Tomatsu Shomei, “Atomic Bomb Damage: Wristwatch Stopped at 11:02, August 9, 1945, Nagasaki”
Le vittime della bomba atomica, prima ancora di essere vittime della guerra o dello scontro generato tra nemici e alleati, sono vittime del genere umano.
E’ questa, con buone probabilità, una delle frasi che meglio riassume il senso di una consistente parte dell’opera di Hayashi Kyōko, sopravvissuta – come narra in Nagasaki. Racconti dell’atomica(trad. di M. Suriano, Gallucci editore, 2015, pp. 231, € 18, in offerta a € 15,30) – all’esplosione dell’ordigno nucleare rilasciato sull’omonima città.
Tra il rombo del motore del Bockscar che risaliva e la distruzione della fabbrica ci fu solo il tempo per quelle brevi parole: ‘Un raid!’ E in quel lasso di tempo 73889 persone morirono all’istante. Quasi lo stesso numero, 70499, furono scaraventate fuori nel sole cocente di piena estate, con la pelle scorticata come il coniglio bianco di Inaba.
Avete appena incrociato Murakami nelle vostre letture e vorreste saperne di più? Oppure cercate qualche informazione insolita rigurdante quello che ormai è il vostro autore preferito da anni? Ecco sei fra siti e blog dove poter saziare la vostra curiosità (se invece preferite la cara, vecchia carta, potete dare un’occhiata a I segreti di Murakami di Tsuge Teruhiko – trad. di Ramona Ponzini, Vallardi, 2013, pp. 199, € 12,90, in offerta a 10,97).
Sito ufficiale americano (in inglese): ricco e curato nei minimi dettagli, HarukiMurakami.com offre più o meno tutto quello che un amante dello scrittore possa desiderare: news, recensioni, approfondimenti, guide per la lettura, interviste, playlist… C’è persino una selezione di foto, scelte da Murakami stesso, per mostrare il (suo) Giappone al pubblico degli Stati Uniti.
Sito ufficiale inglese (in inglese): decisamente più asciutto e tradizionale rispetto al corrispettivo d’oltreoceano, questo spazio online è utile soprattutto a chi voglia tenersi aggiornato sulle pubblicazioni dello scrittore in Gran Bretagna.
HarukiMurakami.it (in italano): purtroppo fermo da qualche tempo, il sito contiene comunque dei contenuti più che validi per approfondire la conoscenza dell’autore di 1Q84. Imperdibile lasezione dedicata ai racconti inediti, in cui figurano circa trenta scritti tradotti in italiano, accessibili grauitamente.
Nel segno di Murakami (in italiano): propone testi di e su Murakami, fornisce aggiornamenti sulle sue nuove uscite dello scrittore, riporta curiosità che lo riguardano…. Insomma: non c’è di che annoiarsi!
Haruki Murakami Stuff: A Murakami Fan Blog (in inglese): una sterminata e affascinante collezione di frammenti liberamente ispirati all’universo di Murakami: si va dalle classiche citazioni dei suoi lavori sino ad arrivare a illustrazioni e persino tatuaggi che rievocano questo o quel libro. Chiunque, da ogni parte del mondo, può contribuire a questo gigantesco puzzle di foto, parole, suggestioni visive.
Translating Haruki Murakami (in inglese): nato grazie alle traduttrici di Murakami in norvegese e in polacco (rispettivamente, Ika Kaminka e Anna Zielinska-Elliott), questo blog vuole essere un punto d’incontro per chi è alle prese con le traduzioni dei testi dello scrittore; inoltre, condivide spesso notizie sulle pubblicazioni in uscita, recensioni e riflessioni sul mestiere del traduttore.
Ho dimenticato qualcosa? Avete dei suggerimenti da darmi?
Roberto Manzoli, “Japanese Girl, Naked and wearing a Kimono” (2000)
I piedi. Quei piedi ripugnanti, scimmieschi, da nascondere a ogni costo, ma sempre pronti a seguire una donna, per avvicinarla poi con una scusa qualunque, sino a percepirne l’odore della pelle. A loro Ginpei pensa costantemente. Quelle estremità così sgraziate sembrano quasi poter rivelare la sua indole, il suo famelico appetito di bellezza.
