Città dei neon e degli alberi di ciliegio, centro propulsore della finanze, cuore pulsante della cultura pop in tutte le sue declinazioni, simbolo planetario della tecnologia, sede dei nekocafè e della residenza imperiale… : romanzi e saggi ci hanno abituati a immaginare la capitale del Giappone sotto mille differenti punti di vista, ai quali però mancava – per lo meno in Italia – quello urbanistico e architettonico.
Pone rimedio a ciò Tokyo. Ritratto di una città di Manuel Tardits (prefazione e traduzione di Federico Simonti, con illustrazioni di Nobumasa Takahashi e Stéphane Lagré, Odoya, 2013, pp. 320, € 20, ora in offerta a 17), volume illustrato curatissimo sin nei minimi dettagli, apparso pochi mesi fa nel nostro paese.
In ben ottantacinque brevi ma densissimi capitoli, l’autore – architetto con una lunga esperienza in estremo-oriente – seziona, analizza e ricompone ogni aspetto della città, indagandola con occhio attento ed evidenziandone i rapporti con gli elementi vicini o l’ambiente circostante. Ma, soprattutto, Tardits cerca di farci penetrare nella stessa concezione nipponica del paesaggio e dell’urbanizzazione, diversa sì da quella europea (e, in particolare, italiana) – a cui però talvolta si ispira -, ma altrettanto ricca di suggestioni; una concezione in cui quelli che per noi sarebbero evidenti diasarmonie o insanabili conflitti trovano invece conciliazione e sanno persino, se ben dosati, creare bellezza. Per far ciò il saggista interseca conoscenze e competenze da più ambiti (giuridico, storico, geologico, economico, e persino letterario), riuscendo a fornire un quadro complesso e ricco.
Tokyo si rivela così non semplicemente un nugolo di contrasti – nuovo/antico, tradizionale/ipermoderno, essenziale/eccessivo -, quanto la città colma di ogni cosa ma dal paradossale centro vuoto (vedi Barthes e il suo Impero dei segni), in cui sperimentare la discontinuità e il fascino dell’alterità.
Foto tratta da qui.