
Eccolo, finalmente, sotto spessi strati di immacolata carta velina. Ha pieghe, macchie, orecchie. La quarta di copertina è andata persa chissà come. Le pagine – tenute saldamente assieme da due grosse graffette arrugginite – sono ingiallite, impregnate di un sottile ma persistente odore di muffa. Eppure, al momento di sfogliarlo, mi tremano le mani. Della grandezza di un palmo per poter abitare tasche e sacche, ha probabilmente già toccato tre continenti – America, Asia e Australia, da dove mi è stato spedito – prima di arrivare sulla mia scrivania, consunto e quasi spossato dagli anni, dalle memorie, dal viaggio.
È, infatti, una delle copie del frasario giapponese in dotazione alle truppe americane nella seconda guerra mondiale, come ricordano la data (February 28, 1944) e i perentori avvertimenti (“for military personnel only”; “[it] is not to be republished in whole or in part without the consent of the War Department”, ecc.).
Il libretto è articolato in dodici sezioni: Emergency expressions, General expressions, Personal needs, Location and terrain, Road and transportation, Communications, Reconnaissance, Landing a plane, Numbers, size, time, etc., Additional terms, Important signs (che riporta il significato dei principi cartelli giapponesi) e, infine, Alphabetical word list. In ciascuna parte, le pagine vanno lette a coppia: nella prima colonna, a sinistra, è riportato un termine o un’espressione in inglese, nella seconda la sua pronuncia giapponese (utilizzando, come suoni di partenza, quelli americani), nella terza la trascrizione Hepburn del termine o dell’espressione equivalente in giapponese, nella quarta e ultima la trascrizione in kanji (ideogrammi), hiragana o katakana (i due sillabari utilizzati in giapponese). Così, per esempio, meat (‘carne’), è rispettivamente seguito da: nee-koo (pronuncia per parlante americano), niku (trascrizione Hepburn) e 肉 (ideogramma di ‘carne’).
Sfogliando il volume, accanto a frasi prettamente militari che danno ancora un brivido (come How many machine guns are there? ‘Quante mitragliatrici ci sono?’), se ne trovano altre teneramente umane – This package contains books/candy (‘Il pacco contiene libri/dolci’) -, accompagnate da lunghi elenchi di oggetti quotidiani (talco, lampadina, rasoio da barba, lassativo, insetticida…). Piccole, quasi impercettibili tracce del bisogno – non solo pragmatico – di ritrovare una parvenza di normalità nell’estrema precarietà.
L’immagine in bianco e nero è tratta da qui.