E’ così che, un giorno, i suoi passi incrociano per caso quelli di Miyako. Intimorita e, al tempo stesso, stregata in modo sotterraneo dall’incontro, non può fare a meno di riviverlo in sé, ancora e ancora. I pedinamenti degli sconosciuti, infatti, costituiscono una delle scarsissime fonti di appagamento nella sua monotona routine di venticinquenne concubina alle dipendenze di un vecchio misogino assillato dall’idea della giovinezza che sfugge e che, volontariamente, gli sfugge (ama, infatti, crogiolarsi nella gelosia provocata dalle attenzioni di ignoti verso la sua amante).
Kawabata Yasunari è – come già visto ne La casa delle belle addormentate – maestro nel manipolare una materia narrativa e, soprattutto, umana complessa. Anche qui, nel suo romanzo Il lago(trad. di Lydia Origlia, Guanda, 2015, pp. 189, € 8,50), lo scrittore si muove con estrema abilità al limite fra sensualità, lirismo e attrazione per il morboso, senza mai scadere nel volgare o in un erotismo dozzinale. (altro…)
I giochi fra la polvere, gli appostamenti per rubare cani selvatici, la fame atavica resa più acuta dai tempi di guerra, l’osservazione minuziosa e, allo stesso tempo, pigra della quotidianità per scovarci dentro qualche segno nuovo, sorprendente.
E poi, tutt’a un tratto, un giorno, una cometa di metallo e fumo segna il cielo: un aereo nemico è precipitato laggiù, sulla montagna. Nello squallido villaggio in cui persino le maestre giungono mal volentieri per far lezione a studenti tanto miseri, tutti si mobilitano per vedere l’essere bizzarro fuoriuscito dai rottami: un pilota di colore, americano, enorme e taciturno.
Eccitati dall’inaspettata novità, i ragazzi si avvicinano con timore all’uomo – fatto subito prigioniero dagli abitanti – e indagano ogni suo minimo movimento. Ciascun dettaglio del suo corpo, ciascuna azione fa germogliare curiosità: (altro…)
Una pioggia di commenti negativi sparsi per la rete.
Una trama non rassicurante, anzi.
Una copertina alquanto discutibile.
E così, per anni, mi sono tenuta alla larga da Un mondo innocente di Sakurai Ami (trad. di S. Di Natale, Newton & Compton, 2012, pp. 154, € , in offerta a 4,36). Sino a che un giorno, per caso, una copia non è finita fra le mie mani.
Sesso, incomprensioni, rabbia, noia adolescenziale, e poi ancora sesso: consumato, immaginato, desiderato. Ma la vita della diciassettenne protagonista è, a ben vedere, altro, altrove. (altro…)
Questa prima metà del 2015 ci ha regalato molti interessanti titoli, fra cui l’edizione economica del Genji monogataricurata da Maria Teresa Orsi e Uomini senza donne di Murakami Haruki. I libri in arrivo per l’autunno e l’inverno 2015 potete invece trovarli qui.
Uomini senza donne di Murakami Haruki (trad. di Antonietta Pastore, Einaudi, pp. 250, € 16,15). Dalla presentazione dell’editore: “Il protagonista di Samsa innamorato, un giorno, si sveglia in un letto e scopre con orrore di essersi trasformato in un essere umano. Non ricorda nulla della sua vita precedente. Sa solo che si chiama Gregor Samsa. Che fine ha fatto lo spesso carapace che lo proteggeva? E perché adesso è ricoperto da questa sottile, delicata pelle rosa? Chi, o cosa, era prima di quel risveglio? Insomma, adesso Samsa dovrà adattarsi alla nuova e “mostruosa” condizione di uomo. Quando però alla sua porta bussa una ragazza il cui fisico è deformato da un’enorme gobba, Samsa dovrà fare i conti con qualcos’altro di sconosciuto: il desiderio e l’erotismo visto con gli occhi nuovi di chi sa andare oltre le apparenze. Habara, il protagonista di Shahrazàd, è un uomo solo, confinato in una casa nella quale gli è vietato ogni contatto col mondo. Non sapremo mai perché, e in fondo non è importante: quello che sappiamo è che il suo unico svago sono le visite regolari di una donna misteriosa che lo rifornisce di libri, musica, film… e sesso. Ma soprattutto gli racconta delle storie, come faceva Shahrazàd nelle Mille e una notte. E in queste storie Habara si tuffa come un bambino, finalmente libero.”.
