Tag: Giappone

Per accostarsi alla filosofia giapponese

Interessante quanto misconosciuta, la filosofia giapponese è un ambito spesso trascurato dagli occidentali. Per fortuna, negli ultimi anni sono usciti alcuni libri che ci aiutano a fare un po’ di chiarezza o ad approfondire alcune importanti tematiche.
spiritogiapponeAl primo gruppo appartiene a pieno titolo Lo spirito del Giappone. La filosofia del Sol Levante dalle origini ai giorni di nostri (Bibilioteca Universale Rizzoli, p. 400, 10,20 €) di Leonardo Vittorio Arena, professore di storia della filosofia contemporanea e di filosofie dell’estremo oriente presso l’università di Urbino.

Dalla fine della Seconda guerra mondiale il Giappone è diventato una delle grandi potenze economiche del mondo moderno, i suoi prodotti hanno invaso ogni angolo del globo e tutti hanno almeno sentito parlare dello Zen e dei samurai. Eppure, il Giappone resta ancora sostanzialmente un mistero. Leonardo Vittorio Arena ci guida alla scoperta di questo Paese attraverso la sua filosofia e, insieme, la sua psicologia. Nata nei primi secoli dell’era volgare rielaborando in modo peculiarmente nipponico il pensiero cinese e indiano, la filosofia giapponese non cerca di spiegare il mondo su basi meccanicistiche e scientifiche e travalica il principio aristotelico di non contraddizione: il suo scopo è piuttosto di ricercare la saggezza individuale e l’armonia con il cosmo e la natura. Una lezione che l’uomo occidentale ha bisogno più che mai di riscoprire.

Nel secondo gruppo rientra invece un’opera maggiormente specialistica, Uno studio sul bene (Bollati Boringhieri,  p. 224, 22 €) di Nishida Kitaro, padre della moderna filosofia giapponese e fondatore della celebre scuola di Kyoto (per approfondire, leggi qui) , aperta al dialogo con la filosofia occidentale e, in particolare, con uno dei suoi maggiori esponenti del ‘900, Heidegger.
Eccone una recensione apparsa su Repubblica nel febbraio 2007, firmata da Franco Volpi:

Un occidentale che voglia entrare nel cuore del pensiero giappponese deve fare uno sforzo linguistico-concettuale pari a quello che un giapponese affronta per capire che cosa significhi “filosofia”. Questo termine, che è alle radici della nostra civiltà, fino a circa un secolo e mezzo fa non aveva un preciso equivalente nella lingua nipponica. A differenza di quanto accaduto nel passaggio dal greco al latino e alle altre lingue europee, che in genere traslitterano la parola greca, in giapponese si seguì un’ altra strada. Nella seconda metà dell’ Ottocento, dopo oltre due secoli di chiusura a ogni influenza esterna nel periodo sakoku (1639-1854), fu avviato un febbrile lavoro di mediazione culturale e di invenzione di nuove parole. In tale clima fu creato anche il neologismo tetsugaku combinazione di due ideogrammi, tetsu “vivacità intellettuale, chiarezza mentale” e gaku “insegnamento, studio” che da allora in poi si è imposto come traduzione di “filosofia”. Naturalmente, un pensiero giapponese esisteva anche prima, ma si basava su una propria tradizione e su concetti, categorie, problemi e modi di ragionare lontani da quelli occidentali. Nishida (1870-1945) è il primo grande filosofo giapponese, il fondatore della celebre Scuola di Kyoto, che a lungo è stata il principale pensatoio nipponico, tuttora attivo, e che ha aperto un fondamentale canale di dialogo con la filosofia europea, specie tedesca. kitaro
L’opera di Nishida è un grande esempio di pensiero interculturale: scaturisce dal profondo della tradizione nipponica ma vi innesta, in una sintesi originale, elementi raccolti dallo studio approfondito dei testi originali di Platone, Plotino, Meister Eckhart, Kant, Hegel, e di autori influenti tra la fine dell’ Ottocento e i primi decenni del Novecento come Bergson, James e Husserl. Potremmo dire, fatte le debite proporzioni, che il tentativo di Nishida di sposare la tradizione zen con la filosofia è paragonabile al connubio tra la filosofia greca e il messaggio cristiano agli inizi della nostra era. Uno studio sul bene (1911) è la prima grande opera di Nishida. Bollati Boringhieri la presenta in una edizione ineccepibile, condotta sul testo originale da uno dei più promettenti nipponisti italiani, Enrico Fongaro, e accompagnata con una esauriente e illuminante introduzione di Giangiorgio Pasqualotto. Un merito che va esplicitamente sottolineato di fronte alla sconcertante disinvoltura con cui molta letteratura giapponese perfino alcuni romanzi di Mishima continuano a essere tradotti dall’ inglese. Quello che possiamo ora leggere è un appassionante trattato sistematico di filosofia zen. Nishida voleva intitolarlo La realtà o L’ esperienza pura perché questo è il concetto basilare da cui muove, per poi spiegare come l’ esperienza pura si articoli secondo il pensiero (in cui la realtà ci si offre così com’ è), la volontà (da cui trae origine l’ etica) e l’ intuizione intellettuale (da cui si sviluppa l’ esperienza religiosa del Nulla assoluto quale origine e principio unificatore dell’ intero Essere). L’ opera ebbe subito un vasto successo ma sollevò anche critiche e fraintendimenti. Nishida si sentì spinto a una “svolta”. Per superare il coscienzialismo, il volontarismo e perfino il misticismo di cui era accusato, cercò un nuovo baricentro, e lo trovò, studiando la chora di Platone, nel concetto di “luogo”. Con somma ironia e inarrivabile saggezza zen, avverte però fin dall’ inizio: «Forse Mefisto potrebbe farsi gioco di me: chi si dedica alla speculazione è come un animale che mangia erba secca in mezzo a un campo verdeggiante».

