Un grande fervore ha assalito gli spettatori della gara di composizione: il giovane Suldatta ha trionfato con una lirica di rara bellezza e spiritualità, capace di domare le nuvole e il vento dell’animo.
Eppure, il suo cuore è turbato: qualche maligno o, probabilmente, la sua coscienza lo accusano d’aver sottratto i versi che gli hanno procurato gloria e onori al potente drago Chanata, imprigionato per ordine divino in una caverna marina affinché possa sorvegliare il confine tra le acque e la terra ferma per centomila anni, come punizione per i suoi crimini.
Il suggestivo incontro tra i due è narrato con una prosa impalpabile e imbevuta di poesia in un brevissimo racconto di Miyazawa Kenji, Il drago e il poeta (ebook tradotto da M. Cimarelli, ed. Volume, p. 22, € 3,90), capace di coniugare atmosfere fiabesche e insegnamenti buddhisti, dando vita a un’opera originale, dalle profonde risonanze.
Il testo è preceduto da un denso saggio che ripercorre con attenzione le principali tappe della biografia dell’autore. Un’esistenza dimessa, scandita dallo studio, dal lavoro, dall’impegno costante e disinteressato per migliorare le condizioni di vita dei contadini, e, soprattutto, dall’immensa fede nella dottrina del monaco Nichiren, di cui fu divulgatore entusiasta e infaticabile.
Una vita degna per molti versi di un santo, sofferta, la cui la produzione letteraria sa rispecchiare la vibrante vocazione umanitaria e religiosa, senza nulla togliere al fascino dello stile.
Foto tratta da The East e Onmarkproductions.