contest Biblioteca giapponese libri tèIn occasione del quinto compleanno del blog (di già?!), nato nell’ormai lontano ottobre 2008, ho deciso di ringraziarvi per l’affetto e la costanza con cui mi seguite con un contest che ha per ingredienti due delle cose che preferisco al mondo: la letteratura e il tè.

Partecipare al concorso è molto semplice: basta pensare all’autore o al personaggio della letteratura giapponese con il quale vorreste prendere un tè, e scrivere un commento alla fine di questo post con il suo nome, magari specificando anche la ragione.

Per esempio:
Vorrei bere un tè con Murakami perché…
Il mio sogno? Un tè fra paraventi e sete fluenti con Genji [ecc. ecc.]

Eventuali commenti lasciati in un luogo diverso da quanto indicato non saranno ritenuti validi.

Per quanto riguarda i testi, potete sbizzarrirvi, scrivendo poche parole o un’intera pagina, e aggiungendo tutti i dettagli che preferite – l’aroma del tè che vorreste degustare, la consistenza delle pagine, i particolari dell’incontro immaginato…  -.

Chi vince e cosa si vince? Ci sono diverse possibilità:

  • Il commento che mi piacerà in assoluto di più vincerà un libro e del tè; il secondo in ordine di mio gradimento del tè e un oggetto a tema Giappone.
  • Il primo commento estratto a sorte con Random.org vincerà a sua volta un libro e del tè, il secondo del tè e un oggetto a tema Giappone.

Tutto chiaro, no? Per ogni partecipante è previsto uno e un solo commento. Mi riservo di squalificare tutti coloro che inoltreranno commenti inappropriati e/o offensivi, o mostreranno un comportamento maleducato oppure lesivo nei confronti altrui. Il contest inizia oggi, 27 ottobre, e termina il 20 novembre 2013 (scadenza prorogata al 30 novembre 2013).contest Biblioteca giapponese tè libri

I vincitori saranno avvertiti via email: in caso di mancata risposta al mio messaggio entro una settimana, passerò a estrarre e/o a scegliere un vincitore sostitutivo.

Se ci sono domande, chiedete pure. Nel frattempo, in bocca al lupo a tutti!

67 commenti il Contest “Un tè con…”: in palio libri di letteratura giapponese e tè

  1. E’ difficile scegliere un autore solo in un panorama così vasto come quello nipponico. E’ davvero tedioso dover scartare qualcuno altrettanto meritevole come Haruki Murakami (magari ascoltando del buon jazz, la sua sorta di musa ispiratrice), Hitomi Kanehara (per chiederle faccia a faccia la sua esperienza nell’universo più underground e scabroso del Giappone) o Mishima (il Pasolini giapponese) ma sinceramente mi sento di dire che adorerei bere una buona tazza di tè con la Yoshimoto. L’atmosfera sarebbe decisamente calorosa ed intima, ma non per il tè, bensi il suo approccio a tutto tondo verso la scrittura e la vita in sè. Mi piacerebbe tantissimo parlare con lei soprattutto della situazione attuale delle nuove generazioni giapponesi, sempre più isolate, distaccate e immerse in una realtà virtuale ed asettica. Vorrei tanto sapere se secondo lei ci sia un modo per ravvivare quei cuori assopiti, che ormai battono solamente fisiologicamente parlando ovunque, in questo mondo attanagliato da una crisi non solo economica, ma anche di valori.
    PS: accompagnerei volentieri il thè con qualche pasticcino!

  2. Sei Shonagon. Nessun altro nome, sebbene ce ne siano tanti, sebbene siano tanto meritevoli ed alti.
    Sarebbe una bellissima sera autunnale, accovacciate sui tatami di quella che vorrei fosse per assurdo la mia tradizionale casa giapponese, aperta ad un giardino tutto rosso reso tanto scuro dalla notte che avanza.
    Le offrirei un tè verde, qualcosa di quotidiano, sperando si senta tranquilla, capace di poter dire quel che le passa per la testa, quel che il contorno le suggerisce.
    L’ascolterei in silenzio e senza pretese e se pure non dicesse niente, l’ascolterei lo stesso.