[L’articolo e le immagini sono proprietà dei rispettivi autori.]

Ancora su Mishima: un articolo di Ippolito Edmondo Ferrario

Noto dalle statistiche che tra voi lettori c’è un buon numero di persone interessate a saperne di più su Mishima e sul suicidio. Vi posto quindi questo articolo, tratto dal Secolo d’Italia del  22.2.08, a firma Ippolito Edmondo Ferrario.
Troverete altri riferimenti al libro L’angelo ferito di Emanuele Ciccarella in questo post.

Da decenni è una delle icone del Giappone tradizionale che, nel dopoguerra, è diventato una formidabile fucina di tecnologia, riuscendo in qualche modo a sintetizzare il proprio passato imperiale con la postmodernità. Stiamo parlando dello scrittore Yukio Mishima, figura complessa ed enigmatica entrata a far parte dell’immaginario popolare anche occidentale. […] Di Mishima rimangono infatti immagini forti, considerate da alcuni sintomo di una via guerriera difficilmente concepibile per un occidentale, foto che lo ritraggono impug nare la katana, la celebre spada dei samurai, e con la testa fasciata dalla chimachi, la fascia bianca recante il simbolo del Sol Levante. Che cosa spinse comunque Mishima a squarciarsi l’addome e a farsi mozzare il capo dal suo giovane discepolo Morita Masakatsu, il 25 novembre del 1970, quando aveva solo 45 anni? Si parlò di una forma di protesta contro l’americanizzazione del Sol Levante. Sul mistero di quel suicidio è uscito un bel libro: L’angelo ferito. Vita e morte di Mishima (Liguori, pp. 342, euro 23,50) di Emanuele Ciccarella, una biografia che fa discutere. Poco prima di morire Mishima aveva scritto: «Noi ci consideriamo gli ultimi rappresentanti della cultura, della storia e delle tradizioni giapponesi. La battaglia deve essere combattuta una sola volta e fino alla morte».

