Yu Miri - Paese dei suicidi

“La vita [è] piena di buchi e crepe”: è questo che Mone pensa. Adolescente, sola seppur circondata da amiche e parenti, percepisce in modo confuso ma intenso il carattere disfunzionale di ciò che la circonda. Le relazioni con le coetanee sono superficiali, quelle con la famiglia basate su bugie e omissioni reciproche; il sistema scolastico, con lo spettro del fallimento sempre in agguato, schiaccia la ragazza; la situazione post-Fukushima, con la società e la politica lacerate, la disorienta.

Mone è in dubbio se continuare a vivere – o, perlomeno, se vivere un’esistenza scandita dai litigi dei genitori e dalle uscite con compagne che, in fondo, non l’apprezzano -, ma non sa come, né perché. E così si avvicina al forum virtuale Ricette per principianti, in cui un gruppo di sconosciuti progetta assieme la morte. Quel che sogna la teenager è, infatti, esser

Senza preoccupazioni.
Poter parlare senza preoccupazioni.
Poter andare senza preoccupazioni.
Poter morire senza preoccupazioni.

Ne Il paese dei suicidi (a cura di Laura Solimando, Atmosphere libri, 2020), uscito nel 2011, all’indomani del terremoto del Tōhoku e dell’incidente di Fukushima, attraverso la quotidianeità di Mone, Yū Miri ci offre il ritratto di un Giappone attraversato da tensioni e contraddizioni, paure e incomprensioni, tanto a livello dei singoli che di collettività.

Tutti pensavano che fosse stato commesso un errore, ma chi era il colpevole?
Il Giappone?
Il ministero dell’Economia?
L’Agenzia della sicurezza industriale e nucleare?
Il ministero dell’Educazione?
La TEPCO?
Il primo ministro?
Il segretario del gabinetto?
Il governatore della prefettura?
Il sindaco?
I cittadini della prefettura, i cittadini della città?
Gli scienziati?
I medici?
I fisici?
I mass media?
Avevano sbagliato tutti?
Tutti?
Ma tutti chi?
Chi aveva sbagliato?
Chi, cosa, dove e in che modo aveva sbagliato?
Era giusto dire che tutti avevano sbagliato, ma allo stesso tempo non lo era. Gli errori non si potevano correggere se le persone accusate non ammettevano di aver sbagliato. Gli errori rimanevano tali, venivano solo ripiegati e rimessi al loro posto.

La stessa Tōkyō in cui si svolgono le vicende si mostra nella sua ambiguità: da un lato è la città dal passato pregno di tradizioni e leggende, dall’altro una giostra vorticosa che ogni giorno risucchia milioni di individui. Yū Miri non ci offre àncore di salvezza: come Mone, lettrici e lettori sono trascinati in una realtà che non offre appigli né certezze.

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