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Vent'anni di manga in Europa in mostra a Bruxelles

Eccovi un articolo di Alessandro Trevisani, pubblicato nel<<Corriere della sera>>  dell’11 marzo 2009.

Da Akira a Lady Oscar, una mostra sui vent’anni di manga in Europaakira
BRUXELLES – Vent’anni di manga in Europa. Vent’anni da quel 1989, quando Jacques Glénat andò in Giappone a promuovere il fumetto franco-belga, e se ne tornò con Akira: 2000 pagine di fantascienza giapponese che cambiarono la storia del fumetto in Europa. Bruxelles festeggia questa “invasione” con una esposizione al Belgian Comics Center, che inaugura l’11 marzo per chiudere il 7 giugno prossimo. La mostra di Bruxelles cade nell’anno del cinquantenario dei Puffi, di cui il Belgio è patria, come di Tintin e Lucky Luke. RIVOLUZIONE – Centinaia di originali e riproduzioni di copertine, pupazzi, manifesti, merchandising. Spagna, Svizzera, Germania, Polonia, Belgio, ma soprattutto Francia e Italia: è qui che la cultura “manga” ha attecchito di più. «Ma il manga è il fumetto più letto nel mondo – dice Marco Pellitteri, sociologo dei processi culturali, autore di “Il Drago e la Saetta” (Tunué, 2008) – Socialmente il manga è stato una rivoluzione: prima non c’erano molti fumetti dedicati alle ragazze, o allo sport, e l’erotismo dei manga è molto diverso rispetto ai nostri fumetti». IL MERCATO – Personaggi sfumati, trame complesse: così il manga ha conquistato il 40% del mercato in Europa. «Hanno coperto una voragine di pubblico – continua Pellitteri – perché il manga shôjo approccia direttamente le ragazze, le cui aspettative non sono premiate dai nostri fumetti: parliamoci chiaro, Dylan Dog a ogni numero va con una donna diversa!». E nell’esposizione i manga al femminile come Lady Oscar e Candy Candy stanno accanto ai shônen-manga, quelli rivolti ai ragazzi: Kenshin, Yu-Gy-Oh!, Detective Conan. Ma ci sono anche i manga-seinen, rivolti agli adulti, come Tokyo Tribe e Say Hello to Black Jack. I manga hanno anche generato sotto-culture come quella del cosplay, la moda di confezionare e indossare gli abiti dei personaggi dei fumetti giapponesi. I CARTONI ANIMATI – Senza dimenticare che la prima “invasione” dei manga avvenne coi cartoni animati negli anni ’70 e ’80, quando le neonate tv private si accaparrarono i vari Uomo Tigre, Daitarn 3, Ryu, e la nostra tv di stato trasmise Goldrake e Mazinga Z, Heidi e Remi. «I giapponesi erano allibiti da tanto interesse, i palinsesti si riempivano a prezzi che poi salirono di parecchio», commenta Pellitteri. IN ITALIA – E invece i primi a portare in Italia i fumetti giapponesi furono i Kappa Boys, quattro ragazzi bolognesi che da lettori sono diventati editori di manga. Lamù, Ken il Guerriero, sono loro a farceli conoscere nei lontani anni ’80. Massimiliano De Giovanni, Andrea Baricordi, Andrea Pietroni e Barbara Rossi erano gli animatori della rivista “Mangazine”. «Il nostro sogno? – dice De Giovanni – Far scoprire al pubblico italiano le potenzialità dei manga». I PIONIERI – «Scoprimmo che gli appassionati erano molti di più di quelli che immaginavamo – dice Baricordi -. Poi fummo contattati da Granata Press, che trasformò la nostra fanzine in una rivista da edicola». Dalla fanzine al professionismo. «Nel 1995, con la Star Comics, abbiamo lanciato Dragon Ball, imponendo la lettura ‘alla giapponese’, lo stesso facciamo oggi con GP Publishing». Pionieri del manga: «Fummo additati (nel bene e nel male) come i responsabili dell’Invasione dei Manga in Italia – ricorda Baricordi – Ma non abbiamo ancora finito». E l’invasione, un’allegra invasione, continua.