È un fatto che tutti i cultori di arti marziali non possono che illuminarsi quando sentono parlare di lui e del Bushido, la via del guerriero, in cui arti marziali, filosofia e spiritualità si fondono permettendo all’individuo di raggiungere la perfezione. Per chi volesse conoscere più da vicino, e approfondire il Mishima scrittore e drammaturgo, libri e suggestioni a parte, questa sera a Milano viene proiettato, presso il Centro di Cultura Giapponese di Milano (via Lovanio 8, tel. 3489200948) il rarissimo film del regista Paul Schrader Mishima: A life in a Four Chapters (1985) […] Il film dedicato a Mishima rievoca lo scrittore nipponico – autore di libri quali Confessioni di una maschera o Sole e acciaio – come l’ultimo erede della tradizione nipponica e del culto dell’Imperatore. Lo scrittore infatti mise fine alla sua esistenza con il seppuku, ovvero il suicidio rituale tipico dei samurai, diventanto un’icona del mondo tradizionale che non si voleva arrendere ad un dopoguerra dove la sconfitta del Giappone ne aveva condizionato gli usi e costumi. Mishima, ad esempio, da intellettuale e scrittore si era sempre opposto, non riconoscendolo, il trattato di San Francisco del ’51 col quale gli Stati Uniti imponevano al Giappone il divieto di avere un proprio esercito. Era il 25 novembre del 1970 quando Mishima, dopo aver preso in ostaggio nel suo ufficio il generale dell’esercito di autodifesa Mashita, e dopo un accorato appello-testamento recitato dalla finestra dell’ufficio di fronte a tutti gli uomini del reggimento e alla presenza di giornalisti e televisioni, si tolse la vita con l’antico rito samurai.
In Italia lo scrittore venne subito etichettato come fascista e decadente in quanto assoluto cultore del fisico e della disciplina marziale senza interpretarne il pensiero fino in fondo. Solo di recente, grazie a nuovi studi approfonditi si è riusciti ad andare oltre alle analisi superficiali. Lo stesso Alberto Moravia che lo aveva incontrato personalmente non aveva esitato a definirlo «un dannunziano decadente». E in un certo senso Mishima lo era, figlio di un Giappone costretto a rinnegare il proprio passato e a subire la cultura del vincitore. Il film di Schrader è diviso in quattro capitoli, ognuno ispirato ad un’opera dello scrittore. Il primo, intitolato «La bellezza» è tratto dal romanzo Il padiglione d’oro del 1956 e narra la storia di un ragazzo, un accolito buddhista fisicamente deforme, che rimane a tal punto affascinato da quest’esempio di architettura da diventare balbuziente; il solo modo per liberarsi dalla malia di ciò che ha visto sarà distruggere il padiglione stesso. Il tema dell’estetica e della bellezza inseguita che diventa un ossessione domina questa sorta di parabola tipica della tradizione Zen. Nel secondo capitolo, «L’arte», ispirato al romanzo La casa di Kioko (1956) il protagonista è un giovane attore di nome Osanu che vive un rapporto di conflittualità con la madre e che non riesce ad accettare il proprio corpo quando è a letto con la sua donna Mitsuko. Osanu decide così di intraprendere la via delle arti marziali per raggiungere un ideale di bellezza perfetta al cui vertice rimane solo il suicidio. Il tema del suicidio rituale, dell’esercizio delle arti marziali come veicolo per raggiungere un ideale di perfezione spirituale e guerriera sono, come abbiamo visto, fondamentali in Mishima. Non dimentichiamo che oltre a essere un prolifico scrittore di romanzi e di testi teatrali, che gli valsero tra l’altro riconoscimenti internazionali, Mishima dal 1955 iniziò a dedicarsi sempre di più alla pratica del Kendo e alle discipline militari in genere. Fondò una vera e propria associazione di combattenti privati denominata Tate no Kai, ciè Società degli Scudi, che secondo lo scrittore era dove incarnare lo spirito del Giappone tradizionale e imperiale di fronte al Trattato di San Francisco imposto dal vincitore. Il terzo capitolo intitolato «L’azione» sembra riassumere in sé tutta la parabola di Mishima scrittore-guerriero: Isao, studente di Kendo, l’antica arte della scherma, e cadetto dell’esercito, si dedica unicamente al culto dell’Imperatore e con i suoi compagni decide di eliminare dal Giappone la piaga del capitalismo americano, ma una volta che il suo piano d’azione viene scoperto non ha scelta. Imprigionato e torturato per il suo progetto di colpo di stato, una volta evaso riesce a uccidere il politico responsabile del suo fallimento. Dopodichè Isao sceglierà la via del seppuku, suicidandosi in riva a un fiume. Esattamente come Mishima nella realtà e nelle sue opere; lo scrittore fu sempre ossessionato dalla morte, così come testimonia il biglietto che la mattina in cui suicidò lasciò nel suo studio e sul quale vi era scritto: «La vita umana è breve, ma io vorrei vivere sempre». Nell’ultimo capitolo, «Armonia tra penna e spada», viene messa in scena l’ultima azione di Mishima, il suo proclama e la sua morte. E con questo finale in apparenza tragico Mishima e inspiegabile agli occhi di molti, riuscì a consegnarsi all’immortalità, grazie ad un’idea sulla quale aveva plasmato la sua intera esistenza.
Le immagini di Mishima mentre lancia il suo ultimo appello, il suo sguardo gettato oltre la realtà delle piccole cose, lo scrittore samurai, armato di Katana, ultimo simbolo della tradizione guerriera nipponica in un secolo dominato dalla grande industria, ancora oggi continuano a fare il giro del mondo e a raccontare di questo ultimo samurai.