  3. Prenderei un buon tè con Kawabata chiedendogli di leggermi l’incipit di “Bellezza e tristezza” che ritengo sia uno dei più belli che io abbia letto, paragonabile, a mio parere solo con quello di “Resurezione” di Tolstoj. Sono sicuro: sarebbe il miglior tè del mondo!

  4. Appena ho letto il tema ho pensato proprio di prendere il te con il principe splendente! E poi vedo che lo hai messo proprio ad esempio e mi sembra di copiare >_<. …
    Comunque lo prenderei con Hikaru Genji, ma non nel periodo della sua esuberante gioventù, piuttosto al tempo dell'esilio. Lontano dalla futile Corte, sulle coste del mar del Giappone, quando una maggiore maturità lo rende a me più attraente. Magari acconciata adeguatamente, vestita di kimono preziosi, su una terrazza che dà sul mare burrascoso, lasciandomi corteggiare con discrezione mentre gusto un te prezioso quanto il momento che sto assaporando

  5. L’atmosfera è magica nell’antica Kyoto, il rosso autunnale degli aceri invoca gare di waka ed artisti all’opera nell’immortalare queste sfumature di colori su una stoffa o su un paravento… Ed io sono lì ad ammirare il tutto davanti una ciotola di ocha assieme allo splendente Hikaru Genji uscito come un sogno dal libro di Murasaki Shikubu… Resterei ad ammirarlo per ore nella sua raffinatezza, non chiederei altro…

  6. Frequento da poco la letteratura giapponese e non sono esperta di tè ma sono affascinata dall’una e dall’altro e vorrei addentrarmi di più in questo mondo. Tutto questo per colpa o meglio per merito di Murakami! L’ho incontrato per caso in biblioteca, semplicemente perché mi piaceva il titolo di un suo libro, Kafka sulla spiaggia e … sono rimasta folgorata. Da tempo un libro non era riuscito a coinvolgermi e ad incantarmi a quel punto. Quindi, sarei felice di prendere un tè con questo scrittore, naturalmente lascerei a lui la scelta della miscela. Se poi l’ incontro potesse avvenire in uno di quei locali affollati da gatti, sarei felicissima!

  7. L’Uomo Pecora! Lui ha le risposte a tutte le mie domande.
    Sarebbe un tè all’aperto, di notte naturalmente, in un bosco di cedri. Nel freddo novembrino, accucciati davanti ad un fuoco improvvisato con pochi rami resi umidi dalla brina notturna. Fuoco che poco illumina e meno riscalda. Potrebbe finalmente spiegarmi il collegamento fra tutte le coincidenze, casualità e dejà-vu della mia vita. Come la settimana scorsa, ad esempio. Parlo al telefono con la segretaria personale di un noto regista-documentarista, ha bisogno di me per sbrigare alcune pratiche relative all’attivazione di alcune utenze del Sig. Q. Un paio di sere dopo, scorrendo distrattamente i canali televeisivi, mi imbatto in un suo documentario girato più di trent’anni fa in Siria. Nel documentario viene citato il libro di un noto scrittore esperto della “questione mediorientale”. L’altra mattina, poi, mi pigio nella metro affollatissima dell’ora di punta e cerco di sbirciare da sotto il titolo del libro che sta leggendo il mio vicino, lui se ne accorge e sorridendo apertamente mi mostra la copertina: è il libro!
    Che siano segni? Bah, l’Uomo Pecora lo sa.

  8. Io non condivido con nessuno il mio momento del tè, è un piacere individuale che voglio assaporare nella più totale intimità. In quegli attimi le voci altrui mi disturbano come rumori fastidiosi.
    Ma se per assurdo fosse possibile sorseggiare tè in compagnia della dama di corte passata alla storia col nome di Sei Shonagon, allora sarei io a pregarla di parlare tutto il tempo. La supplicherei di concedermi il piacere di ascoltare le sue osservazioni acute sugli uomini e le donne mentre porto alle labbra la mia tazza di oolong. Sarebbero forse concetti che già conosco, visto che ho letto tante volte le sue Note del Guanciale. Però soddisferei la curiosità più grande che sento in me ogni volta che li rileggo: udirli raccontati dalla sua voce. Perché, anche se come dicevo gusto il tè da solo, in realtà tante volte l’ho bevuto insieme a lei. Però, di lei c’era solo un volto immaginato.

