Tag: Giappone

Un incubo giapponese: “Oche” di ZZ Packer

zz packer drinking coffee elsewhereE’ stato per colpa della bellezza.

Ecco: se Dina dovesse utilizzare una sola parola per spiegare la causa del suo traferimento in Giappone, forse userebbe quella. Non perché, in fondo, non ci sarebbero ragioni più valide per lasciare Baltimora – la morte della madre, la vita dagli orizzonti stretti, lo squallore del suo quartiere -, ma non può ammetterlo, così, a cuor leggero, di fronte agli altri, a quelli che stagione dopo stagione aspettano che il comune risistemi delle squallide casette in legno e considerano il massimo dell’esotismo mangiare il pollo del take-away cinese.

Dina, comunque, parte. Lavora, viene licenziata, gira per Tokyo, finisce a vivere in un appartamento con altri stranieri come lei. Ha il visto scaduto e la pelle nera: due elementi che certo non le rendono l’esistenza più semplice. Conosce la miseria, la paura, gli espedienti per tirar su qualche yen.

Era un segreto che condividevano; c’erano due tipi di fame: quella in cui puoi fare qualsiasi cosa per il cibo e quella in cui non riesci a fare più niente per procurartelo.

E conosce, soprattutto, alcuni dei lati meno allettanti del paese: l’interesse sessuale che desta negli uomini per via del suo colore, il senso di estraneità crescente e disarmante, la netta divisione fra nipponici e stranieri.

Gli occhi di tutti i giapponesi erano su di loro e per la prima volta Dina si sentì davvero imbarazzata nel senso giapponese del termine. Tutti li stavano guardando e lei non si era mai sentita più straniera di così, così gaijin. Qualcuno rise.

La ricerca della bellezza vale la perdita dell’innocenza? E’ su questa domanda che sembra, appunto, chiudersi Oche, racconto amaro e tagliente tratto dalla strepitosa raccolta Bere caffè da un’altra parte (trad. Enrico Monti, ISBN edizioni, 2006) di ZZ Packer, ambientata nei bassifondi degli Stati Uniti e del sogno americano, dell’ideologia del self-made man. Frivola e disperata, Dina, dall’altra parte dell’Oceano pacifico, non riesce che a sperimentarne l’esatto contrario: l’incubo della self-destroyed woman.

* * *

Per leggere un assaggio del racconto, si veda qui.

Per approfondire: Skin Color and Beauty in Japan

Ebook gratis: “Oriente, Occidente e dintorni…: scritti in onore di Adolfo Tamburello”

oriente occidente e dintorniE’ disponibile gratuitamente online Oriente, Occidente e dintorni…: scritti in onore di Adolfo Tamburello, a cura di Franco Mazzei e Patrizia Carioti (Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, 2010).

Il volume – diviso in cinque tomi – raccoglie oltre cento saggi realizzati da numerosi studiosi e dedicati in special modo (ma non solo) alla cultura giapponese, nonché ai suoi rapporti con l’Italia e l’Europa, sebbene non manchino incursioni in altri ambiti.

L’opera è liberamente scaricabile in formato PDF dalla piattaforma Open Archive dell’Università “L’Orientale” di Napoli a questo link.

Buone letture!

[Recensione] Il seme della parola e la dis/funzione dell’assenza: “L’origine della distanza” di Francesca Scotti

L'origine della distanza di Francesca ScottiVittoria è una come tante, ha un’esistenza come tante: abita con la madre, frequenta l’università, esce con gli amici. Sino a che non conosce Lorenzo: un amore da consumare col cuore in gola, di fretta, con ingordigia, prima che un volo possa strapparlo dalle braccia e portare di nuovo l’uomo in Giappone. E poi, improvvisa, la decisione: anche Vittoria partirà. Da sola, con poche cose, accompagnata da una felice incoscienza, ma cosa importa.

A Kyoto, di Lorenzo nessuna traccia. (altro…)

I sakura e una leggenda giapponese: “Il ciliegio del sedicesimo giorno” (per “Tweet your hanami”)

sakura leggenda ciliegioIn occasione del primo hanami virtuale italiano, Tweet your hanami (qui trovate tutte le informazioni su cos’è e come partecipare), voglio presentarvi una delicatissima leggenda giapponese legata agli alberi di ciliegio: la storia è tratta da Kwaiden. Storie di spettri giapponesi di Lafcadio Hearn, (altro…)

[Recensione] “Gothic Lolita. Storia, forme e linguaggi di una moda giapponese” di Gloria Carpita: un’anima ribelle sotto i merletti

gothic lolita gloria carpitaEnigmatiche, affascinanti, ingenue o ribelli: in occidente sembra facile etichettare le gothic lolita – ragazze che tentano di rievocare l’epoca vittoriana (1837-1901) soprattutto (ma non solo) attraverso l’abbigliamento -, eppure ogni particolare del loro aspetto fisico, dalla veletta all’ombrellino lezioso, cela un messaggio che fatichiamo a comprendere o anche solo a recepire.

Inoltrandosi in un campo sinora inesplorato, Gloria Carpita nel suo Gothic Lolita. Storia, forme e linguaggi di una moda giapponese (altro…)

“Scrivere per Fukushima”: il Giappone dopo il terremoto, dopo lo tsunami, dopo il dolore

scrivere per fukushimaScrivere per Fukushima: sembrerebbe un’operazione impossibile, eppure per certi versi doverosa.