Presentazione del libro Satoshi Kon a Roma

satoshi-konDomani, sabato 7 marzo, alle ore 18,30, presso l’associazione VersOriente di Roma (vicolo Cellini 17, non lontano da piazza Navona), si terrà la presentazione del libro Satoshi kon – il cinema attraverso lo specchio, a cura di Enrico Azzano, Andrea Fontana e Davide Tarò (pp. 264, € 15).
Vi riporto quanto scritto nella pagina dell’evento:

Satoshi Kon è, fra i registi di animazione giapponese della nuova generazione, il più conosciuto e apprezzato, grazie anche alla partecipazione dei suoi lavori a importanti festival cinematografici. Il libro, primo studio in Italia su una figura artistica così importante, si propone di analizzare le complesse tematiche di Kon, attraverso l´analisi dei suoi film (Perfect Blue, Millennium Actress, Tokyo Godfathers e Paprika) e della sua produzione televisiva (Paranoia Agent), grazie anche ad approfondimenti “trasversali” curati dai maggiori esperti nazionali e internazionali di animazione giapponese che toccano tutti gli aspetti del suo cinema.

Riguardo al libro, invece:

Fra i talenti dell’animazione giapponese Satoshi Kon è maestro di eccessi e contraddizioni, da sempre tutto e il contrario di tutto. La sua energia tocca il neorealismo magico (Tokyo Godfathers), il thriller surrealista (Perfect Blue), la riflessione sull’arte (Millennium Actress), la narrazione anticonvenzionale, sfuggente e selvaggia (Paprika), sempre all’insegna della dimensione onirica. Satoshi Kon è artista che divora i generi e li risputa nell’animazione in pura salsa cromatica, descrivendo nella sua opera  un immaginario indomabile. Il volume è impreziosito dalla prefazione di Marco Müller e contiene saggi di Andrea Fontana, Davide Tarò, Enrico Azzano, Brian Ruh, Alessia Spagnoli, Stefano Gariglio, Matteo Boscarol, Mario A.Rumor, Raffaele Meale, Luca Della Casa, Marcello Ghilardi e Paola Valentini.

Il taccheggio dei libri

Come ben sappiamo grazie al bombardamento mediatico, la crisi economica si fa sentire dovunque; e se in Italia japanese-books-close-up1qualcuno, per contrastarla, confida nel taccheggio, anche in Giappone, dopo tutto, non la pensano tanto diversamente. Da noi, “vanno a ruba” (nel senso letterale del termine) rasoi, parmigiano reggiano e cartucce della stampante; nell’arcipelago del Sol Levante questa (triste) sorte è riservata ai libri. Le nostre Feltrinelli non hanno da temere fenomeni del genere (tranne qualche esproprio proletario di tanto in tanto); al contrario, le librerie nipponiche sono invece seriamente preoccupate:  i danni, infatti, ammontano a circa 4 miliardi di yen all’anno (ossia più di 36 milioni di euro), cifra raddoppiata dal 2003.
Il taccheggio è un fenomeno in espansione soprattutto tra i giovani giapponesi, ma sono coinvolti anche  anziani oltre i sessantacinque anni e casalinghe. Alle radici dell’indebita sottrazione di libri, non vi sono ragioni romantiche, come si potrebbe immaginare:  gli autori del furto, infatti, non sono intellettuali squattrinati assetati di sapere, scrittori respinti dalle case editrici o contestatori dell’industria culturale, ma nella maggior parte dei casi dei semplici individui che sperano di raggranellare qualche soldo vendendo il maltolto.
Le grandi librerie riescono, grazie a telecamere ed altri sistemi di sicurezza, a contenere il fenomeno; a farne le spese, come al solito, sono quelle medio-piccole, già in crisi per la concorrenza dei bookshop on line (ben quattromila sono state costrette a chiudere tra il 2001 e il 2007).

[fonte: Japan Times on line; foto tratta da qui]

Guida online per un viaggio in Giappone

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Fioritura dei ciliegi a Kichijoji, Tokyo

Se state pensando di organizzare un viaggio in Giappone,  ma il budget non consente l’acquisto della classica Lonely Planet , allora vi consiglio di dare un’occhiata a questa guida online gratuita: http://wikitravel.org/en/Japan.