  9. Non è stato difficile ottenere un incontro. Da una conoscente mi sono fatta scrivere una adeguata presentazione, ma la signora in questione è una donna notoriamente molto socievole. La mia intermediaria mi ha anzi confidato che Kazu – san ha manifestato una certa sorpresa dalla mia richiesta. In verità, adesso che sono stata fatta accomodare in una discreta saletta riservata del ristorante, forse molto più appropriata per altro genere di incontri, di carattere clandestino, o anche più semplicemente romantico, mi sento un pò a disagio.
    Di questa donna conosco la storia raccontatami da Mishima nel suo romanzo.
    Ne sono rimasta affascinata. Forse non si tratta di una dama elegante come una Murasaki, o una Shonagon – ma, del resto, alla loro epoca il tè non era ancora una bevanda così prepotentemente presente nella cultura giapponese e poi dubito che mi avrebbero mai ricevuta. Con un autore come Murakami, e con tutti i suoi personaggi potrei bere una birra, o anche un alcolico a più alta e raffinata gradazione. Con Banana Yoshimoto e le sue creature potrei mangiare un gelato, o dei dolcetti kawaii. Avrei potuto chiedere di condividere il gradevole e sacro momento del tè con una scrittrice che amo, come Enchi Fumiko, o come Yoko Ogawa…ma c’era sempre questa donna, mirabilmente descritta, non abbastanza fine, forse, non abbastanza colta, forse, ma la cui caparbietà così argutamente descritta da Mishima mi ha affascinata da subito, che tornava continuamente a riproporsi nella mia mente.
    Non conto di trattenermi che una mezzora, al massimo, in fondo si tratta di una donna molto impegnata. La mia non è curiosità, e certo non sarei capace di fare una intervista. Spero semplicemente di riuscire a trovare un modo, indiretto ma non troppo, per esprimere a Kazu – san la mia ammirazione per la sua forza, per il suo coraggio ed anche, forse, per la sua durezza e il suo orgoglio.
    Solo questo, e penso che sarà una esperienza indimenticabile.
    Il libro, “Dopo il banchetto”, è nella mia borsa. Le mie dita sono posate su di essa e ne percepiscono attraverso la stoffa i contorni della copertina. Ciò mi rassicura. Uno shoji scivola leggero e una ragazza in kimono si inchina e dispone sul tavolino un piattino con dei dolcetti color nocciola, con un piccolo disegno di castagna stilizzato sopra. Sussurra qualcosa, tanto a bassa voce che non capisco. Ma annuisco comunque. La signora Kazu sta per arrivare.
    Sono pronta.

    Barbara Gazzea (Roma)

  10. Quando s’ode il quinto rintocco dell’orologio, m’è capitato spesso d’incontrare le parole di Jun’ichirō Tanizaki oltre le profumate nuvole del mio tea pomeridiano. Il corpo abbandonato sui cuscini, il cuore nudo a scandire il ritmo soffocante di quei sentimenti oscuri che condivido. Ho imparato a selezionare il tea pomeridiano sulla base delle emozioni delle sue pagine, che interrompevo con un nastro di seta rosa estratto dalla mia raccolta di materiale per il cucito. L’intenso rosso delle passioni suscitate, il candore di una pagina.

