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#20peril2020: “Giapponeserie d’autunno” di Pierre Loti

Loti Giapponeserie d'autunno

Loti Giapponeserie d'autunnoTitolo: Giapponeserie d’autunno (trad. di Maurizio Gatti, ObarraO, 2019) 

Autore: Pierre Loti

Cos’è? Queste pagine estratte dai diari di viaggio dello scrittore e globetrotter francese, datate 1895, ci conducono all’esplorazione di un Giappone che sta conoscendo grandi trasformazioni e che, al contempo, sta perdendo poco per volta quelle sue caratteristiche atmosfere capaci di conquistare gli europei come Loti. Malgrado la diffidenza e i pregiudizi dell’autore del romanzo Kiku-san. La moglie giapponese (già pubblicato da ObarraO) nei confronti dei giapponesi siano a volte sin troppo espliciti, le sue descrizioni sono spesso suggestive e ricche di dettagli, dandoci quasi l’impressione nostalgica di sfogliare un vecchio album fotografico. Fra realtà e fantasia esotica, Loti fa così rivivere un Giappone perduto, affollato di risciò, geisha, templi, villaggi…

Una frase d’impatto: [riferito ad alcune statue di dei] “E’ veramente difficile e ossessivo pensare che quelle attese, quei sorrisi, l’esplosione della grandiosità dorata – e i gesti folli degli altri, quelli orribili che stanno in mezzo – siano lì da ore, da giorni, da stagioni, da anni e da secoli, a partire dall’anno mille.”

Consigliato a chi…: vuole rivivere le sensazioni di un viaggiatore di altri tempi.

“Madame Chrysanthème” o “Kiku-san. La moglie giapponese” di Pierre Loti

kiku-san la moglie giapponese pierre lotiClassico è, secondo una delle tante definizioni che se ne possono dare, un libro esemplare per il suo tempo, capace di condensare le atmosfere e il sentire di un’epoca. Rientra appieno in questa definizione un romanzo spesso sottovalutato, Madame Chrysanthème o, nella traduzione italiana curata da Maurizio Gatti per ObarraO (prefazione di Francesca Scotti, pp. 177, 2014, € 14, ora in offerta a 11,90), Kiku-san. La moglie giapponese, pubblicato per la prima volta nel 1887 da Pierre Loti, viaggiatore, avventuriero e scrittore.

Uomo di mare originario della Francia  – nel quale, oltretutto, vi sarebbe più di un semplice riflesso dell’autore -, il protagonista (nonché voce narrante) approda a Nagasaki col preciso intento di trovare una giovane moglie che possa alleviare la sua solitudine e permettergli di dimenticare, almeno per poco, le fatiche dei lunghi viaggi. Sebbene frettolose, le ricerche procedono capillarmente, fra dubbi, esitazioni e rifiuti decisi: quel che in realtà il marinaio desidera è, infatti, una donna creata sulla falsariga degli stereotipi europei, più simile a un fragilissimo giocattolo che a un essere umano dotato di volontà e sentimenti. Ubbidiente, quieta e, a tratti, deliziosamente capricciosa, la ragazza giapponese ideale incarna infatti l’esotico addomesticato, l’inoffensiva e momentanea tentazione del diverso.

kiku san pierre loti
Madame Chrysanthème, Nagasaki, 1885.

Durante un incontro organizzato da un sensale di matrimoni, lo straniero incontra per caso Crisantemo (Kiku in giapponese), che viene ceduta volentieri dalla famiglia in cambio di un degno compenso. L’eccitazione per il matrimonio, però, sfuma immediatamente: già dopo una manciata di giorni di convivenza, il francese mal sopporta la fanciulla, le sue abitudini e – si direbbe – l’intera cultura nipponica.

Seducente ma, al tempo stesso, sottilmente ripugnante, il Sol levante pare all’uomo popolato da una moltitudine di individui meschini e ridicoli, quasi fossero insulse figurine appena uscite da uno dei tanti paraventi esposti nei negozi parigini consacrati all’arte orientale, tanto di moda negli ultimi decenni dell’Ottocento per via del japonisme. I valori, le virtù e i difetti nipponici vengono così costantemente deformati, mal compresi e più di una volta addirittura denigrati dal protagonista, spesso immerso in pregiudizi e rimpianti.

madame chrysanthème pierre lotiPer quali ragioni leggere Kiku-san, allora? Non solo perché l’opera sarebbe stata fra le fonti d’ispirazione della Madame Butterfly di Puccini, ma soprattutto perché fornisce un quadro politically incorrect di come molti europei guardavano all’arcipelago giapponese e ai suoi abitanti sul finire del diciannovesimo secolo, a pochi decenni dall’apertura della nazione asiatica all’occidente. Lo scritto ci offre, infine, l’occasione di riflettere sui luoghi comuni legati al Sol Levante che oggi, tenacemente, resistono, per andare oltre l’immagine – ancora affascinante per alcuni – di un paese adorno di fiori di ciliegio e incomprensibili gentilezze.

Immagini tratte da qui e qui.

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