Per l’autunno e l’inverno 2015 si prospettano delle uscite interessanti (qui, invece, quelle relative ai mesi gennaio-giugno); purtroppo, nel caso di alcuni volumi, è per il momento possibile conoscere solo il titolo e una data orientativa di pubblicazione. Via via, saranno aggiunti a questa lista maggiori dettagli, quindi rimanete sintonizzati!
*Romanzi*
Proiezione individualedi Abe Kazushige (trad. di Gianluca Coci, Jaca Book – previsto per settembre 2015).
La notte dimenticata degli angeli di Kirino Natsuo (Neri Pozza – previsto per ottobre 2015).
Radio Imagination di Itō Seikō (traduzione di Gianluca Coci, Neri Pozza – uscito nell’estate 2015). Dalla presentazione dell’editore: “C’è una radio che non ha bisogno di microfoni, frequenze e studi di registrazione perché va in onda soltanto nell’immaginazione di chi l’ascolta. Il suo speaker è «il superlogorroico dalla lingua sciolta» DJ Ark che trasmette dalla cima di una cryptomeria. DJ Ark ha la netta sensazione di trovarsi impigliato tra i rami di quella pianta da un bel pezzo, ma ha un vago ricordo di ciò che gli è accaduto. Ricorda soltanto di aver sentitouno strattone improvviso e di essere stato sballottato e trascinato a decine di metri dal suolo da una forza improvvisa. Certo, sa di avere trentotto anni, un passato senza gloria da musicista rock e da manager musicale, una moglie dolcissima di nome Misato e un figlio, So − suke, che studia negli Stati Uniti; ma, per quanto si sforzi, non riesce a trovare una spiegazione razionale che chiarisca il motivo per cui si trovi lassù, tra i rami alti di quella pianta, come fosse il monaco buddhista Ro − ben che, secondo la leggenda, fu preso da un’aquila quando era ancora in fasce e lasciato, appunto, in cima a una cryptomeria. In ogni caso fa davvero freddo da quelle parti e a DJ Ark non resta che trasmettere musica a tutto spiano, dai Monkees a Bob Geldof, a Jobim, e lanciare nell’etere una quantità esorbitante di argomenti, sovraccarico com’è, come un camion sferragliante che traballa a destra e a manca. Una valanga di chiamate lo raggiunge dai luoghi più impensati. E, tra queste, un giorno, la chiamata dell’anziano signor Ki’ichi che con voce debole gli rivela che lui, DJ Ark, e tutti quelli che ascoltano la sua radio, sono anime di defunti che continuano ad aggirarsi in questo mondo dopo che la terra ha tremato violentemente e l’onda dello tsunami li ha travolti e uccisi. Davvero, però, solo anime erranti ascoltano DJ Ark? Il giovane scrittore S, giunto come volontario a Fukushima, non è forse vivo e vegeto e non chiederà forse a DJ Ark di trasmettere una magnifica canzone di salvezza per tutti gli uomini e le donne che soffrono nel dolore? Ritenuto «uno dei migliori romanzi giapponesi dell’ultimo decennio» (Ito− Ujitaka), vincitore del premio Noma, Radio Imagination è una storia sorprendente e toccante in cui i fantasmi delle vittime della più grande tragedia del Giappone moderno bisbigliano al cuore dei sopravvissuti. Nelle sue pagine, Seiko− Ito − mostra una visionarietà e una potenza espressiva di cui soltanto Haruki Murakami e Natsuo Kirino hanno dato sfoggio nella letteratura nipponica contemporanea.”.
Morte di un maestro del tè di Inoue Yasushi (traduzione di Gianluca Coci, Skira – previsto per dicembre 2015).
Il futondi Tayama Katai (a cura di Luisa Bienati, traduzione di Ilaria Ingegneri; Marsilio, pp. 136). Dal sito dell’editore: “Il romanzo che Tayama Katai (1872-1930) pubblica nel 1907 desta scalpore per la crudezza e il realismo con cui viene presentata la vita interiore del protagonista, alter ego dichiarato dell’autore. Una confessione senza veli del rapporto d’amore con la giovane studentessa che a lui, letterato e maestro, era stata affidata e che diventa emblema di un amore moderno, opposto alle convenzioni sociali tradizionali. Scrittore affermato, marito e padre di famiglia, fu accusato d’immoralità perché il mondo letterario e i lettori contemporanei, lessero le vicende del protagonista come fedele rappresentazione della vita intima dell’autore.”.