E’ per questa ragione che è nata un’antologia omonima, Scrivere per Fukushima. Racconti e saggi a sostegno dei sopravvissuti del terremoto, cui hanno dato il loro contributo molti nomi della letteratura giapponese (altro…)

[Recensione] “Alle mie amate sorelle” di Nakajima Shōen: pensieri femministi nel Giappone dell’800

kikuchi keigetsu
La geisha che asseconda i desideri maschili. La donna che procede dietro all’uomo, ricalcando i suoi passi. La fanciulla che, silenziosa, sottostà all’autorità del padre, dei fratelli, del marito. Queste alcune delle immagini – e dei luoghi comuni – che affiorano alla mente pensando al Giappone di non molti decenni fa.

A rivoluzionare le nostre idee interviene Alle mie amate sorelle di Nakajima Shōen (1863-1901), interessante raccolta di interventi presentati per la prima volta in italiano daAlle mie amate sorelle Chiara Candeloro (con prefazione di Giuliana Carli; Aracne, 2012, pp. 136, € 9), accompagnati da note e approfondimenti utili al lettore.

Pubblicata nel giornale del Partito Liberale Jiyū no tomoshibi (Il Faro delle libertà) nel 1884, nel cuore dell’epoca Meiji – tutta tesa a trasformare il Giappone in una nazione moderna, industriale e occidentalizzata -, l’opera si configura come un insieme di riflessioni articolato (ma di scorrevole lettura) riguardante le condizioni di vita e di sviluppo delle donne nipponiche, tradizionalmente svantaggiate rispetto agli uomini (sotto il punto di vista familiare, economico, sociale, intellettuale…), «disprezzate e trattate come se fossero serve».

Ispirato alle considerazioni condotte da studiosi e pensatori stranieri (quali il filosofo Herbert Spencer e la suffraggetta Millicent Garrett Fawcett), il testo affonda le sue radici nel contesto e nella storia estremo-orientale, demolendo le argomentazioni utilizzate dai misogini per rivendicare invece eguali diritti e possibilità tra i due sessi in ogni campo

Lo sguardo di Nakajima Shōen spazia così dalle scrittrici Murasaki Shikibu e Sei Shōnagon sino a personaggi quali la zarina Caterina e Maria Teresa d’Austria, per mostrare come le donne posseggano doti e capacità assolutamente pari a quelle virili, spesso purtroppo soffocate da pregiudizi e limitazioni di ogni sorta.

Acuta e caustica, l’autrice non risparmia giudizi taglienti sulla realtà contemporanea e sulle stesse debolezze delle donne, talvolta accusate di esser troppo remissive e preda di facili timori. Eppure, esse dispongono dell’arma più potente, l’unica forse davvero in grado di vincere ogni battaglia. E è a questa che l’autrice si appella quando, all’apice dello sdegno, invoca: «noi donne, tutte insieme, occupiamoci di scacciare questo demone [del potere maschile] utilizzando la forza dell’intelligenza».

 

Immagine: Kikuchi Keigetsu, Fare una passeggiata (1934)

Un Giappone all’altezza del cuore: “La tristezza del petto di pollo nipponico” di Giulio Motta

tristezza_del_petto_di_polloSe state cercando cascate di petali di sakura, languide geisha in kimono o samurai eroici, sappiatelo: La tristezza del petto di pollo nipponico non è il libro che fa per voi. E attenti a non farvi traviare dal titolo: sotto la sua irriverenza si nascondono riflessioni agrodolci e ironiche su numerosi aspetti del Sol Levante, nazione in cui l’autore, Giulio Motta – programmatore, musicista, traduttore di videogiochi nonché comico – risiede dal 2005.

Ed è proprio in Giappone che lui ha vissuto, insieme a sua moglie Asami e al loro bambino, molte delle incertezze legate al terremoto dell’11 marzo 2011 e, soprattutto, alla minaccia di una catastrofe nucleare; incertezze che, fra mille dubbi, lo hanno riportato con tutta la famiglia per qualche mese in Italia, senza che le preoccupazioni per il paese estremo-orientale potessero cessare.

Scritto ‘di pancia’ e lungi dal volersi presentare come un’opera che idealizza o si scaglia aprioristicamente contro il Giappone, La tristezza del petto di pollo nipponico piuttosto appare – anche per via della sua sincerità disarmante e del suo linguaggio talvolta caustico – un ibrido tra un romanzo e una pagina di diario, in cui l’autore riversa dubbi, paure e speranze riguardanti il presente e il futuro non soltanto della propria vita, ma dell’intero Giappone.  

Emblema e culmine di tutto ciò diventa, quasi per caso, una serata tra amici in una pizzeria giapponese, che ben presto prende pieghe inaspettate e quasi surreali: a zonzo in una Tokyo fatta di konbini, locali kitsch e love hotel, tra ragazze fetish, bassisti poco loquaci, salarymen in cerca di emozioni forti, riuscirà il nostro eroe a comprendere quale sia il suo posto nel mondo?

Ps: qui, per chi fosse curioso, il primo capitolo del volume.

“Il violoncellista Gōshu” e gli haiku di Matsuo Bashō: due video dallo spettacolo “L’odore intimo del Giappone”

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