Mese: Novembre 2016

“Il signor Cravatta” di Milena Michiko Flašar

il signor cravatta passi kyoto 2014
Talvolta la fuga – prima ancora di esser un’evasione dal mondo – è una corsa accidentata per schivare se stessi. Occorre allora non lasciare tracce della propria coscienza, rifugiarsi in una routine fatta di gesti minimi e, soprattutto, vigilare. Vigilare senza sosta, inflessibilmente. Una minima distrazione, e tutto può crollare.

Come ci racconta la nippo-austriaca Milena Michiko Flašar ne Il signor Cravatta (trad. di D. Idra, Einaudi, 2014, pp. 134, € 14,50, in offerta a € 12,33), Taguchi Hiro lo sa bene. Vent’anni che pesano come mille, e ventiquattro mesi trascorsi rinchiuso nella sua stanza, a proteggersi col silenzio e l’assenza dalla realtà che preme alle porte, per poi tentare – quasi distrattamente – di ritrovare fuori, in strada, la propria identità. Un’ombra di essa pare essersi annidata in un anonimo parco, su una panchina qualunque, dirimpetto a quella d’un uomo malinconicamente stanco, che Taguchi Hiro incontra ogni giorno. Sguardi rapidi, qualche cenno, un saluto, e poi – d’improvviso – un torrente di confessioni fra loro. Qualche volta la voce si annoda giù nella gola, il corpo freme, mentre i segreti si frangono contro i denti stretti, ma una storia non può che chiamare un’altra storia, e un’altra, e un’altra. E così via.
L’acerbo hikikomori (auto-recluso volontariamente) e il salaryman (impiegato) che sente la vecchiaia corrodergli le ossa; il ragazzo che si ostina a nascondersi – sotto una zazzera folta, dietro gli occhi bassi, in mezzo alle paure – e l’uomo che non si separa mai dalla sua cravatta – simbolo di quella normalità che lo strangola piano e, al tempo stesso, lo tiene vivo –; due animali spaventati in cerca di un luogo sicuro da cui spiare l’esistenza senza esserne spiati. Qualcuno sarebbe forse tentato di scorgere nelle loro figure – neppure troppo in filigrana – la schiacciante ansia da prestazione, le enormi pressioni connesse all’ambito lavorativo, nonché l’insopportabile mole di aspettative e responsabilità che gravano sulle spalle dei giapponesi sin dalla giovane età: ma una lettura orientata solo in tal senso finirebbe per sminuire l’opera, facendone il corollario romanzesco d’una teoria sociologica.

Con una prosa distillata, evocativa, che però non smarrisce mai la sua quotidianità, l’autrice dispiega dinanzi a noi una narrazione in cui si alternano tenerezza, dolore e rimpianto. Parola dopo parola, le solitudini costruite con meticolosità si incrinano e lasciano finalmente penetrare il sentimento più difficile: la fiducia nell’altro.

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Questa mia recensione è già apparsa qui.

Leggiamo assieme “Il peso dei segreti” di Shimazaki Aki

aki shimazaki il peso dei segreti

Da quest’estate, come ormai sapete, vi propongo periodicamente un bookclub dedicato al Giappone, curato da Michela (MichelaDePellegrin), Daniela (Tradurre il Giappone), Stefania (Cafè Nihongo), Frida/Nicoletta (OneTwoFrida), e me. Questa volta leggeremo assieme un volume appena uscito, ossia Il peso dei segreti, che raccoglie quattro romanzi di Shimazaki Aki (trad. C. Poli, Feltrinelli, 2016, pp. 394, € 19, in offerta a 16,15 in cartaceo).

Dal 28 novembre al 4 dicembre noi blogger useremo i nostri canali social (alla fine del post trovate tutti i contatti) per esprimere riflessioni, riportare estratti, discutere spunti tratti dal romanzo. Voi potrete a vostra volta scrivere commenti nel blog, condividere immagini, suggerimenti, pensieri su Twitter, Facebook, Instagram; non importa se si tratta di una manciata di parole, di una foto, di una frase che vi ha particolarmente colpito, basta non fare rivelazioni troppo scottanti sulla trama!

Questi sono gli hashtag che vi chiediamo gentilmente di utilizzare: #librogiappone #ilpesodeisegreti #akishimazaki

E questi, infine, sono i modi per raggiungerci:

Michela : TwitterInstagram
Frida/Nicoletta: TwitterFacebookInstagram
Daniela : Twitter FacebookInstagram
Stefania : Twitter FacebookInstagram
Anna Lisa (ossia io, bibliotecagiapponese.it): TwitterFacebookInstagram

Vi aspettiamo!

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