*Racconti*
Rashōmon e altri racconti di Akutagawa Ryūnosuke (Einaudi – previsto per ottobre 2015). “Sedici racconti, di cui molti inediti, che rappresentano gli aspetti peculiari dellarte e della personalità di Akutagawa Ryūnosuke, il più grande scrittore giapponese di racconti.
Fiabe, antiche leggende, miniature del Giappone che fu e istantanee della società del suo tempo. I racconti di Akutagawa Ryūnosuke rappresentano qualcosa di unico nella letteratura giapponese del Novecento. In un panorama intellettuale dominato dal naturalismo e dal romanzo dellio, lopera di Akutagawa è un’oasi in mezzo al deserto, un manifesto di come larte non possa essere piegata ad alcuna omologazione. Tra i racconti figura Rashōmon, un ex servo che conoscerà gli egoismi e lipocrisia umana. I racconti di Akutagawa, sebbene intrisi di tutte le contraddizioni del periodo storico a cui appartengono, sono fuori dallo spazio e dal tempo, e tra le loro pagine è possibile cogliere quello stupore che credevamo aver dimenticato nelle fiabe che hanno accompagnato la nostra infanzia. Titoli dei racconti: Rashōmon, Il naso, Zuppa di riso, Il fazzoletto, Il tabacco e il diavolo, Fortuna, Memorandum di Ryōsai Ogata, Letteratura popolare, Lebreo errante, Il filo di ragno, La scena dellinferno, Morte di un cristiano, I cani e il flauto, Magia, Il dragone, I mandarini.”.
La scena dell’inferno e altri racconti di Akutagawa Ryūnosuke (Atmosphere libri, trad. di Alessandro Tardito, Atmosphere libri). Dal sito dell’editore:
Il paese dei desideri. Il ricordo di Hiroshima di Hara Tamiki (traduzione di Gala Maria Follaco, Atmosphere). Dal sito dell’editore: “Pubblicati tra il 1949 e il 1951, i racconti Hi no kuchibiru (Labbra di fuoco), Chinkonka (Requiem), Eien no midori (Verde infinito), Shingan no kuni (Il paese dei desideri) sono incentrati sullo stato del Giappone del dopoguerra e soprattutto sulla complessa condizione psicologica dell’autore che, comune a molte persone, e in particolare a molti intellettuali del tempo, lo faceva oscillare tra ansie, paranoie, senso di colpa e apatia. Nei racconti qui presentati si ravvisano frammenti di memoria che affiorano e intervengono a riempire gli spazi vuoti di una realtà incompleta, ma il risultato non è mai rassicurante. La speranza di ritrovare una parvenza di normalità è frustrata, nelle persone più sensibili, da un senso di precarietà che sembra impossibile da estirpare. In Utsukushiki shi no kishi ni (Sulle rive di una morte meravigliosa), il quinto racconto, vi predominano le due immagini del protagonista maschile che, ormai presago del lutto della moglie, colpita da grave malattia, che lo colpirà di lì a poco, cerca di inventarsi una nuova quotidianità all’interno della città in guerra, e sua moglie che, nell’approssimarsi della morte, si rivela sempre più bella. Il paese dei desideri è considerato il testamento di Hara, poiché ne anticipa in maniera agghiacciante il suicidio.”.
Avete mai sentito parlare delle suffragette giapponesi?
Sfogliando una raccolta di saggi sulla letteratura femminile giapponese, mi imbatto in un scritto firmato da Yukyo Mishima che aveva come tema principale il narcisismo. Il celebre scrittore Mishima quasi non merita introduzioni; è sicuramente ricordato per i suoi libri gettonati ed i suoi gesti estremi. Io, personalmente, non sono mai stata un’appassionata delle sue opere. E’ forse perché i suoi contenuti rimettono quest’immagine del Giappone un po’ idealizzata, quasi epica e romantica, che lo fa apparire come uno stato d’eccezione senza paragoni. Detto questo, non vorrei suonare critica o saccente, ma penso che anche l’atto di amare necessiti qualche regola; amare il Giappone significa considerare in egual misura i suoi pregi ed i suoi difetti. Quindi, se dal lato positivo abbiamo fiori di ciliegio, folklore irriducibile, tecnologia avanzata e via discorrendo, dal lato negativo avremo quasi certamente un distinto grado di ineguaglianze sociali, che siano esse relative ad origini etniche, status economico, classe o sesso.
