Cercare l’ultima traccia rimasta intatta delle proprie radici per ritrovare se stessa: è questo che Yumiko si propone di fare quando, dopo una lunga lontananza, riallaccia i contatti col cugino Shōichi.
In comune sembrerebbero avere ben poco: lui gentile, premuroso, dedito agli affari, lei costantemente in viaggio tra l’Italia e il Giappone, sensibile e tormentata, ma in grado di abbandonarsi con fiducia ai puri istanti di serenità che la vita pare regalarle di tanto in tanto, come ci racconta Banana Yoshimoto nel suo ultimo romanzo pubblicato in Italia, A proposito di lei, dedicato a Dario Argento (trad. di G. Amitrano, Feltrinelli, pp. 152, € 12, ora in offerta su Amazon a 10,20).
Per anni il destino ha diviso i due ragazzi, sebbene figli di due sorelle gemelle tanto unite quanto diverse, oramai scomparse: l’una – la madre di Shōichi – votata alla cura dei suoi cari, l’altra consacratasi alla magia bianca e finita vittima in modo cruento delle sue stesse convinzioni.
Solo insieme – unendo frammenti di memoria e sensazioni – i giovani riescono con fatica a comprendere ciò che di oscuro e incerto è accaduto ai loro familiari: affiora così una storia fatta di sofferenza, segreti, amare assenze e forse persino follia, che spinge i cugini ad avvicinarsi ulteriormente, consapevoli delle mancanze e dei gravi errori delle rispettive madri, ma anche orgogliosi della loro eccezionalità.
Il risultato è un racconto che fonde delicatezza e spritualità, custode – a dispetto della sua apparente calma – di più di un colpo di scena (compreso quello finale); una storia, insomma, in perfetto stile Banana Yoshimoto che sa farci immergere nell’inferno dell’anima, ricordandoci però che ci è sempre data la possibilità di sfiorare il cielo con un dito.
Onestamente credo che la Yoshimoto si sia spremuta fino all’ultima goccia ormai, quest’opera ne è la dimostrazione lampante. Sono arrivata all’ultima pagina faticosamente e di sicuro non fa parte della fetta di libreria in cui ripongo i libri che rileggerò dove peraltro ci sono “Kitchen” e “Ricordi di un vicolo cieco” così come “Tsugumi”, più leggo Banana più mi rendo conto che i suoi libri non sono altro che rielaborazioni di uno stesso tema , ovvero i buoni sentimenti , la morte, la famiglia e la componente sovrannaturale che se inizialmente evoca un senso di familiarità e un atmosfera piacevole che ti fa venir voglia di voltare pagina a lungo andare scoccia.
Ciao Anna Lisa, eccomi qui come promesso poco fa! 🙂 Il tuo blog è molto carino e la trama di questo libro m’ispira parecchio. Me lo segno e ti farò avere la mia opinione appena lo leggo! A presto, Fede
Avevo iniziato la lettura con il mio solito scetticismo, nei confronti della Yoshimoto, il cui stile non mi piace molto (lo trovo didascalico, ed anche se certi autori riescono a usare questo modo molto bene, lei non mi sembra che ci riesca, se non raramente). Ad ogni modo, ho trovato il racconto irritante per la maggior parte del tempo, forse per i dialoghi, più che per la storia – e poi, non so perchè, non riesco mai ad entrare in empatia con le sue protagoniste femminili.
Tuttavia, verso la fine, più o meno verso la pag. 126, un piccolo colpo di scena ha attivato il mio interesse e posso dire che leggere questo racconto vale la pena anche solo per le ultime pagine.
Ed è per questo, dunque, che continuo a comprare i libri della Yoshimoto: la maggior parte delle volte mi lasciano poco colpita ma, ogni tanto, raramente, improvvisi fuochi d’artificio in una notte opaca…
Una lettura per una sera d’estate, soprattutto per una sera di questa nostra bella estate così poco calda.