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Due film dedicati a "Kitchen" di Banana Yoshimoto

Forse non tutti sanno che dal celebre romanzo Kitchen di Banana Yoshimoto sono stati tratti  due film.
Il primo – una produzione in cantonese di Hong Kong – va sotto il nome di Wo ai chu fang (Mi piace la cucina, 1997); è stato diretto da Ho Yim e ha vinto il Puchon International Fantastic Film Festival. Il secondo, realizzato in Giappone nel 1989 con la regia di Yoshimitsu Morita e prodotto per la tv, annovera nel cast Ayako Kawahara, Kenji Matsuda, Isao Hashizume, Akinori Nakajima, Akiko Urao, Saki Matsura, Naoki Goto, Mie Hama, Senkyo Irifunetel e Konobo Yoshizumi.
Dalle informazioni raccolte (non ho ancora visto nessuna delle due pellicole), Wo ai chu fang è ritenuto abbastanza piacevole e fedele al volume, mentre la versione nipponica sembra discostarsi dall’originale e ha ricevuto commenti non proprio entusiasti (potete leggerne alcuni qui).
E ora, ecco una recensione in inglese con alcune scene tratte da Wo ai chu fang:

Chie-Chan e io di B. Yoshimoto al teatro Eliseo (Roma)

chiechanDal 19 al 31 maggio, presso il Teatro Eliseo di Roma, verrà messa in scena una delle ultime fatiche letterarie di Banana Yoshimoto, Chie-Chan e io. Tra gli interpeti: Caterina Carpio, Alessia Giangiuliani, Guglielmo Menconi, Francesca Porrini, Cinzia Spanò; scene di Guido Buganza e regia di Carmelo Rifici.

Adattamento teatrale del nuovo romanzo di Banana Yoshimoto, scrittrice contemporanea tra le più note ed amate, Chie-Chan e io racconta la storia di Kaori, una donna di quarantadue anni, e del rapporto profondo che la lega a sua cugina Chie-Chan, di cinque anni più giovane. È un legame particolare quello tra le due donne, una dipendenza affettiva che mette in crisi la libera esistenza della donna giapponese in cerca di emancipazione. Banana riprende in questo libro, leggero e profondo, alcuni dei suoi temi ricorrenti: la solitudine, la convivenza con la morte e, soprattutto, la famiglia come invenzione. La moda e l’Italia, sono due leitmotiv del racconto. Pur non essendo personalmente vittime del “fashion style”, le due donne vivono costantemente nel glamour. La vita pubblica di rappresentanza si pone così in contrapposizione con il silenzioso e pacato comportamento della vita privata, fatta di monotoni gesti. Il mistero della vita appartata delle due protagoniste ha il potere di colmare il bisogno di affettività in maniera più completa e appagante di quanto la famiglia di origine o un uomo potrebbero fare.

Come se non bastasse, è uscito anche un libro legato alla rappresentazione: Alberi adagiati sulla luce – Chie-Chan e io – L’inseguitore, curato da Giorgio Amitrano, Tiziano Scarpa e Adonis (Feltrinelli, 2008, 189 pp., 9 €)

Yoshimoto e Murakami H. (forse) al Festival della traduzione di Napoli (2010)

Banana Yoshimoto
Banana Yoshimoto

Anche se -lo ammetto- è un po’ precoce dirlo, tenetevi liberi per la settimana  che va dal 22 al 29 novembre 2010: l’Università degli Studi di Napoli l’Orientale, l’Universität Wien e Université Paris VIII hanno infatti programmato per quella data il Festival della traduzione Biennale E.S.T. (Europa Spazio di Traduzione), che si terrà nella città partenopea. Tra gli autori invitati troviamo Banana Yoshimoto, Daniele Sepe, Valerio Magrelli, i traduttori iraniani di Dante e Calvino, Eva Hoffman, Moni Ovadia, Murakami Haruki, Daniel Pennac e Domenico Starnone.
Inoltre, a quanto si dice, la Yoshimoto dovrebbe tenere un laboratorio di calligrafia giapponese a bordo di una nave al largo del golfo di Napoli: per tutti i suoi fan è un’occasione da non perdere.

[Foto tratta da qui]

Libri e fornelli: "In cucina con Banana Yoshimoto."

in_cucina_yoshimotoIl libro di oggi è dedicato agli ammiratori della scrittrice giapponese più amata in Italia: In cucina con Banana Yoshimoto. L’amore, l’amicizia, la morte, la solitudine nel cibo (100 pp., 10 €; in offerta su Amazon a 8,55 €, cliccando qui) di Barbara Burganza, pubblicato qualche anno fa da Il Leone verde.
Prendendo spunti da AmritaHoneymoon e, naturalmente, Kitchen, opera prima della Yoshimoto, la Burganza si sofferma sui temi culinari-letterari presenti in queste pagine, intervallando le parti saggistiche con le ricette originali dei piatti giapponesi.
Detto ciò, non mi resta che augurarvi buone letture e… buon appetito.

* * *

“[…] Quell’estate mi ero dedicata a studiare da sola l’arte di cucinare. Quella sensazione, la sensazione che le cellule del mio cervello si moltiplicassero, è difficile da dimenticare. Comprai tre volumi di introduzione, teoria e pratica della cucina, e mi misi a preparare un piatto dopo l’altro. In autobus o a letto leggevo il volume di teoria e imparavo tutto su calorie, temperature e materie prime. Lo imparavo a memoria. Poi, appena avevo un po’ di tempo, provavo a cucinare. Ancora conservo con cura quei tre volumi ormai completamente a pezzi. Le pagine con le foto a colori mi tornano alla mente come quelle dei libri illustrati che amavo da bambina. Yuichi e Eriko non facevano che ripetere: “Mikage è completamente impazzita!” Cucinavo, cucinavo, cucinavo con l’energia di un forsennato. Usavo in cucina tutti i soldi che guadagnavo con lavori part-time. Se sbagliavo riprovavo finchè il piatto non veniva bene.  Cucinando mi capitava di perdere la pazienza, di innervosirmi, ma anche di sentirmi pervasa da una sensazione di beatitudine. […]”
B. Yoshimoto, Kitchen

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