Un soldato che si chiamava Nobushige andò da Hakuin e gli domandò: «C’è davvero un paradiso e un inferno?».
«Chi sei?» volle sapere Hakuin.
«Sono un samurai» rispose il guerriero. (altro…)
Libri, Giappone e letteratura giapponese
Un soldato che si chiamava Nobushige andò da Hakuin e gli domandò: «C’è davvero un paradiso e un inferno?».
«Chi sei?» volle sapere Hakuin.
«Sono un samurai» rispose il guerriero. (altro…)
Il nome di Stephen Turnbull a molti, probabilmente, non dirà nulla; eppure, se amate il Giappone, ci sono buone possibilità che vi siate imbattuti in lui senza saperlo. Laureato a Cambridge e specializzatosi in storia militare asiatica (in particolare, per tutto ciò che concerne i samurai), ha lavorato come consulente per il videogioco Shogun: Total War e per il film 47 Ronin (ispirato alla celebre omonima leggenda) con Keanu Reeves, che uscirà a novembre in Italia.
A breve, per i tipi L’Ippocampo, verrà pubblicato l’ironico volume dello studioso, Samurai. Il manuale “non autorizzato” del guerriero giapponese (pp. 208, 116 illustrazioni, € 15; solo ora in offerta a 12,75); (altro…)
Martedì 25 gennaio, alle 20.30, presso la libreria Aseq di Roma (Via dei Sediari 10 ), verranno presentati ben quattro volumi dedicati al Giappone, curati dalle Edizioni Mediterranee; il relatore sarà Bruno Ballardini.
I titoli in questione sono: La Mente Senza Catene. Scritti di un Maestro Zen a un Maestro di Spada di Takuan Sōhō; Il Samurai Solitario. Miyamoto Musashi di Wilson W. Scott; Hagakure – All’Ombra delle Foglie. Precetti per un Samurai di Tsunetomo Yamamoto; I Venti Principi Guida del Karate. L’Eredità Spirituale del Maestro di Gichin Funakoshi. Insomma: ce n’è per tutti i gusti.
Quando si parla di samurai, all’uomo medio vengono in mente scene degne di Kurosawa Akira o, al contrario, di uno scalcinatissimo film di serie B, a base di “ghesce” sospiranti e “katane” sguainate.
Nella realtà storica, naturalmente (e per fortuna) le cose stanno in ben altro modo. Ci aiuta a comprendere ciò uno dei testi appartenenti alla cultura nipponica più fraintesi, vale a dire l’Hagakure di Yamamoto Tsunetomo, da poco pubblicato in una nuova edizione realizzata da Francesca Meddi (pp. 87, € 8.0) per la casa editrice Solfanelli (che ringrazio per l’omaggio), corredata di due interessanti saggi di approfondimento trasversale (L’ultimo samurai?, dedicato a Mishima, e Lo stoicismo e lo zen).
Il testo – il cui titolo significa <<All’ombra delle foglie>> – è pù spesso conosciuto come Codice segreto dei samurai, quando in realtà – come viene precisato nell’introduzione della curatrice – era originariamente rivolto soltanto ai giovani appartententi allo stesso han (il territorio retto dal daimyo) dell’autore.
I riferimenti alla morte, alla dignità e all’orgoglio (in ambito pubblico e privato) presenti in quest’opera sono stati e purtroppo sono ancora fraintesi, col risultato di ricondurre tutto ad un’errata e riduttiva visione decadente dei valori del Sol Levante, che avrebbe il suo sbocco naturale nel seppuku di Mishima e nella pratica suicida dei kamikaze della seconda guerra mondiale. In realtà, il reale significato di questi raccolta di aneddoti e aforismi va scoperto pagina dopo pagina, con pazienza, alla luce della storia e dei costumi nipponici.
Concludo citandovi uno dei brani che ho preferito:
Un samurai disse: <<Ci sono due tipi di orgoglio: uno interiore ed uno esteriore. Ma solo se si possiedono entrambi, si rivelerà utile. Paragoniamo l’orgoglio alla lama affilata di una spada: sarà bene che questa venga tenuta riposta nel fodero e di tanto in tanto sguainata, brandita, ripulita e poi nuovamente rinfoderata. Se venisse brandita in continuazione susciterebbe il timore degli altri, allontanando non solo i nemici, ma anche gli alleati. Sarebbe un errore anche il tenerla sempre riposta nel fodero, perché perderebbe la sua affilatura e si ricoprirebbe di ruggine, suscitando il disprezzo e lo scherno della gente.>>
Sempre grazie alla casa editrice Solfanelli, vi segnalo una delle edizioni italiane del cosiddetto Libro dei samurai, ossia Hagakure. All’ombra delle foglie di Yamamoto Tsunemoto; il volume è stato curato da Francesca Meddi, consta di 88 pp. e costa 8 €.
