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“Il mondo dei fiori e dei salici. Autobiografia di una geisha” di Masuda Sayo

http://www.bibliotecagiapponese.it/wp-content/uploads/2014/06/Il-mondo-dei-fiori-e-dei-salici.-Autobiografia-di-una-geisha-di-Masuda-Sayo-romanzo-letteratura-giapponese-.jpgL’atmosfera elegante del «mondo dei fiori e dei salici», la squisita conversazione, il trucco estremamente elaborato di quelle splendide donne, il loro abbigliamento, l’arte di intrattenere il cliente, l’attrazione particolare esercitata dalle geisha di una certa età, dotate di un fascino che trascende la sensualità: sono questi gli elementi essenziali che compongono il piacere. Un piacere che può essere acquistato con sicurezza grazie al denaro.

Questo scrive Mishima Yukio nelle Lezioni spirituali per giovani samurai e altri scritti (trad. di L. Origlia, Feltrinelli, pp. 126, € 7, ora in offerta a 5,95), attribuendo all’universo delle geisha una raffinatezza e una grazia senza pari. Eppure, difficilmente trovereste lo stesso nelle memorie di Masuda Sayo raccolte ne Il mondo dei fiori e dei salici. Autobiografia di una geisha (trad. di S. Taddei, O Barra O, 2014, pp. 178, € 14, ora in offerta a 11,90).

Non aspettatevi, dunque, fanciulle incantevoli (altro…)

Le vere memorie di una geiko: “Storia proibita di una geisha” di M. Iwasaki

Mineko, a sei anni

Kyoto, anni Cinquanta. Sotto un bellissimo parasole di carta, un’elegantissima donna abbozza un sorriso al fotografo; a lei cerca di stringersi una bambina dall’aria tenera e curiosa. Sotto il suo kimono a fiori, spuntano appena i piedini intrecciati in segno di timidezza. Da pochi mesi, Masako – così si chiama la piccola – ha lasciato di sua volontà, sebbene a malincuore, la propria casa per trascorrere gli anni a venire in un’okiya, la tradizionale residenza delle geiko (come si autodefiniscono le geisha) e delle maiko (le apprendiste): ignora del tutto che diventerà una delle donne più ammirate dell’intero Giappone, a costo però di enormi sacrifici. Non soltanto la bimba è costretta ad adattarsi a uno stile di vita alquanto duro, ma è tenuta a rinunciare alla propria famiglia, mutando persino il proprio nome in Mineko e il cognome in Iwasaki (tratto dalla madre adottiva).

La sua storia è raccontata per la prima volta in un volume da poco uscito in Italia, Storia segreta di una geisha, curato da lei stessa, Mineko Iwasaki, ora rispettabile signora di mezza età, (altro…)

Nella penombra dei quartieri del piacere, “La luce della luna” di Kafū Nagai

Già quasi un secolo prima del celebre Memorie di una geisha di Arthur Goldon, l’intento di descrivere la vita nei quartieri giapponesi del piacere aveva mosso la penna di uno scrittore purtroppo poco noto in occidente, Kafū Nagai (1879 – 1959), diretto conoscitore delle gioie e delle tribolazioni delle geisha, avendo vissuto per diverso tempo in mezzo a loro.

Testimonianza impareggiabile di ciò è il romanzo La luce della luna, pubblicato in patria per la prima volta nel 1918 e ora edito da pochissimo per i tipi Castelvecchi (trad. di V. Cerqua, pp. 240, € 16; in offerta ora su Amazon.it a 13,60 € cliccando qui), in cui vengono rivelate luci e ombre dell’esistenza delle geisha attraverso gli amori di Komayo, giovane donna sola al mondo, costretta a riprendere dopo la vedovanza il suo antico mestiere per tentare di mantenersi. Una volta fatto ritorno con vergogna all’okiya (la residenza delle geisha) dove è stata educata, incontra casualmente una vecchia fiamma, Yoshioka, che l’aveva abbandonata quando lei era appena diciottenne.

