miko shinto
Una miko shintoista, anche conosciuta come “vergine dell’altare”

Il folklore è senz’altro uno degli aspetti più affascinanti della cultura nipponica, ma in Italia è possibile reperire solo pochi testi a riguardo. La pubblicazione dell’e-book Japanese Shamanism. Trance and possession di Daniele Ricci (Volume edizioni, 2012, pp. 21, € 3,58; in inglese) costituisce sicuramente un’occasione per approfondire un argomento avvincente e poco noto, quale la configurazione dell’universo sciamanico estremo-orientale.

Dopo aver esplorato le principali teorie contemporanee legate alla identità e al ruolo dello sciamano nel Giappone tradizionale (rifacendosi in ciò a studiosi del calibro di Mircea Eliade e Ake Hultkrantz), l’autore si sofferma a delinerare alcuni fondamenti per il contesto, quali il concetto di possessione, esperienza estatica e controllo degli spiriti.

Il campo d’indagine si presenta a tratti spinoso e richiede sottili distinzioni concettuali e linguistiche tra medium (miko, fugeki, fujo…),  asceta (gyōja, yamabushi, shugenja…) e sciamano, rivelando nel contempo un insieme di figure tanto suggestive quanto a volte sfuggenti (comprendenti per esempio anche i dai e gli yuta), anche a causa di ragioni storiche.

Di assoluto interesse è la sezione conclusiva del saggio, imperniata sull’analisi del kanji 巫 (fu), che spesso figura in termini riferibili a soggetti capaci di trasmettere oracoli, e quindi di fare da ponte tra una dimensione e l’altra; l’ideogramma non a caso rappresenterebbe una donna che serve “ciò che non ha forma” ed è in grado di far discendere gli spiriti tra gli umani attraverso concitate danzee aeree.

 

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