    Indossando la maschera del “se” io e lui possiamo incontrarci.
    Dove? In quel luogo indefinito che si trova oltre le pagine di un libro chiuso posato non troppo lontano.
    Come? Sarebbe una degustazione privata di tea il cui tema ruota intorno all’Occidente e all’Oriente. Il rito del tea, dai classici trattati entrati a far parte della letteratura cinese a Sen no Rikyu. Chiederei la sua opinione sull'”apertura” di Okakura alla conoscenza per occidentali della cultura del tea orientale. Sceglieremmo i tea da assaggiare partendo dall’estetica delle “tin” e da come queste si sposino con il loro contenuto. Occhi, naso, orecchie tutto tenderebbe alla comprensione data dalla scoperta. Dal tea verde, al nero. Ascolteremmo il rumore di foglie che si aprono nell’acqua dove s’agitano bolle non più grosse delle uova di un pesce. L’estetica delle tazze, tutte diverse per creare un quadro di imperfetta arte che tende alla perfezione, suggerirebbe il nostro viaggio in Occidente. Dall’Olanda prima conoscitrice, alla Francia prima degustatrice, all’Inghilterra divenuta icona per arrivare alla Russia, dai forti sapori, e l’India, con i suoi mille regni all’ombra degli alberi di tea fattisi cespugli.
    Forse non ci scambieremmo una parola, ma nel silenzio interrotto dallo scorrere del tempo a tirmo di tea ritroveremmo le nostre reciproche suggestioni… perdendoci nell’estasi di ritrovare i nostri dolori resi dolci dal tempo del ricordo.

  11. Mi immagino seduta con Murakami in una casa tradizionale giapponese, in ginocchio entrambi sul tatami con indosso due yukata blu. é estate, e siamo seduti vicino ad una delle enormi finestre scorrevoli che danno sul giardino: soffia un vento caldo che ci solletica i sensi e un gatto dorme sul patio… Berè un the con Murakami per me significa immergersi nella poesia dei suoi libri.

  12. Sono nella hall di un albergo a Roma e aspetto, seduta su uno dei divanetti, che il mio accompagnatore si presenti. Si, il luogo dell’appuntamento non è casuale, a Roma è stato concepito uno dei suoi capolavori, il romanzo che mi ha introdotto alla sua scrittura, che ha fatto nascere questo amore letterario che dura ormai da quasi 13 anni: “Noruwei no Mori”. E lo aspetto, aspetto di trascorrere un piacevole pomeriggio sorseggiando del the nell’albergo che ha dato i natali a questo capolavoro, aspetto Murakami Haruki sensei. Spero di non travolgerlo con le mie domande e le mie riflessioni, con il “mio punto di vista sui suoi romanzi”.Vorrei raccontargli l’impatto emotivo che i suoi lavori provocano in me, l’effetto terapeutico che producono sui miei stati d’animo. Aspetto il suo arrivo per dare una voce e un volto ai paesaggi fantastici, alle atmosfere oniriche, a personaggi che mi hanno fatto e mi faranno compagnia ancora tane e tante volte. E mi guardo intorno e lo immagino nel lontano 1987, chiuso in una stanza d’albergo a descrivere i turbamenti di Naoko e le indecisioni di Toru e le bizzarrie di Sturmtruppen. Ma ora basta immaginare, il the è ancora caldo e la conversazione sta per iniziare…

  13. Vorrei prendere un tè con Akutagawa Ryuunosuke, perché mi raccontasse a parole sue di Natsume Souseki. Insieme al tè, mandarini. Su un fazzoletto. Tazze in ceramica di Koseto. Il segreto dei pigmenti durevoli, il rifugio dell’arte.

  14. Con chi mi piacerebbe bere un tè? Non ho bisogno nemmeno di rifletterci. Kakuzo Okakura. Condividere un tè con lui sarebbe un momento di pace e tempesta, e cercherei di non perdere nessuno dei suoi gesti mentre prepara “la schiuma di liquida giada”. Cito queste sue bellissime righe: “Certo, una persona esterna potrebbe stupirsi per quello che, almeno apparentemente, è un gran rumore per nulla. Che tempesta in una tazza di tè! potrà dire. Ma se consideriamo quanto in definitiva sia piccola la coppa della gioia umana, come trabocchi subito di lacrime, e quanto sia facile berla fino in fondo nella nostra inestenguibile sete di infinito, non rimprovereremo noi stessi per aver conferito una così grande importanza a una tazza di tè. L’umanita ha fatto cose ben peggiori.”