L’articolo e le immagini sono tratte da qui e sono di proprietà dei rispettivi autori.

La biblioteca dell'Istituto Giapponese di cultura in Roma

Do oggi il via alla sezione dedicata alle biblioteche di argomento giapponese in Italia, iniziando da quella legata ad uno dei maggiori enti culturali nipponici della nostra penisola, l’Istituto Giapponese di cultura, situato a Roma in Via Antonio Gramsci 74.

bibliotecaistitutogiapponese

La biblioteca dell’Istituto Giapponese di Cultura in Roma e’ specializzata nella raccolta di tutto il materiale disponibile sulle varie branche degli studi sul Giappone. L’accesso e la consultazione sono liberi; l’iscrizione e’ consentita a chiunque abbia compiuto il quindicesimo anno di eta’. Le attivita’ principali sono il servizio prestiti e l’assistenza nelle ricerche.

Orario biblioteca:
Lunedi’ – Mercoledi’ – Giovedi’ – Venerdi’ 9.00 – 12.30/ 13.30 – 17.00
Martedi’ 9.00 – 12.30/ 13.30 – 19.00
Sabato 9.30 – 13.00 *

*Alcuni sabati dell’anno la biblioteca sara’ chiusa. Per conoscere i giorni di chiusura consultare il calendario.

Giorni di chiusura:
Domenica, l’ultimo giorno lavorativo di ogni mese, festivita’ italiane, Agosto, fine anno, altro.

Contatti:
Via Antonio Gramsci 74 00197 Roma
Telefono 06 3224707 Fax 06 20368031
E-mail biblioteca@jfroma.it
(info tratte da qui)

Per concludere, vi consiglio una passeggiata nel piccolo e grazioso giardino giapponese che circonda l’edificio, aperto però solo per poche settimane all’anno.  Le sue porte saranno di nuovo spalancate nella primavera 2009, ma intanto potete consolarvi coi testi conservati nella biblioteca o con gli eventi proposti dall’istituto.

Musei della letteratura in Giappone: Kamakura

Stasera ho scoperto con piacere che in Giappone esistono degli specifici musei dedicati agli scrittori (si spera non pacchiani come il Vittoriale di D’Annunzio!), i Museums of Literature, in cui vengono raccolti oggetti, manoscritti, documenti e quant’altro.literature_museum_kamakura_
Iniziamo il nostro tour dal Kamakura Museum of Literature (鎌倉文学館), sito nell’omonima città giapponese: costruito nel 1936 da Toshinari Maeda (前田利為), il sedicesimo capofamiglia dei Maeda (parte del clan Kaga), fu dapprima utilizzato come villa e residenza privata, e solo nel novembre del 1985 divenne un museo della letteratura. Ospita materiali su oltre cento autori giapponesi, tra cui spiccano Soseki Natsume, Kawabata Yasunari e il regista Yasujiro Ozu.
Per concludere, una curiosità: la villa compare in una scena del romanzo Neve di primavera di Mishima.