A proposito di quest’ultimo fattore, sarebbe interessante dare un’occhiata al saggio che ho citato innanzi. Vorrei chiarificare che il termine “narcisismo” in questo caso non ha l’accezione negativa che la parola italiana induce a pensare, ma si riferirebbe piuttosto ad una capacità intellettiva che permette al saggio di distinguere il corpo dalla mente. Il corpo, ci insegnano i grandi filosofi dell’antichità, non è altro che il contenitore putrido dell’anima; in esso la sporcizia immonda della materialità viene accumulata. L’anima è l’intelletto, quel nobile fulgore che fa luce sulla verità e combatte l’ignoranza. Gli uomini, dice Mishima, possono isolare la mente dal corpo, e questa, volando fuori dal corpo stesso, è in grado di osservarlo e osservarsi, generando così consapevolezza. Questo fenomeno è definito “narcisismo”, ossia l’amore per la consapevolezza di se stessi. Purtroppo, Mishima non dispensa la stessa benevolenza verso le donne, e anzi si prodiga in una spiegazione quasi scientifica dei motivi per cui una donna non può beneficiare degli stessi privilegi.
La mente di una donna, infatti, non può librarsi e quindi divenire atto di consapevolezza in quanto inibita dalla pressione gravitazionale dell’utero. Ebbene sì. Per Mishima, l’utero è come una zavorra di elevato tonnellaggio che mantiene le donne incollate alla più spregevole mondanità. Lo scatenato Mishima persevera poi nella sua dissertazione fornendo ulteriori chiarificazioni allo scopo di documentare la sua teoria, ossia comparando le donne ai “rettili dei tempi antichi”, i quali possedevano cervelli sia nella parte superiore che inferiore del corpo. Così, la donna sventurata sembrerebbe possidente di non uno, ma bensì due cervelli (o aeree di controllo, per essere più specifici): uno in testa (il cervello “anatomico”) e uno nell’utero. La mente anatomica della donna, impossibilitata dal poter volar liberamente via dal corpo, è perciò inconsapevole. Una donna inconsapevole, è una donna intellettualmente inferiore.
La traduzione inglese del saggio “Sul narcisismo” è contenuto in una collezione di scritti che documentano la presa di coscienza delle donne scrittrici in Giappone a partire dai primi decenni del ventesimo secolo, e le reazioni ad essa relative. “Woman Critiqued” – (“La donna analizzata”, questo è il titolo della raccolta) rappresenta il percorso doloroso che le scrittrici hanno dovuto, e ancora oggi devono affrontare per vincere gli stereotipi. Nel 1908, un gruppo di intellettuali aveva decretato ad un raduno che una donna potesse scrivere solo ciò che fosse inerente al proprio sesso; era cioè auspicabile che ella concentrasse i suoi ozi letterari (quando questi non ostacolavano i suoi doveri di moglie e madre) sul sentimentalismo e o su temi che riguardassero la maternità. Accusata di imitare gli uomini nella scrittura, di peccare di moderazione, di non aderire a predeterminati canoni di eleganza e contegno, la donna scrittrice avrebbe dovuto esprimersi attraverso principi di femminilità sanciti dagli uomini e cristallizzati nel tempo. Una donna che non agisce da tale, dicevano questo nutrito gruppo di eruditi, non può essere minimamente presa in considerazione, e di conseguenza “non ci disturberemo a leggere i suoi scritti”.
Hiratsuka Raichō
Per Rebecca Copeland, traduttrice e commentatrice del convivio, tale affermazione stava a significare che la scrittrice donna non veniva considerata per la natura delle sue opere e dalla qualità che da esse ne derivava, ma veniva bensì valutata per l’immagine che dava di sé. Non è un caso che, in quello stesso periodo, venissero ingaggiati giornalisti scandalistici al fine di inventare o riportare fatti di minore importanza circa la vita delle scrittrici. Yukiko Tanaka riporta ad esempio il caso della scrittrice Otake Benikichi, citata nei giornali per essere stata vista bere un cocktail popolare tra i modaioli dell’epoca. Beh, sicuramente tali azioni dovevano suscitare scalpore durante il primo decennio del ventesimo secolo, mentre al giorno d’oggi lo stesso gesto non ci solletica neanche. Ma allora, come spiegare le posizioni di Mishima nel 1966, quando scrisse quel saggio sul narcisismo? Possibile che nell’arco di cinquanta anni la causa femminile non fosse andata avanti in Giappone?
