Oggi ho il piacere di ospitare uno scritto di Mariella Soldo, apparso nel sito internet del GREC (Groupe de Recherche sur l’Extrême Contemporain), dedicato a 1q84 di Murakami Haruki.
Non si tratta della solita recensione, ma di un breve saggio volto soprattutto a mettere in risalto gli aspetti metanarrativi del romanzo (ossia quelli relativi al discorso dell’opera su se stessa e sui meccanismi della scrittura e della letteratura). Questo tema è forse sfuggito a molti lettori, assorbiti dalla trama, ma non al celebre book designer Chip Kidd che, di proposito, per la versione statunitense di 1Q84 (qui a destra) ha scelto una copertina formata da due immagini compenetranti, indissolubilmente legate l’una all’altra.
Detto ciò, vi lascio alla lettura del lavoro di Mariella Soldo:
Ci sono libri inclassificabili, che sfuggono ai personaggi, alle trame, persino allo scrittore stesso, per non parlare del lettore. Ci sono libri, come 1Q84, che non si svelano e che fanno del mistero della narrazione, del suo impossibile e fallimentare controllo, un punto di forza.
1Q84 non è un romanzo, ma più romanzi che s’incrociano su piani diversi della realtà, per confondersi, senza mai tradirsi.
I protagonisti sono Aomame e Tengo, un’assassina e un aspirante scrittore, che sembrano vivere in un mondo parallelo al 1984, in cui avvengono fenomeni inspiegabili, come la presenza di due lune. Apparentemente, Aomame e Tengo non si conoscono, ma le loro vite si attraggono.
Quest’ultimo lavoro di Murakami riassume quasi la sua opera intera, dal momento che alcune tematiche ricorrono spesso. Lo scrittore si dimostra, ancora una volta, un abile narratore, che sa alternare momenti di forza e di debolezza all’interno di un romanzo.
La grande protagonista è, dunque, la narrazione, sconfinata, quasi labirintica, a scapito però dello stile, che, all’occhio di un lettore più esigente, può risultare nel complesso banale.
Per poter dare un giudizio definitivo, occorre aspettare il terzo libro che completerà la trilogia, sperando che quest’ultimo non risolva i misteri, come un semplice giallo, ma li lasci in sospeso, per poter permettere anche a noi di creare mondi, a partire da un romanzo così complesso.«Anno 1Q84. Ecco d’ora in poi lo chiamerò così», decise Aomame. Q è la Q del question mark, il punto interrogativo.
Camminando, Aomame annuiva da sola.
«Che mi piaccia o no, adesso mi trovo in questo anno 1Q84. Il 1984 che conoscevo non esiste più da nessuna parte. Ora è l’anno 1Q84. L’aria è cambiata, il paesaggio è cambiato. Devo adattarmi il più in fretta possibile a questo mondo con un punto interrogativo. Come un animale che è stato trasportato in una nuova foresta, che per proteggersi e sopravvivere deve capire il più presto possibile le regole del luogo, e adattarvisi». (p. 141-142)
Ciao Anna Lisa!
A proposito di 1Q84, ti segnalo quest’iniziativa dell’Associazione Tokyo è vicina (ne ho parlato anche nel mio blog!): «1Q84»: navigando in un mare di punti interrogativi. Giorgio Amitrano parla dell’ultimo romanzo di Murakami Haruki con Maria Teresa Orsi
Si terrà il 2 marzo alle 17 presso l’Upter, in via Quattro Novembre 157!
Si preannuncia come una conferenza molto interessante, spero di poterci andare!
Buona domenica 🙂
Grazie mille per l’info, Daniela; spero di esserci anch’io quel giorno! La condividerò presto con i murakamiani che frequentano il blog. 🙂
Buona domenica anche a te!
non sono così d’accordo. per quanto vi siano alcuni aspetti metanarrativi a me non è sembrato che fossero il fulcro della narrazione, mi è più sembrato che il tema fosse il fascino che esercitano i libri, compreso il “problema” di riuscire a scriverli. e penso anche che questo sia – perlomeno per quel che riguarda i primi due libri – il testo con più “stile” e tecnica di Murakami. è il primo, per esempio, completamente in terza persona (se non mi sbaglio – escludo After dark che ha un punto di vista narrativo un po’ diverso).
leggendo questi primi libri ho avuto l’impressione che fosse assai meno “fresco” rispetto ad altri, e molto più di maniera, senza che questo sminuisca l’opera, che perde in un punto guadagnando in un altro, come se fosse una specie di transizione. lo stile narrativo in sé rimane semplice, credo, come sempre è stato, e sono certo che le tematiche si intuiscono meglio (e così anche la forma del romanzo) se si è letto il doppio volume di interviste sulla strage della setta Aum (Undergroung).
penso anche che quel che molti dicono – che questo è il testo riassuntivo di tutta la sua narrativa – sia più o meno una banalità. è vero che ricorrono molti temi (il ruolo del potere, la possessione fisica, l’integrità intellettuale, eccetera eccetera), ma se ne affrontano anche altri, né questo romanzo risulta essere una sorta di compendio narrativo o stilistico. ha una grossa forma un po’ più complessa del solito – e che aiuta dove il libro ha, per me, alcune carenze – che a volte non sembra poi così complessa mentre delle altre apre tante porte, come un Le mille e una notte che si svolga anche in verticale, ma meno in orizzontale.
dovessi però dire che la narrazione dei primi due libri di 1Q84 è sconfinata non saprei che aggettivo utilizzare per L’uccello giraviti. attendo con pazienza il terzo.