  15. Vorrei bere del buon tè verde(maccha) con un buon dolcetto con Ito Ogawa, magari al Lumachino 🙂

  16. Mmmhhh..vediamo..adoro il Giappone, adoro il tè e adoro….i gatti! E allora perchè non sorseggiare un buon tè con quel bel micione, protagonista di “Io sono un gatto”?!?! 🙂 Mi immagino seduta al bellissimo tavolo di noce che ho fuori al mio balconcino…in un pomeriggio autunnale, uno di quei pomeriggi che ti fanno mettere una bella felpa…mentre bevo il mio tè preferito…turco con pezzetti di mela! E vorrei proprio la compagnia di quel bel micione…perchè da quando ho letto quel libro non faccio altro che immaginare, interpretare, studiare ed indovinare ciò che la mia gatta, Nara, vuole dirmi con i suoi “Miao!”. (ok la pazzia si è impossessata di me!) E sono sicura che anche quel bel micione vorrebbe assaggiare un pò del mio dolce tè e chissà magari potrebbe svelarmi qualche simpatico segreto “felino”!

  17. Ciao Annalisa,

    tanti auguri. Io vorrei condividere una tazza di te’ con te e i tuoi lettori ancora una volta per l’occasione.
    Non scrivo per il contest, solo per farti tanti tanti auguri e salutarti.

    F.

  18. Mi piacerebbe prendere il thé giapponese con il signor Souseki Natsume per ascoltarlo parlare di come il Giappone venisse visto dall’Occidente, ma soprattutto di come il Giappone recepisse e considerasse l’Occidente, nello sforzo appoggiato dal desiderio di assimilarne la cultura, senza però affatto perdere la propria. Mi addentrerei poi in ragionamenti filosofici sulla verità dell’uomo e mi congratulerei tanto per la riuscita del suo paese facendo tanti complimenti per la profondità d’animo del suo popolo =)

  19. Per quanto ami il Giappone più tradizionale fatto di jinja e kimono e tutti i vari autori citati (Murakami, Yoshimoto, Tanizaki, Ichikawa…) in questo particolare periodo dell’anno cupo e grigio, con l’avvicinarsi di Halloween, mi vedo più propenso a un the (o un matcha frappuccino) in un moderno palazzo di vetro e acciaio, in una Tokyo lambita da nuvole minacciose (come mi è peraltro capitato di vederla un agosto :P) a bere un the con Natsuo Kirino parlando di comuni casalinghe che commettono delitti, giovani ragazze che sopravvivono alle asperità della vita e uomini misteriosi che si nascondono nell’ombra senza che nessuno sappia cosa stanno tramando… eccetto forse noi, se dovesse servirle una trama per il prossimo giallo 😀

  20. Conosco ancora poco il mondo degli scrittori della letteratura giapponese, nonostante io sia appassionata di libri e di Giappone da sempre.
    Immagino la mia cucina, io lavo i piatti. Seduta al tavolo intenta a bere una tazza di the verde al gelsomino c’è Banana Yoshimoto, mentre acciambellato poco lontano da noi il Gatto di Natsume Soseki sonnecchia piano al calore di un raggio di sole. PIccoli gesti, molti rumori familiari sommessi, il profumo del gelsomino. Non c’è un vero dialogo ma la quiete dell’anima che si rasserena in una quotidianità il cui tempo si dilata.
    Questa è per me Banana Yoshimoto, la scrittrice che mi ha fatto avvicinare a questo genere, quando per caso in biblioteca scelsi il suo “Kitchen”. Il Gatto rappresenta l’inizio ideale della letteratura giapponese moderna, così come la conosciamo. Sono due inizi, il macrocosmo ed il mio microcosmo uniti in un tiepido pomeriggio di una non precisata stagione.

