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La cerimonia del tè e oltre: “La via del tè nella spiritualità giapponese” di De Giorgi e Caramore

cerimonia del tè wagashi GiapponeIl rumore dell’acqua che sobbolle nella teiera. Una piccola stanza, ricoperta di tatami. Fuori, il roji, la strada rugiadosa o – come lo chiama qualcuno – il sentiero dei passi perduti.

E’ in questa atmosfera che ci conduce dolcemente La via del tè nella spiritualità giapponese di Maria De Giorgi, a cura di Gabriella Caramore (Morcelliana, 2007, pp. 69, € 7, in offerta a € 5,95). (altro…)

Il sogno dell’effimero e la tazza di tè

La settimana scorsa ho avuto la fortuna di prendere parte a una piccola cerimonia del tè tenutasi al centro Urasenke di Roma, una delle principali scuole giapponesi attive in questo ambito. Avevo già parlato della mia prima visita qualche tempo fa, ma allora mi ero limitata ad assistere al rituale.

Un giovedì pomeriggio d’inverno come tanti, tiepido e terso. Finalmente, dopo aver attraversato un cortile silenzioso e verdeggiante, arrivo alla sede dell’Urasenke. Basta attraversare la soglia per perdere qualunque orientamento spazio-temporale. Lo sguardo si posa sui tatami, sul mobilio essenziale, sui numerosi volumi col dorso intarsiato di ideogrammi: e sembra quasi assurdo pensare che, solo poche centinaia di metri più in là, vi siano caffè affollati, clacson, telefoni che non smettono di trillare.

Entro, a piedi nudi, in una piccola stanza del tè; il rotolo del tokonoma mostra un monte dalle pendici ripide, e gli accessori scelti – ci spiegano – sono particolarmente eleganti in onore del Capodanno appena trascorso. Mi fanno accomodare sui talloni accanto a una ragazza giapponese, in un kimono dai colori lievi; i miei pantaloni, il mio maglione, il mio imbarazzo non possono competere con il suo obi ben tirato, il collo diritto e le mani addormentate nel grembo come due farfalle, ma senza alcuna mollezza.

Con un gesto lieve mi porge un piccolo biscotto ovale, su cui è stampata una foglia di ginkgo; il sapore è curioso, quasi salato. Nel frattempo, l’anziana maestra del tè, sorridendo, prepara la mia tazza. Con lo chashaku prende la giusta quantità di matcha e riversa la polvere in una tazza scura; aggiunge un poco d’acqua e agita il chasen con minimi, fermi gesti del polso, sino a che – tutt’a un tratto – ecco venire alla luce il tè. Il suo colore spicca sulla superficie ruvida della ceramica, tra le pareti tenui della sala.

Nulla a che vedere con la bevanda cupa e tavolta torbida da sorseggiare alle cinque, che in un attimo scivola dalle labbra per poi perdersi in gola, lasciando – nel migliore dei casi – un vago aroma dietro di sé. Il tè utilizzato nella cerimonia è una spuma densa, bollente, di un verde talmente brillante da parere insolente; il suo gusto sacro e antico scava la lingua e s’infrange su papille dimenticate, quasi tribali. Anche noi dopo tutto siamo, come il matcha, acqua e polvere.

Oriente e occidente, come due draghi scagliati in un mare agitato, lottano invano per riconquistar il gioiello della vita… Beviamo, nel frattempo, un sorso di tè. Lo splendore del meriggio illumina i bambù, le sorgenti gorgogliano lievemente, e nella nostra teiera risuona il mormorio dei pini. Abbandoniamoci al sogno dell’effimero, lasciandoci trasportare dalla meravigliosa insensatezza delle cose. (Okakura Kakuzō)

La bellissima foto è opera di LaSere (blog: Là dove fumano le tazze), tratta da questo link.

La cerimonia del tè al centro Urasenke di Roma

chadoCome già anticipato, venerdì ho assistito alla mia prima cerimonia del tè, svoltasi presso il centro Urasenke di Roma (via Giovanni Nicotera 29, tel. 063207361; metro A, fermata Lepanto). La maestra del tè era un’anziana signora giapponese in kimono, simpatica e cordiale; ha illustrato i principi gesti del rito ed i suoi gesti in modo semplice e, al tempo stesso, esauriente.

La cerimonia ha avuto luogo nello spazio di pochi tatami, sui quali erano sistemati pezzi di vasellame e strumenti tradizionali: un piccolo angolo di Giappone inserito in un ambiente dal taglio occidentale; pochi metri più in là, si intravedeva una tipica sala da tè, calda e accogliente, utilizzata per incontri meno affollati. Presso il centro, è inoltre presente una biblioteca che raccoglie volumi in giapponese, inglese e italiano.

Almeno un giorno al mese, prenotandosi, è possibile prender parte al rito, partecipando come veri e propri ospiti, sostenuti dai consigli della maestra e delle sue assistenti; ogni settimana, inoltre, si svolgono le lezioni di cerimonia del tè, intesa nel senso più profondo di chado (via del tè), strada interiore che porta ad un’autentica consapevolezza di sé e ad una maggiore armonia col mondo circostante.

Chado, la Via del Tè, si basa sul semplice atto di bollire l’acqua, preparare il tè, offrirlo agli altri e berne noi stessi. Servito con un cuore rispettoso e ricevuto con gratitudine, una tazza di tè soddisfa sia la sete fisica che quella spirituale. Il mondo frenetico e le nostre miriadi di dilemmi lasciano esausti il nostro corpo e la nostra mente. E’ allora che andiamo alla ricerca di un posto dove trovare un momento di pace e tranquillità. Questo posto può essere trovato nella disciplina di Chado. I quattro principi di ARMONIA, RISPETTO, PUREZZA e TRANQUILLITA’ codificati circa quattrocento anni fa, sono una guida senza tempo alla pratica di Chado. Incorporarli nella vita di ogni giorno ci aiuta a trovare quel posto di tranquillità che è in ognuno di noi. – Soshitsu Sen, XV Gran Maestro del Tè di Urasenke (tratto da http://www.chado.it/chado.html)

Per concludere, segnalo il libro Chado. Lo zen nell’arte del tè di Soshitsu Sen (ed. Manganelli, € 7,50); nel sito dell’editore, è possibile leggerne corposi estratti.

[Foto tratta da qui]

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