Innanzitutto: io non sopporto le liste tipo “le-cento-cose-che-devi-fare-prima-di-avere-un-ictus” e la ragione va da sé.
Immaginate dunque la mia espressione nel leggere quella <<1000 novels everyone must read before die>>, stilata dai critici di <<The Guardian>> e pubblicata lo scorso gennaio; certo non può passare inosservato il fatto che, per la stragrande maggioranza, si tratta di opere inglesi e americane, e -diciamocela tutta- neanche di così grande valore.
Per curiosità, ho cercato i testi di autori giapponesi. Il primo nipponico a comparire è Kobo Abe con The face of another (Tanin no kao), nella sezione Family and self, seguito da Teach us to outgrow our madness (Warera no kyōki wo ikinobiru michi wo oshieyo; da noi conosciuto come Insegnaci a superare la nostra pazzia) di Kenzaburo Oe.
La presenza più massiccia si registra nella categoria Love, con The Remains of the Day (Ciò che resta del giorno) del nippo britannico Kazuo Ishiguro, Beauty and Saddness (Utsukushisa to kanashimi to, Bellezza e tristezza) di Yasunari Kawabata, Norwegian Wood (Noruwei no mori, da noi conosciuto anche come Tokyo Blues) di Murakami, Diary of a Mad Old Man (Futen rojin nikki, Diario di un vecchio pazzo) di Junichiro Tanizaki.
Tra i libri di Science fiction and fantasy, troviamo soltanto The Unconsoled di Kazuo Ishiguro; nulla in State of the nation, Comedy (in compenso, è citato libro della saga di Don Camillo), Crime e War and travel.
E Genji, direte voi? E perché Mishima e Akutagawa non compaiono, mentre Stephen King sì? Eh, sì, lo so: la vita sa essere ingiusta.
E la classifica di <<The Guardian>> ancora di più.