  21. Nella tiepida luce della mia camera chiudo gli occhi, e lentamente l’ombra disegnata dalle mie ciglia sul rosa delle guance si rimpicciolisce fino a scomparire del tutto; li riapro ed eccola lì, l’ombra, che timida si fa nuovamente strada. Murasaki Shikibu è inginocchiata davanti a me, la seta fluente della veste è stata minuziosamente ripiegata sotto le piccole ginocchia e verso l’estremità si intravede un lieve rigonfiamento, dato dai piedi leggeri. I suoi capelli corvini, lunghi e lucenti, si svolgono lungo la schiena e raggiungono il pavimento, che sfiorano come una ballerina in punta di piedi. Dapprima mi guarda impassibile; la bocca serrata, gli occhi penetranti e intelligenti; poi abbassa lo sguardo e le sue labbra disegnano sul viso diafano un timido sorriso. I raggi del sole crepuscolare illuminano pacatamente la stanza; è una giornata invernale e i ramoscelli più leggeri tremano sotto il peso della neve. Qualche fiocco solitario coraggiosamente scende dal cielo biancastro, ondeggiando con pigrizia da una parte e dall’altra.
    Murasaki Shikibu, con studiata lentezza, estrae dall’ampia manica color porpora, che mi accorgo essere bagnata di lacrime, un ritaglio di carta arrotolato e chiuso da un nastro; nel gesto, qualche petalo sfugge e piove sulla curva disegnata dalle sue ginocchia. Intravedo le piccole e leggere dita che srotolano lo scritto, poi una voce sussurra:
    Ma quando lui ricordava la voce e la figura della dama perduta, né la bellezza dei fiori né il canto degli uccelli gli offrivano un paragone degno. Rimpiangeva senza posa che il fato non avesse loro consentito di mantenere il voto di cui parlavano mattina e sera – il voto che le loro vite fossero come le rondini gemelle che hanno in comune un’ala, come gli alberi gemelli che hanno in comune un ramo. Il fruscio del vento, il ronzio di un insetto lo gettavano nella più profonda malinconia…
    Un brivido mi scende lungo la schiena e sento nel cuore una gioia malinconica che cresce fino a raggiungere ogni angolo del mio essere. I miei occhi, dapprima reverenzialmente fissi sulle mani, adagiate in grembo ad abbracciare una tazza di tè, si sollevano; una goccia si libera da una di quelle due pozze e vibrante mi riga il viso, raggiungendo l’angolo della bocca, che sorride alla delicata Poetessa.

  22. Si dice che il primo amore non si scorda mai, ebbene la mia tazza di tè (verde, dal gusto delicato ma pieno d’energia) la vorrei condividere con Takuji Ichikawa perché è stato il primo scrittore giapponese a farmi innamorare del Giappone, ma sopratutto perché non avevo mai letto prima che si potessero trattare argomenti come la morte o l’amore in modo così intenso ed etereo allo stesso tempo, quasi che si stessero osservando le scene dall’alto essendone però completamente immersi.
    Lui sa scrivere poesia come solo pochi altri scrittori sanno fare.

  23. Io mi siederei a prendere un the con Yukio Mishima. O meglio mi farei guidare nel senso del bere il the, dell’ascoltare le parole di chi cercava nel samurai la via del proprio destino. Cercare di capire cosa egli vedesse, cercasse, combattesse. Cercare di capire il suo cammino doloroso, fatto di dedizione, disperazione e nostalgia. Fidarmi del suo sguardo e dei suoi gesti, come un unico fluire della sua coscienza. Capire e bere e tacere, perché certi personaggi necessitano di parlare, narrare, condividere (anche se a volte è anche imporre).

  24. Inizierò con un banale sono indecisa, ho imparato ad apprezzare la letteratura giapponese con Banana Yoshimoto ma mi sono innamorata di Kafka sulla spiaggia, che sto regalando a tutti, ogni occasione è buona, in pochi non lo hanno apprezzato e molto probabilmente perchè non lo hanno iniziato a leggere. Per cui sceglierei Murakami, a cui però chiederei di presentarsi vestito da Colonnello Sanders. Quanto ho riso con quel libro, quanto mi sono immedesimata in Tamura… raramente mi capita di essere così coinvolta. E mi capita spesso coi libri di Murakami. Per cui consiglio a tutti di leggerli e a Murakami di prendere un the coi biscotti preparati dalla sottoscritta.

