Malgrado il mio interesse per la cultura giapponese, sono relativamente pochi i blog e i siti a riguardo che seguo con costanza; Tradurre il Giappone è fra questi oramai da molto tempo.
Di questo spazio online, più di ogni cosa, apprezzo l’originalità e il taglio piacevole ma mai semplicistico che Daniela – traduttrice dal giapponese e dall’inglese, nonché impiegata presso l’Istituto giapponese di cultura a Roma – sa conferire ai suoi articoli.
Proprio alla traduzione e alla lingua giapponese è dedicata la sua intervista di oggi, che sono felice di poter condividere con voi.
Daniela, per prima cosa, grazie mille per la disponibilità. Innanzitutto, come e quanto alleni il tuo giapponese?
Cara Anna Lisa, grazie a te per questa intervista e per ospitarmi sulle pagine del tuo bellissimo blog. Per me è sempre un piacere poter fare due chiacchiere sulla traduzione.
Dunque, riconosco che ho l’immensa fortuna di lavorare in un contesto che mi fa vivere e respirare il Giappone e la sua lingua ogni giorno: ciò mi permette di tenere allenato soprattutto l’orecchio e la conversazione, probabilmente quegli aspetti che più di tutti si rischia di perdere se non si vive in Giappone. Per il resto, cerco di tenermi in allenamento principalmente leggendo giornali e riviste quasi giornalmente, se ho tempo anche libri e manga. Probabilmente l’aspetto che ho curato meno negli ultimi anni, ahimè, è la scrittura: la mia grafia in giapponese è pessima, e il fatto di scrivere sempre al computer non aiuta affatto, su questo dovrei lavorare molto di più in effetti.
Molti amanti della cultura nipponica sono incuriositi e affascinati dalla professione del traduttore dal giapponese: che percorso suggeriresti a chi volesse intraprendere questa carriera? Quali studi e/o esperienze sono, secondo te, imprescindibili? (Intanto vi consiglio di dare un’occhiata a questi sue due post: [1] e [2])
Faccio subito una premessa: purtroppo in Italia oggi non esistono corsi specifici mirati alla traduzione del giapponese. Io ho studiato a Roma, dove ho potuto frequentare un corso di laurea, che oggi non esiste più, di Traduzione Letteraria e Tecnico Scientifica dal giapponese, grazie al quale ho potuto approfondire la conoscenza del giapponese anche in ambiti specialistici, come quello turistico, legale, letterario, ed esercitarmi giornalmente con la traduzione, aspetto che di solito nei normali corsi di lingue all’università viene poco curato. Il corso non era assolutamente perfetto, anzi, ma resta comunque un vero peccato che non si dia la possibilità agli studenti universitari di approfondire maggiormente l’ambito della traduzione con corsi più mirati.
Detto questo, a chi vuole cimentarsi in questo percorso chiederei, per prima cosa, se ci ha pensato bene. Scherzi a parte, non è un mondo semplice, oggi il giapponese è una lingua molto studiata, la concorrenza è tanta e spietata e il settore della traduzione oltre a essere saturo, spesso è sottopagato (quando case editrici o committenti si ricordano che non si traduce per la gloria).
Se tuttavia si è pronti ad affrontare tutte queste difficoltà, io consiglierei di frequentare un buon corso universitario, per approfondire sia il discorso linguistico che culturale, che rimane imprescindibile se ci si vuole occupare di traduzione, specie in ambito editoriale. Ma l’università e la laurea costituiscono solo un punto di partenza. Nel mondo di oggi è necessario specializzarsi, continuare a studiare e aggiornarsi, frequentare seminari di traduzione, imparare l’uso dei CAT tools (strumenti di traduzione assistita, per chi si occupa di traduzione tecnica); anche fare esperienze che apparentemente non c’entrano nulla col Giappone è lo stesso importante, vi permettono di acquisire nuove competenze che potete poi sfruttare nella traduzione, e ovviamente è indispensabile viaggiare, cercando di vivere in Giappone il più a lungo possibile. Oltre a tutto questo, è anche necessario continuare a studiare e coltivare la propria lingua madre, quindi leggere tanto e leggere bene. Non tutti forse lo sanno, ma un buon traduttore deve anzitutto conoscere alla perfezione la propria lingua madre, prima ancora della lingua straniera, altrimenti non si va da nessuna parte.
