Ma ecco che nel 1839 bruciò anche la sua dimora, che andò distrutta dal fuoco insieme a una messe considerevole di disegni che conservava dai tempi della giovinezza. L’artista riuscì a fuggire in compagnia della figlia Oyei ma non riuscì a salvare che i pennelli.
Pure, si mise a lavoro. L’uomo di ottant’anni, seduto pieno di freddo presso il braciere, nel disordine di uno studio povero, non arresta un sol giorno la fatica delle sue mani attive. Accanto a lui, la figlia disegna, predice l’avvenire ai vistatori o cerca il segreto di un’acqua di eterna giovinezza. Oyei ci ha lasciato un ritratto del padre, eseguito pressappoco nell’epoca in cui anche il vecchio ritraeva se stesso in un mirabile disegno […].
Dietro le fitte rughe e nonostante la prostrazione dell’età caduca, si leggono ancora alcuni grandi tratti nobili, un’espressione attenta e paziente. Protetti da un’arcata sopracciliare che si proietta a strapiombo sulla fronte, gli occhi semichiusi sembrano spiare con un’intensità straordinaria. Ma il mondo delle forme, i passaggi istantanei della vita furono osservati e colti con più passione e perspicacia che attraverso questi occhi. L’estrema vecchiaia non li ha né spenti e neppure indeboliti. Nessun eccesso, nessuna fatica ne hanno turbato la prodigiosa acutezza. La purezza di una vita miserabile e degna ha lasciato intatto il potere del loro sguardo. Il vecchio Manrojin Gakiojin, il pazzo di disegno, già I-tsu, già Hokusai, non beve vino e deve sopportare gli scherzi degli amici pittori e letterati che sapevano condurre una vita di disordini e di piaceri. Ma il pazzo di disegno non ha tempo per diventare uomo di gusti raffinati o per corrompere la propria virtù. Qualche volta in sandali e mantello di paglia si reca a delle riunioni di artisti. Chi è questo vecchio? Un contadino di Katsushika. Ma il vecchio disegna, e tutti riconoscono il genio di Hokusai.
Henri Focillon, Hokusai (trad. di G. Guglielmi, Abscondita, pp. 98-99)
Nell’immagine: sutoritratto di Hokusai, conservato presso il museo Guimet di Parigi