Come ricorda la presentazione,
L’Hagakure, considerato un classico del Bushido, è un manuale per i guerrieri (Bushi) composto da 1300 brevi aneddoti e riflessioni di diverso carattere.
La famosa la frase Ho capito che la via del samurai è la morte, tratta dal Hagakure di Yamamoto Tsunetomo, spesso interpretata parzialmente o addirittura in modo fazioso, condusse talvolta al fanatismo estremo. Emblematico fu a questo proposito il suicidio di Yukio Mishima secondo il rituale del seppuku, il sacrificio di giovani militari giapponesi indotti alla cieca obbedienza per l’imperatore.
Tuttavia, dietro al facile fraintendimento che l’assunto genera, si cela un pensiero diverso; paradossalmente è un invito alla vita, a viverla in ogni suo istante al meglio, ricordando che l’uomo, come ogni altro essere vivente, è destinato a morire.
In questo libro sono stati tradotti gli aneddoti più significativi, quelli che più si accordano al Giappone di oggi, riassumendone gli aspetti sostanziali.
In appendice, “L’ultimo samurai” e “Lo stoicismo e lo zen”, i due saggi della traduttrice Francesca Meddi.
Qui, il concetto del Cuore Zen, soggetto imperturbabile, oggetto della strenua ricerca dei samurai e strumento per superare la paura della morte, è termine di confronto fra il seppuku di Mishima e con quello di Catone.
In questo paragone, la teatralità della morte di Mishima non ha il senso dell’atto patriottico che riscatta il disonore, quanto il gesto estremo di un uomo “(…) che aveva fatto della sua vita uno spettacolo (…)”, e la glorificazione dell’idea romantica della morte. E’, in definitiva, un seppuku quale perfetta conclusione di un dramma, come uno di quelli tante volte raccontati nei suoi romanzi.
Diversamente, la virtù stoica di Catone lo rende simile al samurai, e proprio come un samurai Catone decide di togliersi la vita per seppuku.
(qui a lato: un fotogramma de I sette samurai di Akira Kurosawa)
Ieri, 23 marzo, il grande Akira Kurosawa avrebbe compiuto cento anni. Per ricordarlo, quest’oggi ho scelto una selezione di opere a lui dedicate.
Il primo volume, Akira Kurosawa (ed. Il Castoro, pp. 156, € 11,90) di Aldo Tassoni, il massimo esperto italiano in materia, si propone come una delle migliori monografie in circolazione sul cineasta.
Continuiamo poi con Il cerchio e la spada di Dario Tomasi (lindau, pp. 224, € 19,50), che focalizza la sua attenzione sul celeberrimo I sette samurai, narrando il making of del film e svelando retroscena sulla sua storia.
Concludiamo, infine, citando due racconti di Akutagawa Ryunosuke,
Rashōmon e Nel bosco, fonti di ispirazione per il bellissimo film chiamato, appunto, Rashōmon.
E’ da diverso tempo che nel blog non presento romanzi, ed oggi ho deciso di rifarmi. Ecco a voi, dunque, Il Buddha bianco di Hitonari Tsuji, scrittore e musicista, (traduttore Francesco Bruno, Marco Tropea editore, pp. 256, 16,90 €). Il volume, vincitore del prestigioso Prix Femina Étranger, è una recente uscita che va ad arricchire il panorama bibliografico italiano con un autore già affermato in patria, ma poco o affatto conosciuto da noi.
Questa la quarta di copertina del volume, ispirato alla vera storia del nonno dell’autore:
Sulla piccola isola di Ono, nell’estremità meridionale del Giappone, la famiglia Eguchi si dedica da generazioni alla forgia delle spade, un’arte antica in cui rivive la fierezza dei primi samurai che colonizzarono la regione. È l’inizio del Novecento quando il giovane Minoru decide di seguire le orme paterne e di legare il proprio destino a questo isolato microcosmo rurale, dove il tempo sembra sospeso nell’incanto di tradizioni ancestrali. Con ingegno e forza d’animo, Minoru supera le sfide del progresso che presto cambia il volto dell’isola, i rovesci della sorte, gli orrori delle due guerre mondiali, ma nel suo intimo, attraverso gli anni, riecheggia un tormentoso interrogativo, legato al significato dell’esistenza, al mistero della morte, al valore della memoria. La risposta coinciderà con l’ultima grande prova della sua vita, e avrà a che fare con la visione di un maestoso Buddha bianco che fin dall’infanzia lo sorregge nei momenti bui. Evocativa saga familiare ispirata alla storia del nonno dell’autore, questo romanzo trascende i confini del tempo per affrontare i grandi quesiti dell’uomo, attraverso quella profondità di sentire, quella saggezza filosofica e quella impalpabile levità che sono proprie della cultura orientale.