Come dice lo stesso nome, si tratta di un wiki, ossia un “sito web (o comunque una collezione di documenti ipertestuali) che può essere modificato dai suoi utilizzatori e i cui contenuti sono sviluppati in collaborazione da tutti coloro che vi hanno accesso”. Il testo, quindi, è stato realizzato da un gruppo di volontari che hanno messo insieme le loro esperienze per dar vita ad un panorama quanto più esaustivo possibile sul Paese del sol levante.

Attrazioni principali, festività, storia, clima, mezzi di trasporto, buone maniere, cibi, bevande, tipi di ristoranti e di alberghi, e molto altro:  la trattazione cerca davvero di abbracciare ogni argomento utile.

Attenzione, però: se cercate informazioni sul tale hotel o su un buon locale dove darci sotto col karaoke, non troverete le informazioni desiderate; diciamo che la guida, sotto questo punto di vista, è un po’ teorica, anche se non mancano indicazioni pratiche sulla sicurezza del Giappone, sulle buone abitudini da acquisire e sui gesti da evitare (soffiarsi il naso in pubblico, ad esempio); inoltre, apposite sezioni sono dedicate ai viaggiatori omosessuali e a coloro che vogliano lavorare o studiare nell’arcipelago nipponico.

Detto tutto ciò, non mi resta che augurarvi buona lettura e buon viaggio!

[foto tratta da qui]

Il drago nel cuore: Shoko Tendo racconta la sua yakuza

Shoko Tendo
Shoko Tendo

Shoko Tendo ha un viso dolce, dall’aria infantile;  inaspettatamente, sulla schiena sfoggia un grande tatuaggio raffigurante Jigoku Dayu, cortigiana dell’era Muromachi,  che stringe un coltello fra i denti. Anche gambe e braccia sono coperte di irezumi, come d’altronde si confà al suo passato: questa ragazza dai tratti delicati e dallo sguardo malizioso ha fatto parte della yakuza (la potente organizzazione criminale nipponica), seguendo così le impronte paterneLe sue drammatiche esperienze sono raccolte ne Il drago nel cuore, ora disponibile presso i tipi della Garzanti (€ 17.60), a cinque anni dalla pubblicazione in Giappone e a due da quella nel Regno Unito (Yakuza moon  – Memoirs of a Gangster’s Daughter).

Ecco cosa ne scrive Marco Del Corona nel Corriere della Sera (qui, invece, è disponibile un’intervista della  scrittrice all’Independent):

[…] Un’ infanzia felice e ricca con il padre gangster, l’arresto di lui, i debiti, l’ alcolismo, gli affiliati che da amici si trasformano in aguzzini. «Odiavo il modo in cui mio padre si comportava – ha raccontato in un’ intervista – ma sono presto diventata come lui. Ero una delinquente strafatta di colla, ero una piccola yakuza, facevo quello che avevo visto fare». A 15 anni il riformatorio. Due tentativi di suicidio. Anni infernali: gli uomini che avevano debiti in sospeso con il padre venivano da lei, si facevano pagare «in botte e violenza». Un pestaggio le devastò il viso costringendola a una plastica ricostruttiva che ora nasconde sotto il trucco e i capelli tinti di castano. «Avevo 19 anni, quasi mi ammazzarono in un’ orrenda stanza di motel. Mi dissi che lì non volevo morire, che dovevo uscirne…». Ne uscì. Il rito d’ iniziazione lo scelse lei, un contrappasso fisico: passati i vent’anni si fece tatuare il corpo come un uomo della yakuza, schiena, braccia, gambe. drago_nel_cuore3Cominciò a lavorare come hostess nei bar, era la Tokio della bolla speculativa, tanti soldi. Il passato si allontanava, anche se «sono orgogliosa che mio padre fosse yakuza, io ce l’ho nel Dna, benché non sia cosa per donne». Ora ha una figlia di nemmeno due anni ed è una madre single, «di questo scrivo nel mio nuovo romanzo». Eppure Tendo deve continuare a coprire il suo corpo, per non essere squadrata con disgusto.* «La società giapponese – ha spiegato a un giornalista occidentale – sembra tanto calma. Ma sotto è tutta un ribollire, con un’atroce discriminazione». La pubblicazione del suo libro per il mercato anglofono [2007] è involontariamente tempestiva. In agosto un rapporto della polizia giapponese ha indicato che la yakuza sta tornando un’emergenza nazionale, investe in Borsa e nell’immobiliare, pronta a penetrare nei consigli d’ amministrazione. Si registra una violenza diffusa record, con 21 delle 33 sparatorie nei primi 6 mesi del 2007 riconducibili a gang; anche un sindaco, quello di Nagasaki, è stato assassinato. È caduta la precaria «pax mafiosa», s’ è fatta soffocante la stretta sulle attività una volta tollerate che sostentavano gli yakuza, dalla prostituzione al gioco. Meno membri (41.500, per la polizia), più cattivi. Non è più, aggiunge Shoko Tendo, il mondo in cui è cresciuta: «Più la polizia li incalza, più si nascondono. Girano meno soldi. Sono nell’ angolo, ma devono pur campare«. La yakuza per sopravvivere cambia pelle. Shoko Tendo si tiene la sua, e per vivere questo le basta. […]

