruoli e ai significati in cui essi si dispiegavano -, ma riesce anche (e soprattutto) a rievocare il fascino imperituro di tutta un’epoca.
  • Infine, chi fosse interessato specialmente agli aspetti linguistici e traduttivi non può tralasciare Tradurre il Genji Monogatari, numero monografico della rivista Testo a fronte. Teoria e pratica della traduzione letteraria, a cura di Andrea Maurizi (n. 51, II semestre 2014, Marcos Y Marcos, pp. 287, € 24; qui l’indice), in cui si raccolgono contrbuti di molti traduttori che si sono cimentati nell’ardua impresa di rendere accessibile a tutti noi un’opera tanto affascinante quanto complessa, sotto ogni punto di vista.

Se volete saperne ancora di più sul Genji monogatari, seguitemi per le strade di Uji, una cittadina giapponese, sulle tracce del principe splendente, per conoscere il museo e i monumenti ispirati all’opera.

Ps: un ringraziamento particolare a Virginia Sica per la segnalazione del volume Tradurre il Genji Monogatari.

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Immagini tratte da qui e qui.

“Sonno” di Murakami Haruki, illustrato da Kat Menschik

murakami secondo kat menschik
Murakami secondo Kat Menschik

“Morire, dormire./ Dormire, forse sognare.”, recita l’Amleto di Shakespeare nel suo celebre monologo.

Oggi, a secoli di distanza, anche Murakami si sofferma a riflettere su questi temi in un racconto, Sonno, già apparso diversi anni fa nella raccolta L’elefante scomparso e altri racconti e ora ripubblicato in un volume apposito, insieme alle bellissime tavole dell’artistica tedesca Kat Menschik (trad. di A. Pastore, Einaudi, 2014, pp. 77, € 15, ora in offerta a 12,75), a cui avevo già accennato qui.

Se nel romanzo After dark troviamo Eri, una giovane sprofondata da settimane in un torpore dal quale non sembra volersi riscuotere, qui, invece, abbiamo a che fare con un’anonima trentenne che non può e, in fondo, non desidera neppure abbandonarsi al riposo.

piedi murakami racconto sonnoUn’esistenza da casalinga come tante, un marito, un figlio, un appartamento accogliente, un passato da studentessa brillante, i piccoli impegni quotidiani che si affastellano l’uno sull’altro, sino a trasformare i giorni in una routine incolore. E poi, una notte, all’improvviso, una visione – terribilmente incredibile, incredibilmente vera: il desiderio e il bisogno di dormire si dileguano, per una, due, quattro, troppe notti per trattarsi soltanto di una coincidenza.

Eppure, la donna non sembra risentire della sua insonnia: il suo corpo anzi si rinvigorisce e l’interiorità sembra liberarsi con sollievo delle ombre e delle remore che le impedivano di contattare le parti più vere di sé. Ecco che allora le ore di veglia si trasformano in tempo prezioso; la madre e la moglie esemplare che di giorno si affanna in casa lascia il posto a una ragazza che, dopo il crepuscolo, tenta di evadere dalla sua vita attraverso letture frenetiche o fughe in auto.

murakami sonno racconto Al di là delle sue palpebre, però, nel buio, è sempre in agguato un mondo sconosciuto, percorso da un angoscioso senso di morte e rivelazione:

Una sensazione di gelo mi pervade fin nel midollo e mi paralizza. Di nuovo rimango ferma ad occhi chiusi. Non riesco piú ad aprirli, guardo il buio spesso che si erge davanti a me, un buio profondo e disperato come l’universo stesso. Sono sola. La mia coscienza si sta concentrando e dilatando. Ho l’impressione che volendo potrei vedere l’universo tutto intero, fino in fondo. Però non lo faccio. È troppo presto.

Le numerose illustrazioni di Kat Menschik riescono visivamente a mostrarci il lato onirico e a tratti ossessivo dell’esistenza della protagonista; i tre colori utilizzati – bianco, nero, grigio – sembrano quasi alludere al conflitto fra la vita, la morte e l’insolita condizione intermedia sperimentata nell’opera. Se esista una via di fuga da questa situazione, sta al lettore intuirlo.

5 racconti di Murakami in inglese da leggere online

Scheherazade Murakami Haruki racconto ineditoNata nel 1925, The New Yorker è una delle riviste più lette e apprezzate nel mondo; oltre che per le sue leggendarie copertine, è famosa anche per i contributi firmati da autori del calibro di Philip Roth, J. D. Salinger, Truman Capote,  Alice Munro, Vladimir Nabokov e, non ultimo, Murakami Haruki.

Lo scrittore ha pubblicato qui diversi racconti (alcuni dei quali inediti in Italia), che sono felice di proporvi nell’originale inglese o nella sua traduzione in questa lingua:

Potete, invece, trovare tutti gli articoli riguardanti Murakami apparsi nel periodico a questo indirizzo. A questo punto, insomma, non mi resta che augurarvi buone letture!

Fonte: Openculture

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