Informazioni utili

  • Indirizzo: Kamakura Museum of Literature, Hase 1-5-3, 〒 248-0016 Kamakura, Kanagawa
  • Telefono: 0467-23-3911
  • Prezzo del biglietto: 400 yen

Più libri più liberi (Roma) – Case editrici "japan oriented": Avagliano editore

17sillabeOggi la mia attenzione è puntata sull’Avagliano editore, un’altra casa editrice presente alla fiera della piccola e media editoria di Roma Più libri più liberi, ma soprattutto su un suo libro, pubblicato all’inizio dell’anno, e purtroppo ancora poco conosciuto: Diciassette sillabe di Yamamoto Hisaye (p. 268, 15 €).

Ad un haiku, il componimento poetico della tradizione giapponese, bastano diciassette sillabe per descrivere un universo. Per i racconti della Yamamoto è lo stesso: poche pagine di mirabile concisione, un’economia espressiva che gioca col riserbo e il non detto per narrare le storie straordinarie di personaggi comunissimi. Vicende apparentemente tranquille, in cui i protagonisti tengono sotto controllo le emozioni, fino al punto in cui un piccolo dettaglio causa la rottura, e le passioni deflagrano lasciando ferite indelebili. E spesso a narrare le vicende sono i bambini, osservatori impotenti di un mondo di adulti che all’improvviso li sconvolge. I racconti della nippo-americana Yamamoto risuonano del complesso conflitto di culture che ha investito i giapponesi immigrati negli Stati Uniti: come nel racconto che dà il titolo alla raccolta, nel quale il matrimonio dei coniugi Hayashi fallisce perché la moglie, una donna colta che ha sposato per procura un contadino giapponese solo per trasferirsi in America, una volta giunta nel nuovo paese non riesce più a sottostare alle rigide regole patriarcali della famiglia giapponese. La Yamamoto racconta anche il razzismo strisciante dell’America a partire dagli anni Quaranta, quando dopo Pearl Harbour i giapponesi immigrati erano visti come nemici e confinati in campi di internamento. Storie sospese tra Oriente e Occidente, che parlano di discriminazione, della perdita d’identità e dei difficili percorsi di integrazione in un paese che fatica ad accettarti. Per la prima volta tradotti in italiano, i racconti della Yamamoto rivelano una grande autrice di short stories, accostata dalla critica statunitense a Henry James, Kate Mansfield e Grace Paley. (tratto dal sito dell’editore)

Per ora -mea culpa- ho trovato il tempo di leggere solo i primi brani della raccolta, ma confermo appieno il giudizio qui sopra.  In attesa di trasformarmi nella signora Hayashi per via della mia (insana) passione per gli haiku, vi saluto e vi auguro buone letture. 😉

Case editrici "japan oriented": L'Aperia

Prosegue il nostro viaggio tra le case editrici italiane che pubblicano interessanti titoli sul Giappone. Confesso che, quando mi venne in mente di dar vita a questa sezione del blog,  temevo di non poter trovare abbastanza materiale, ed invece… 😉robot
Oggi è il turno della piccola casa editrice casertana L’Aperia, che negli anni scorsi ha pubblicato nella serie Anemoni Robot – Fenomenologia dei giganti di ferro giapponesi e Il fumetto in Giappone dagli anni ’70 al 2000 (dotato di un’appendice contenente l’indice completo delle edizioni italiane dei manga pubblicati in Giappone dal 1976 al 2000), entrambi firmati da Gianluca DI Fratta.
Riguardo al primo,

Attraverso un confronto con la storia e la cultura della robotica in Occidente, i punti di contatto tra le due tradizioni e le influenze reciproche sul piano tecnologico, è possibile evidenziare il valore simbolico assunto dai robot in Giappone. In perenne oscillazione tra un passato remoto di antiche tradizioni e il desiderio di avanguardia nella produzione e nell’anticipazione di un mondo tecnologico, l’immaginario giapponese ha conferito a quesi ultimi l’aspetto di antichi samurai e li ha trasformati in uno stendardo sul quale campeggia l’immagine di un Giappone che racchiude in sé la ritualità del cerimoniale e la precisione meccanica del congegno.