In realtà, la missione di liberazione della donna aveva fatto notevoli passi avanti in quel pugno di decenni, almeno sul fronte intellettuale. Nel 1912 Hiratsuka Raichōfondò il giornale Seitō (Bluestocking, scarpe blu), rivista ispirata ai movimenti di liberazione femminista in Occidente scritta da donne per donne (sebbene gli uomini che sostenevano la causa femminile fossero ben accetti). Seitō non solo dava la possibilità a giovani scrittrici di mettere in pratica le loro doti senza correre il rischio di essere ostacolate nel percorso, ma forniva anche il mezzo per il tramite del quale l’informazione sulla condizione femminile potesse circolare liberamente. L’obiettivo della redazione era denunciare gli abusi del sistema patriarcale e propagandare l’unione delle donne per il riconoscimento di diritti inderogabili. Seitō iniziò presto a dar voce a coloro che si schieravano a favore dell’istruzione femminile, del matrimonio per amore, dell’indipendenza economica della donna e della libera scelta tra carriera e famiglia. Benché apparentemente non venisse dato credito a quelle opinioni – che erano comunque limitate a quella minoranza di donne istruite – le istituzioni cominciarono a temere questo nuovo movimento che andava via via acquisendo forza maggiore, al punto che il giornale fu accusato di corrompere l’animo di donne virtuose. Ciononostante, lo scoppio dei conflitti mondiali portò automaticamente ad un maggiore impiego della forza lavoro femminile in Giappone, essendosi presentata la necessità di sopperire alla mancanza di braccia maschili. Inoltre, grazie alle riforme costituzionali ed al riconoscimento di alcuni diritti quali il libero accesso all’istruzione, alla fine degli anni ‘50 la partecipazione delle donne nell’arene letterarie cominciò ad assumere una consistenza considerevole.
Il critico Hasegawa Izumi risponde alle critiche di Mishima asserendo che tale categoria di scrittori si scagliano contro le donne a causa dell’invidia che essi nutrono per non poter descrivere ciò che per la donna è innato e naturale. L’attacco contro le intellettuali donne allora fungerebbe da maschera per nascondere uno scomodo, inconscio senso di inferiorità. Sebbene questa teoria sia interessante, credo che le cause di questi atteggiamenti non debbano essere trovate dei manuali di letteratura; ma piuttosto in cause storiche ed antropologiche. Si dice che la Restaurazione Meiji abbia decretato la declassazione della donna da persona ad oggetto utile all’uomo lavoratore. Il termine ryōsai kembo (ottima moglie, saggia madre) cominciò ad entrare in uso, e valse a rimuovere le donne da ogni tipo di responsabilità e gradualmente confinarle dentro casa. Il motivo dietro tale presa di posizione è riconducibile al senso di inferiorità e al timore di essere giudicati effemminati dalle forze occidentali che avevano minacciato di attaccarli. L’istituzione di un più rigido patriarcato venne vista come la soluzione più logica e pratica. Questo senso di inadeguatezza ha portato il Giappone a fare del patriarcato un leitmotiv senza apparente via di fuga, o comunque, di lentissima risoluzione.
Certamente, al giorno d’oggi le donne hanno poteri e possibilità di gran lunga superiori a quelli delle povere malcapitate del primo ventesimo secolo. Negli anni ottanta, due scrittrici sono anche riuscite ad accaparrarsi il premio Akutagawa. Eppure, ancora non c’è donna che prenda un salario pari a quello di un uomo, e nessuna donna ancora può aspirare ad alte posizioni manageriali; la violenza domestica è stata solo da poco riconosciuta come reato punibile dallo stato. Allora mi dico, perché ci lasciamo affascinare da gesti come quello di Mishima (un harakiri da standing ovation), che in se stesso incarna l’esteta attaccato al passato e nemico di un progresso sano, invece di sostenere la causa delle donne scrittrici di ieri e di oggi, che si schierano per la giusta causa dell’uguaglianza sociale e lavorano per generare consapevolezza? Perché spesso, purtroppo, i paesi occidentali preferiscono perpetuare l’idea di un Giappone esotico e bizzarro, regno dell’imperscrutabile, per sempre lontano da ogni metro di giudizio universale. Questo fenomeno, chiamato orientalismo, innalza l’uomo occidentale a livello di giudice supremo sui popoli asiatici. Questo fenomeno non viene studiato in Italia.