  25. Shibuya è immersa nelle luci soffuse del Natale in arrivo, una fredda calma preannuncia un’imminente nevicata. Accanto alla statua di Hachiko c’è una donna immersa con tutta sè stessa nel suo album da disegno; la matita segna armoniosamente la carta di riso ed una figura snella di ragazza appare sullo sfondo tenendo per mano un’altra ragazza, sua omonima, soprannominata Hachiko.
    La mia presenza distrae la donna, che ora mi sorride e mi invita a sedermi accanto a lei. Anche se il thermos non è la maniera più elegante per gustare al meglio il tè, entrambe ci ridiamo su e beviamo di gusto. Parliamo dei problemi quotidiani, dei sogni, di quelli fattibili e di quelli fantasiosamente irrealizzabili… Un sogno ad occhi aperti con l’amore della mia vita: Ai Yazawa.

  26. È arrivato novembre, il clima insolitamente mite ci regala breve pomeriggi illuminati da una luce dorata, calda. Il sole, basso all’orizzonte, proietta lunghe ombre di rami spogli sul manto di foglie croccanti, una ad una si è lasciata andare per proteggere, dall’imminente inverno, i fragili fili d’erba del prato sottostante. Raramente ci concediamo il piacere di “vedere” questo silenzioso quadro della natura, ancor più raramente in compagnia di Inoue Yasushi, la sua bassa e profonda voce, dai toni tranquilli, pervade ogni cosa. Raramente un romanzo, qual è “Il fucile da caccia”, conduce il lettore alla consapevolezza che la propria esistenza, come quella di qualsiasi persona, conserva innavicinabili segreti, abbracciati da un equilibrio arduo, ma costante nello scandire il trascorrere della vita.

  27. Lo scenario potrà sembrare strano, ma se chiudo gli occhi non posso che immaginarmi la foresta che Hayao Miyazaki ha sognato per il suo Totoro.
    Anzi, voglio proprio esagerare e questo tè lo berremo sui sedili del Gatto-bus, mentre ci porta a spasso per quel magico mondo incantato.
    Il mio compagno di viaggio e di tè è già stato più volte nominato, ma io l’ho amato, più che per un libro, per la storia sul Paese dei gatti che si trova in 1Q84 (anche per questo non potevo trovare scenario migliore per il nostro incontro che un vero e proprio micione) e tra una chiacchiera e l’altra su storie, paesaggi e mondi fantastici gli offrirei un buon Oolong: per restare in tema favolistico quale altro poteva essere più appropriato di un Drago nero??

  28. Vorrei prendere un tè con Banana Yoshimoto perchè, leggendo i suoi libri, mi è sembrato di rileggere alcuni miei pensieri. Per vedere se siamo davvero così simili o se è solo una mia fantasia!

  29. In un freddo pomeriggio autunnale di inizio Novecento, accanto al tepore del kotatsu, con un gatto ironico e scettico acciambellato sulle mie gambe, prenderei un buon tè (rigorosamente giapponese) con Natsume Sōseki.
    Per ridere insieme delle assurde mode occidentali che si impongono, e riflettere sul legame tra antico e moderno.
    Perché le tradizioni – in Italia come in Giappone – sono un grande tesoro, non un peso di cui liberarsi, e spesso dobbiamo vederle attraverso gli occhi di un “gaijin” per apprezzarle.
    Sono sicura che Sōseki, attraverso questo audace gatto nero, avrebbe ancora molto da dire sul Giappone dei giorni nostri: starei volentieri ore ad ascoltarlo.