Pentito e, soprattutto, stanco delle solite amanti, l’uomo s’invaghisce ben presto del candore di Komayo. Ma lei, ormai, ha abbandonato ogni ingenuità, spinta dall’impellenza di trovare una sistemazione che le permetta di non arrabattarsi più; per questa ragione, si avvicina – sebbene a malincuore – a personaggi viscidi e discutibili, quali il cosiddetto “mostro marino”, un antiquario tanto facoltoso quanto ripugnante. Le sue reali simpatie si dirigono invece verso un attore di talento, Segawa, che pare ricambiare con ardore i sentimenti della geisha, ben attenta a non far scoprire la tresca a Yoshioka, divenuto frattanto il suo danna (protettore). Komayo ha però, senza accorgersene, oltrepassato il punto di non ritorno: l’eccessiva fiducia nei suoi progetti le impedisce di accorgersi che gli ingranaggi della vendetta e della rivalità sono già entrati in moto.

Il racconto delle avventure della ragazza è intervallato da quello della vita senz’altro più ardua di coloro che, per  sopravvivere con un briciolo di dignità, sono costretti a rimettersi continuamente in discussione, mentre nelle ochaya, le case da tè dove si esibiscono le geisha, ricche donne svendono il proprio corpo per noia e uomini d’affari riflettono sul denaro da sborsare per la prossima fanciulla.

Lo stile dello scrittore assorbe costantemente l’attenzione per la sua fluidità e piacevolezza, tanto che si ha spesso l’impressione di essere dinanzi a un variopinto set cinematografico, in cui la macchina da presa si concentra talvolta su scene drammatiche e complesse, talaltre sui dettagli minimi e quotidiani della vita nascosta delle geisha, fatta anche di spilloni che s’inceppano, di trucco sciolto, di sigarette fumate in penombra dopo una notte di lavoro.

Non mancano in questo quadro picchi lirici di sommessa bellezza, capaci di far intuire anche al lettore italiano quel tesoro di meraviglie della natura che i giapponesi sanno cantare con rara delicatezza. Questi momenti poetici contrastano espressionisticamente con la fauna di personaggi pittoreschi e sovente equivoci del quartiere Shimbashi di Tokyo, dei quali Kafū Nagai mostra squarci di un’esistenza improntata all’espediente e al compromesso. Per ritrarli, l’autore si è ispirato a tutta una folla di attori, cantastorie, cameriere, geisha, maiko, parassiti, figli ripudiati, bohemien, intellettuali in declino e ubriaconi che hanno realmente profuso se stessi nelle torbide notti del Giappone primonovecentesco: di essi oggi non rimane neppure il nome, eppure – attraverso La luce della luna – ci pare ancora di udire l’allegria squillante delle loro risate o il suono secco delle lacrime nascoste dalla manica del kimono.

Una storia delle geisha, firmata Lesley Downer

Potevamo farci mancare l’ennesimo volume sul fluttuante, inebriante, intrigante mondo delle geisha? Ovviamente no, e quindi oggi vi presento Geisha. Storia erotica del Giappone raccontata dalle maestre del piacere, di Lesley Downer (Piemme,  pp. 400, € 11, ma disponibile ora su Amazon.it cliccando qui a 7,15), già autrice de Il kimono rosso (di cui ho parlato qui) e de L’ultima concubina. In realtà, nel volume non vengono svelati chissà quali misteri dell’eros giapponese, bensì viene ricostruita la storia della figura della geisha nel corso degli anni.

Volevo sapere quali donne si celassero in realtà dietro a quelle facce dipinte, conoscere meglio quel loro affascinante chiacchiericcio e il loro eterno sorriso enigmatico, convinta che la geisha fosse una dispensatrice di sogni, che il suo fosse un nebuloso mondo romantico creato per la gioia e il divertimento degli uomini, in cui anche il più squallido impiegato poteva sentirsi re. Non avevo nessuna intenzione di cancellare quell’illusione o di profanare il sacro recinto, però, da donna, mi chiedevo da quale passato arrivassero le geishe. Chi erano i protagonisti di un tale modo di vivere nel Giappone moderno? Se per gli uomini era un mondo fantastico, chi erano le donne impegnate a creare questo mondo? Confidavo nella possibilità di diventare amica delle geishe e di entrare in quel loro mondo sui generis.