Elena Faccenda
Bibliografia
Copeland, R.L. (2006) Woman critiqued – translated essays on Japanese women’s writing: University of Hawai’I Press
Hasegawa, I. (1976) quoted in Copeland, R.L. (2006) Woman critiqued – translated essays on Japanese women’s writing: University of Hawai’I Press
Mishima, Y. (1966) On narcissism, quoted in Copeland, R.L. (2006) Woman critiqued – translated essays on Japanese women’s writing: University of Hawai’I Press
Tanaka, Y. (2000) Women Writers of Meiji and Taishō Japan: Their Lives, Works and Critical Reception, 1868-1926, North Carolina: Mc Farlan & Company, Inc., Publishers
Vernon, V.V. (1988) Daughters of the moon, Berkeley: University of California Press
E’ finalmente in vendita Il minatore, traduzione italiana del romanzo Kofudi Sōseki Natsume, a cura di Antonio Vacca. L’opera è disponibile su Amazon in formato cartaceo e elettronico a questo link.
Ed ecco, per concludere in bellezza, un passo regalatoci dal traduttore:
Impietrito, mi volsi indietro. L’ingresso del tunnel occhieggiava in lontananza come una minuscola luna. Entrando nella miniera, avevo pensato tra me e me: “Insomma, non è poi così pauroso questo luogo!” Tuttavia, per effetto delle suggestive parole di Hatsu, quella galleria del tutto ordinaria s’era d’un tratto trasfigurata ai miei occhi in qualcosa di affatto diverso. Rimpiangevo persino il gelido picchiettare della pioggia sul mio cappello da galeotto. Per tal ragione avevo scrutato ansiosamente in direzione dell’ingresso, che, ora, a causa della remota lontananza, ammiccava come una minuscola luna. Nonostante il cielo plumbeo che incombeva all’esterno, avrei di gran lunga preferito trovarmi là! Le dense tenebre che rivestivano le pareti della miniera gravavano su di me cagionandomi un affanno d’oppressione. Il soffitto pareva divenire sempre più basso. Tali smarrite sensazioni non fecero in tempo a fiorire compiutamente in me che attraversammo i binari e girammo verso destra. Il cammino cominciò a degradare lievemente. L’ingresso della miniera dietro di me era oramai svanito. Intorno a noi regnava una greve oscurità. La minuta luna, la finestra sul mondo degli uomini s’era oscurata. Hatsu ed io stavamo scendendo sempre più nel ventre della montagna. Camminando, allungai una mano a toccare le pareti. Trasudavano umidore come se uno scroscio di pioggia le avesse bagnate.
“Sei ancora dietro di me?”, chiese l’uomo.
“Sì”, risposi calmo.
“Tra un po’ raggiungeremo l’entrata dell’Inferno!”
Zittimmo. Una luce balenò innanzi a noi. Pareva l’occhio di un gatto nero che rilucesse nelle tenebre. Se si fosse trattato di una semplice lanterna, il chiarore avrebbe dovuto guizzare. Invece il punto luminoso era perfettamente immobile.
Occhi nella nottedi Yamada Eimi è un pezzo jazz suonato nel bel mezzo della notte da un pianista ubriaco, che ride e piange allo stesso tempo, esita, sbraita contro il pubblico, per poi, infine, riversare la sua nostalgia impotente sulla tastiera.
Pubblicato nel 1985, questo breve romanzo – che qualcuno ha definito erotico – è, prima di tutto, la storia di due corpi che si cercano, si feriscono, si distaccano con violenza: quelli di Kim – cantante giapponese destinata a pianobar da quattro soldi – e Spoon, disertore nerodell’esercito americano di stanza a Yokosuka. (altro…)
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