Il secondo fornisce invece

un’analisi storica e letteraria di alcune tra le più importanti produzioni di genere e la loro ingerenza culturale nella società giapponese contemporanea,

senza avvalersi però della tradizionale ottica occidentale e occidentalizzante.
Da quale cominciare? 🙂

E' nata Manga Academica, rivista di studi sul fumetto e sul cinema di animazione giapponese

manga-academicaGli otaku di tutta Italia saranno felici di sapere che è uscito il primo numero di Manga Academica – Rivista di studi sul fumetto e sul cinema di animazione giapponese, edito dalla Società Editrice La Torre ed in vendita a 10,50 €. Come di legge nel sito,

La rivista raccoglie i contributi più significativi delle pubblicazioni tesistiche di studenti universitari di diverso grado e istituzione che nelle loro ricerche si sono occupati di argomenti legati alla cultura del fumetto e del cinema di animazione giapponese, gli studi pubblicati su riviste dipartimentali e in opere accademiche escluse dal circuito della distribuzione libraria, gli atti relativi a convegni e a conferenze e gli interventi in cataloghi di mostre e di eventi a essi correlati, corredati da un saggio introduttivo e da uno spazio redazionale destinato alle recensioni della letteratura scientifica sull’argomento in una pubblicazione da libreria a cadenza annuale.

Se anche tu vuoi contribuire allo sviluppo della rivista, consulta l’apposita sezione del sito; qui troverai anche tesi, atti di convegni e studi da consultazione.

Case editrici “japan oriented” alla fiera Più libri più liberi (Roma): Meltemi

agalma6Continua la rassegna sulle case editrici “japan oriented” presenti a Più libri più liberi: oggi è il turno di Meltemi Editore di Roma, specializzata in saggistica e volumi universitari. Tra le pubblicazioni da citare ricordiamo: Agalma n. 6 dedicato all’Ukiyo – Mondo Fluttuante, Agalma n. 12 dedicato a Seduzione o ranch culture e infine La mente giapponese di R. J. Deves e O. Ikeno. Ecco cosa si legge a proposito di quest’ultimo sulla quarta di copertina

Questo volume offre al lettore un quadro quanto mai completo e dettagliato della cultura giapponese contemporanea. I ventotto saggi che lo compongono spaziano dai valori alle abitudini, dai modelli di comportamento agli stili di comunicazione propri del Giappone di oggi, fornendo informazioni chiare e accessibili a tutti. Particolarmente interessante risulta lo sguardo su alcuni temi fondamentali di questa cultura, affrontati da differenti angolazioni in vari capitoli: il rapporto uomo-donna, il modo d’essere del guerriero, le relazioni gerarchiche, la semplicità e l’eleganza come ideali di bellezza. Scritto in modo chiaro, ricco di esempi tratti dalla vita contemporanea, il volume ci aiuta a comprendere anche gli aspetti più complessi e lontani di questa cultura.

Ancora una volta… buone letture! 🙂

Case editrici "japan oriented" alla fiera Più libri più liberi (Roma): Lindau

"Storia del Giappone e dei giapponesi"Tra le case editrici “japan oriented” presenti alla fiera Più libri più liberi di Roma, ricordiamo anche la Lindau di Torino. Nel catalogo è possibile trovare un buon numero di titoli interessanti per i nippofili, specie se amanti del buon cinema:

Buone letture!

Case editrici "Japan-oriented": Seneca edizioni

Ho scoperto stasera, quasi per caso, l’esistenza di una piccola casa editrice a me sconosciuta, la Seneca edizioni, che propone una collana dedicata al Sol Levante, Hinomaru. Cito dal sito:

Responsabile della collana è Elena Sayuri Roccati, madrelingua italo-giapponese. Sono indicativamente previste tre uscite l’anno, tutte incentrate sul Giappone e sulla cultura giapponese, con particolare riferimento a manga e cartoni animati. I titoli successivi, ancora provvisori, sono “L’evoluzione del disegno da Go Nagai in poi” e “Il disegno nei manga: elementi teorici e pratici”.

I titoli finora pubblicati sono Mondo Manga segreto: dal Sol Levante all’Italia di Antonio Grego e Il giapponese a destra e… a manga di Laura Urbani, che ricorda parecchio Il giapponese a fumetti – Corso base di lingua giapponese attraverso i manga di Marc Bernabé  di cui abbiamo già parlato: coincidenza?

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