* Ancora oggi, in alcune piscine e in diversi bagni pubblici, non sono ammessi coloro che sfoggiano tatuaggi, proprio perché ritenuti “marchio” della yakuza.

Shibuya Encyclopedia

shibuyaIl quartiere Shibuya è senz’altro uno dei più noti di Tokyo; è conosciuto per l’ampia area commerciale e la folla spesso appariscente, costituita in larga parte di giovani. Uno dei principali simboli della zona è  sicuramente la celebre statua di Hachiko, il cane che aspettò tutte le sere per undici anni il suo padrone alla stazione della metro, inconsapevole della sua morte.
Per decifrare questo mondo e, soprattutto, il suo linguaggio, a volte un po’ complesso anche per gli stessi giapponesi, è stata pubblicata qualche mese fa la Shibuya Encyclopedia 2008, interamente in giapponese.  Il costo ammonta a 940¥ (poco più di 8 €), ed è acquistabile presso questo sito.

[notizia via Arigato]

Dell'arte di leggere libri a scrocco: tachiyomi

tachiyomiDopo anni di convinta e piuttosto spudorata lettura a scrocco in libreria, non può che farmi piacere scoprire il medesimo hobby in un’ampia porzione  di giapponesi.
La pratica nel Sol Levante è chiamata tachiyomi, ossia lettura in piedi, ed è abbastanza diffusa, soprattutto nei conbini (abbreviazione di convenience store, una sorta di minimarket). Otaku, insospettabili impiegati in giacca e cravatta o kogal, non importa: la ghiotta occasione di leggere gratis il manga del momento (quando si ha la fortuna di non trovarlo rivestito di cellophan) o sfogliare l’ultimo numero della rivista preferita non sfugge a nessuno. Il fenomeno, però, non sembra preoccupare più di tanto le librerie, piuttosto tolleranti nei confronti di questi lettori.

[foto tratta da qui]

Distributori automatici di libri in Giappone

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Distributore automatico giapponese di libri

In Giappone, i distributori automatici offrono qualunque tipo di merce: bibite, cibi, ombrelli e persino biancheria femminile usata. Poiché questi apparecchi sono largamente diffusi, qualche tempo fa, una giovane artista, Aya Tsukioka, ha ideato provocatoriamente un indumento alquanto particolare: si tratta di una gonna arancione (vedi foto sotto) che, attraverso pochi, rapidi gesti, consente a chi la indossa di mimetizzarsi in città, assumendo l’aspetto d’un distributore; in questo modo, a quanto dicono, si eviterebbero aggressioni ed altri spiacevoli inconvenienti che avvengono nella giungla urbana.

Chissà se la stilista ha progettato un suo modello ispirandosi alle vending machine di libri, da qualche anno presenti in Giappone e diffuse anche in altre parti del mondo, quali Stati Uniti, Francia e Germania. L’origine di questi marchingegni risale alla fine dell’800, ma sono stati riscoperti soltanto da poco tempo.
Le opere in vendita sono di tutti i generi (si va dal best seller sino ad arrivare ai manga hentai) ed il funzionamento piuttosto semplice: si inserisce una sorta di scheda prepagata, si sceglie l’opera fra quelle presenti e si attende che venga stampata.
Distributori del genere arriveranno mai in Italia? Temo proprio di no.

[Foto tratta da qui]

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