Noto dalle statistiche che tra voi lettori c’è un buon numero di persone interessate a saperne di più su Mishima e sul suicidio. Vi posto quindi questo articolo, tratto dal Secolo d’Italia del 22.2.08, a firma Ippolito Edmondo Ferrario.
Troverete altri riferimenti al libro L’angelo ferito di Emanuele Ciccarella in questo post.
Da decenni è una delle icone del Giappone tradizionale che, nel dopoguerra, è diventato una formidabile fucina di tecnologia, riuscendo in qualche modo a sintetizzare il proprio passato imperiale con la postmodernità. Stiamo parlando dello scrittore Yukio Mishima, figura complessa ed enigmatica entrata a far parte dell’immaginario popolare anche occidentale. […] Di Mishima rimangono infatti immagini forti, considerate da alcuni sintomo di una via guerriera difficilmente concepibile per un occidentale, foto che lo ritraggono impug nare la katana, la celebre spada dei samurai, e con la testa fasciata dalla chimachi, la fascia bianca recante il simbolo del Sol Levante. Che cosa spinse comunque Mishima a squarciarsi l’addome e a farsi mozzare il capo dal suo giovane discepolo Morita Masakatsu, il 25 novembre del 1970, quando aveva solo 45 anni? Si parlò di una forma di protesta contro l’americanizzazione del Sol Levante. Sul mistero di quel suicidio è uscito un bel libro: L’angelo ferito. Vita e morte di Mishima (Liguori, pp. 342, euro 23,50) di Emanuele Ciccarella, una biografia che fa discutere. Poco prima di morire Mishima aveva scritto: «Noi ci consideriamo gli ultimi rappresentanti della cultura, della storia e delle tradizioni giapponesi. La battaglia deve essere combattuta una sola volta e fino alla morte».
L’articolo e le immagini sono tratte da qui e sono di proprietà dei rispettivi autori.
Prosegue il nostro viaggio tra le case editrici italiane che pubblicano interessanti titoli sul Giappone. Confesso che, quando mi venne in mente di dar vita a questa sezione del blog, temevo di non poter trovare abbastanza materiale, ed invece… 😉
Oggi è il turno della piccola casa editrice casertana L’Aperia, che negli anni scorsi ha pubblicato nella serie Anemoni Robot – Fenomenologia dei giganti di ferro giapponesi e Il fumetto in Giappone dagli anni ’70 al 2000 (dotato di un’appendice contenente l’indice completo delle edizioni italiane dei manga pubblicati in Giappone dal 1976 al 2000), entrambi firmati da Gianluca DI Fratta.
Riguardo al primo,
Attraverso un confronto con la storia e la cultura della robotica in Occidente, i punti di contatto tra le due tradizioni e le influenze reciproche sul piano tecnologico, è possibile evidenziare il valore simbolico assunto dai robot in Giappone. In perenne oscillazione tra un passato remoto di antiche tradizioni e il desiderio di avanguardia nella produzione e nell’anticipazione di un mondo tecnologico, l’immaginario giapponese ha conferito a quesi ultimi l’aspetto di antichi samurai e li ha trasformati in uno stendardo sul quale campeggia l’immagine di un Giappone che racchiude in sé la ritualità del cerimoniale e la precisione meccanica del congegno.
Il secondo fornisce invece
un’analisi storica e letteraria di alcune tra le più importanti produzioni di genere e la loro ingerenza culturale nella società giapponese contemporanea,
senza avvalersi però della tradizionale ottica occidentale e occidentalizzante.
Da quale cominciare? 🙂
Tra le case editrici “japan oriented” presenti alla fiera Più libri più liberi di Roma, ricordiamo anche la Lindau di Torino. Nel catalogo è possibile trovare un buon numero di titoli interessanti per i nippofili, specie se amanti del buon cinema:
Buone letture!
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