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Il gatto di Capodanno (da “Il gatto venuto dal cielo” di Hiraide Takashi)

gatto finestra

Se escludiamo la notte di Capodanno (quando andai a suonare una volta la campana in un vecchio tempio buddista del vicinato, a pregare in un tempio shintoista che si trova in una direzione diversa e poi a mangiare la prima soba dell’anno in un locale aperto a notte fonda), per il resto del tempo rimasi alla scrivania, senza nessuna concessione ai festeggiamenti di fine e inizio anno. L’incombere delle scadenze del lavoro appesantiva l’atmosfera in casa, in particolare all’approssimarsi dell’alba. Ma, ogni volta, quando la stanchezza accumulata rendeva il momento critico, attraverso la grande finestra a sud, di fronte alle nostre due scrivanie, vedevamo comparire una piccola ombra biancastra che saliva sul portico e appoggiava entrambe le zampe anteriori sulla cornice della finestra, spiando verso l’interno. Allora aprivamo la finestra per accogliere l’ospite portato dall’aurora invernale e l’atmosfera in casa si rianimava in un attimo. Chibi fu il nostro primo «benaugurante». I «benauguranti» sono delle persone che girano per le case a fare gli auguri per il nuovo anno. Caso singolare, il benaugurante in questione entrò dalla finestra e, per di piú, non disse neanche una parola d’augurio. Però sembrava sapere esattamente come inchinarsi in un bel saluto con le zampette anteriori unite davanti a sé.

Hiraide Takashi, Il gatto venuto dal cielo, trad. di L. Testaverde, Einaudi, p. 22

immagine tratta da qui

I gatti e gli scrittori giapponesi

Io sono un gatto. Un nome ancora non ce l’ho. Dove sono nato? Non ne ho la più vaga idea. Ricordo soltanto che miagolavo disperatamente in un posto umido e oscuro. E’ lì che per la prima volta ho visto un essere umano. Provai un senso di vertigine quando mi mise sul palmo della mano e mi sollevò per aria. Appena ritrovai una certa stabilità lo guardai in faccia. Che creatura curiosa, pensai. E questa impressione di stranezza la conservo ancora.

Così inizia una delle più celebri opere della letteratura giapponese, Io sono un gatto (1905) di Sōseki Natsume, e non è un caso.  (altro…)

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