Quali sono gli strumenti o gli oggetti che non possono mancare mai sulla scrivania di un buon traduttore dal giapponese?
Ovviamente i dizionari, in tutte le forme e aspetti (cartacei ed elettronici, monolingua, di kanji, di bunkei, di italiano, di sinonimi e contrari), e chiaramente Internet, la più grossa risorsa che un traduttore può e deve assolutamente sfruttare, anche per avere la possibilità di confrontarsi con altri traduttori (vedi le community di traduttori come Proz.com, una vera e propria piattaforma di scambio e confronto con i colleghi traduttori di tutto il mondo).
E tu che ambiente preferisci creare attorno a te quando devi lavorare?
Eheh, io ammetto di essere una disordinata cronica, quindi quando traduco sulla mia scrivania vige di norma il caos: dizionari affastellati uno sopra l’altro, libri di grammatica (italiana e giapponese), appunti e post-it sparpagliati in ogni dove. Ai tempi della traduzione di Kiki [n. d. r.: Kiki’s delivery service. I nuovi incantesimi di Kiki, di Eiko Kadono, tradotto da Daniela per Kappa Edizioni], ovunque andavo mi portavo dietro un pacco di post-it: la mente di un traduttore non si ferma mai, e ti capita nei momenti più inaspettati di trovare la traduzione perfetta a quella frase che tanto ti ha fatto penare, quindi hai il bisogno di appuntarla immediatamente prima di perderla. O almeno, io funziono così!
Per il resto, intorno a me deve regnare il silenzio assoluto, è proibita qualunque distrazione, siamo solo io e il testo da tradurre. A volte però è necessario un breve distacco per recuperare lucidità e idee, così dopo alcune ore di lavoro interrompo tutto per dedicarmi ad altro, che sia un po’ di tv, musica, o banalmente alle faccende domestiche. Questo mi permette di liberare la mente, e tornare alla mia traduzione con occhi nuovi, consentendomi così una rilettura più fluida e naturale.
Quali sono tre libri giapponesi che avresti voluto tradurre tu (o, nel caso non siano stati ancora tradotti, che vorresti tradurre)?
D: Tra i primi romanzieri giapponesi che ho letto e scoperto c’è lui, Murakami Haruki, di cui avrei amato tradurre Norwegian Wood, uno dei romanzi più amo, ma anche 1Q84, che avrei vissuto come una vera sfida. Un’autrice invece che ho scoperto relativamente tardi e con la quale mi piacerebbe confrontarmi è Yōko Ogawa, la sua prosa è allo stesso tempo affascinante e respingente, ed è sicuramente una della autrici contemporanee più interessanti, sono felice di vedere che esistono molte traduzioni in italiano delle sue opere. Infine, un progetto a cui tengo e che spero un giorno di poter realizzare è legato alle poesie della bomba atomica, argomento di cui ho parlato anche nel blog; in particolare mi piacerebbe far conoscere l’opera di Kurihara Sadako, hibakusha, poetessa, nonché attivista contro il nucleare. Mi rendo conto che potrebbe sembrare anacronistico pubblicare poesie relative alla seconda guerra mondiale e al bombardamento atomico, ma io penso che il sentimento anti-nucleare oggi sia più vivo che mai, alla luce del disastro avvenuto a Fukushima in seguito al terremoto del 2011, e rileggendo oggi i suoi saggi e le sue poesie contro il nucleare e contro la scelta del Giappone di dotarsi di centrali nucleari, mi rendo conto di come le sue parole siano state profetiche, e di come il suo messaggio risulti più che mai attuale.
Infine, una curiosità: qual è la parola o espressione giapponese che preferisci e perché?
D: 七転び八起き Cadi sette volte, rialzati otto. Vale a dire non arrendersi mai, continuare a lottare per realizzare i proprio sogni e le proprie aspettative, anche quando sembra tutto difficile e si continua a cadere.
Immagine tratta da PresentationZen.
Grazie Annalisa per avermi fatto scoprire un altro blog interessantissimo e ricco di informazioni. Anche se conosco davvero molto poco il giapponese, e sono troppo pigra per poter anche solo sognare di impararlo, è una lingua che mi incuriosisce e mi interesserà sempre. Il blog è davvero interessante, consiglio a tutti di esplorarlo.