L’autrice racconta la sua indagine in prima persona, passo dopo passo, fra critiche e reticenze degli abitanti dell’arcipelago, poco disposti a parlare di quelle donne divenute per gli occidentali un simbolo del Sol Levante e da questi ultimi erroneamente assimilate a raffinate prostitute; persino le geisha stesse e le loro apprendiste, le maiko, non sembrano voler svelare le proprie abitudini o concedere fiducia alla straniera.
Vi lascio con un breve estratto del libro, dedicato a un incontro tra la scrittrice e una mama-san (la direttrice dell’okiya, la residenza dove vengono ammaestrate le geisha) alquanto severa:

Nei molti anni passati in Giappone avevo conosciuto molte donne, quasi tutte sposate, persone forti, con notevole autostima, eppure felici di avere per amica una straniera. Non avevo mai incontrato tanto sospetto e tanta intransigenza. Sembrava quasi che donne di tal fatta si fossero costruite un loro mondo e che per loro io fossi solo una mosca, una presenza fastidiosa. Non avevano bisogno di me, volevano solo scacciarmi con un gesto della mano. Ecco finalmente la mama, deliziosa e impettita come sempre. Accettò i miei prelibati dolci degnandoli appena di un’occhiata; poi mi chiese che cosa volessi bere.
«Ocha de mo ii desu, il tè va benissimo» risposi.
«Che modo rozzo di parlare! Deve dire: “Ocha o itadakimasu, vorrei del tè, per favore”» sbottò lei, incenerendomi con lo sguardo.
Mi morsi la lingua e mi scusai a lungo, ringraziandola per essere stata così gentile da correggermi. Non avevo attenuanti, il fatto che non stessi parlando la mia lingua era ininfluente: le geishe non ammettono il minimo errore.

“Il kimono rosso”, storia di una cortigiana

Dopo il successo di Memorie di una geisha, sembra esser nato un vero e proprio filone letterario per cavalcare l’onda e attrarre lettori più o meno incuriositi dal Giappone.
Come avrete intuito, il libro di oggi si colloca perfettamente in questo quadro; più che per sue intrinseche qualità, ne parlerò per dovere di cronaca. Già il titolo, Il kimono rosso (Piemme, pp. 420, € 19,50; ora disponibile su Amazon a € 12,68 cliccando qui), la dice lunga; se poi si aggiunge che l’autrice, Lesley Downer, ha al suo attivo anche Geisha e L’ultima concubina, direi che tutto si fa ancora più chiaro. Consola in parte soltanto il fatto che la scrittrice abbia a lungo vissuto nel Sol Levante.
Malgrado le mie perplessità sul genere “kimono e ventaglio”, vi lascio la presentazione del volume, edito da poche settimane, e il pdf con le prime pagine dell’opera:

Hana indossa il suo kimono da cerimonia; i capelli lunghi fino a terra sono spalmati d’olio e raccolti in un’acconciatura ordinata, come vuole la tradizione. Saluta il comandante Yamaguchi, suo marito, che sta partendo per combattere i ribelli del Sud e difendere lo shogun e il suo Paese. Malgrado non sia innamorata del comandante, la giovane e bella Hana si è sempre comportata secondo le consuetudini, per sentirsi adeguata al suo ruolo di moglie. Rimasta sola, custodisce la loro casa, mentre lo scontro tra i ribelli e l’esercito imperiale si avvicina e si fa sempre più sanguinoso e violento. Ora anche Hana è in pericolo e, nonostante sappia usare con maestria l’alabarda giapponese, deve arrendersi e fuggire.
Un breve viaggio pieno di ostacoli, al termine del quale viene accolta dai colori, suoni e profumi di Yoshiwara, il quartiere del piacere di Tokyo. Una casa per cortigiane diventa il suo rifugio, e la sua vita prende una direzione imprevista.
Inizialmente intenzionata a raggiungere il marito, Hana trova nella casa un calore umano che mai aveva conosciuto e viene a poco a poco attratta dall’atmosfera vitale e vivace del quartiere. Scoprendo dentro di sé una sensualità fino a quel momento ignorata, si trasforma in una perfetta cortigiana e assapora per la prima volta il gusto della libertà e il sottile piacere della seduzione. Ma è Yozo, un coraggioso soldato, a cambiarle definitivamente la vita. Sfuggito alla cattura dei suoi nemici, si dirige nell’unico posto in cui un uomo sa di essere al sicuro: Yoshiwara. Nella città che non conosce il sonno, Yozo e Hana s’incontrano e s’innamorano, ma il ragazzo nasconde un segreto che, una volta rivelato, incomberà come una minaccia sulle loro vite, oscurando la loro felicità.

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