  30. Un tè con…Mineko Iwasaki

    Febbraio, avvolti da un assoluto silenzio la stiamo aspettando in una chashitsu, la casa da tè sorge tra gli stretti vicoli di Gion.
    Seduta sui tatami mi guardo intorno, ha da poco iniziato a nevicare, da uno spiraglio aperto tra gli shoji intravedo i piccoli fiocchi di neve che fluttuano silenziosi nell’aria e si vanno a posare sulla vasca di pietra sciogliendosi immediatamente.
    Alle mie spalle trova posto il tokonoma, solo allora mi accorgo che mi ha riservato il posto più importante, l’ikebana è l’unica decorazione presente nella stanza, la luce filtra appena, il tetto di paglia è molto spiovente e tutto è sobrio ed essenziale, la simmetria è assolutamente bandita. In un angolo la buca con il roji, sento uno scoppiettino, sono le fiamme sotto il kama che si scontrano con i pezzetti di metallo appositamente inseriti al di sotto. Chiudo gli occhi, ho l’impressione di sentire il fruscio del vento tra le foglie, il mio animo si sta preparando per la cerimonia. Vengo distratta da un rumore in lontananza, un rumore di geta che ciabattano sul pavimento lastricato delle viuzze del quartiere, allo stesso tempo sento scorrere gli shoji, mi volto di scatto ed eccola. È bellissima nel suo iromuji, la sua delicatezza e raffinatezza non sono sminuiti dal sobrio abito anzi, non fa altro che esaltarne la sua bellezza. Si inchina profondamente, la fronte tocca i tatami, poi si dirige lentamente verso la sua postazione, gli utensili sono tutti pronti, ha inizio il rituale. La guardo incantata, ogni gesto è lento e ben preciso: preleva un po’ di matcha, versa l’acqua calda nella chawan, mescola energicamente con il chasen e io sono sempre più affascinata dalla sua eleganza, si ferma, intravedo al di sopra del bordo della tazza la schiuma di giada, il tè è pronto. Posa la chawan davanti a sè con un inchino, esitando allungo le mani tremanti, ma la afferro saldamente con la mano destra poggiandola sul palmo della mano sinistra, la faccio ruotare due volte in senso orario, sorseggio rumorosamente per tre volte, pulisco il bordo della tazza che ho toccato con le labbra tra pollice e indice, ruoto nuovamente la tazza, una volta in senso antiorario e con un inchino la poso davanti a me.
    Mi accorgo d avere gli occhi chiusi, li apro stropicciandoli appena, sono seduta sul divano, accanto me una tazza di tè ormai freddo, aperto in grembo un libro “Storia proibita di una geisha” di Mineko Iwasaki.

    Mineko Iwasaki una donna superba! Raffinata ed elegante, non solo una geisha delle più ambite, ma anche e soprattutto una donna dal carattere forte e determinato, una danna dalla quale prendere esempio.

  31. Vorrei avere un appuntamento con Yukio Mishima, in un giorno di pioggia con un cielo grigio, in un caffè di Londra, vicino al British Museum, perchè associo, a livello inconscio, quei luoghi allo scrittore. Mi piacerebbe osservarlo negli occhi in silenzio, perchè sono convinta che vi leggerei tante cose. Lui, sicuramente, avrebbe le idee chiare su quale tè scegliere. Io, invece, forse sceglierei un darjeeling … Vorrei guardare i suoi occhi e cercare di carpire il suo stato d’animo, vedere le tempeste del suo cuore.

  32. Devo ammettere che è una scelta difficile nonostante alcuni autori siano a me ancora sconosciuti.
    Avrei voluto prendere un tè nel locale di Murakami, il Peter Cat, sorseggiando un earl grey, da sempre il mio preferito. Se ci fosse Murakami mi farei spiegare l’arte di correre, così che magari possa scalfire la mia pigrizia. Ma se devo scegliere un solo autore vorrei prendere il tè con Kenzaburo Oe, mentre mi esplica il senso della vita e nel sottofondo suona la musica di suo figlio.

  33. Vorrei prendere un tè con Murakami per condividere con lui la magia della solitudine e dei tormenti interiori. Gli confiderei che mi sento proprio come un personaggio dei suoi libri. Di come i suoi amori sofferti e intensi, le sue malinconie e i suoi racconti siano una parte di me così forte. Leggere lui è come leggere la parte più nascosta della mia vita. Condividere la magia di un te’ caldo insieme. Condividendo in realtà la propria vita

  34. Nella periferia di Onomichi, shitamachi che ha l’odore della casa natale, e quindi di nostalgia. Fuori una pioggia che batte forte sulla strada. I rami delle foglie di tè galleggiano in verticale nell’acqua ancora calda, simbolo di fortuna. Scelgo Hayashi Fumiko.
    Perché ha scritto del suo mondo, in un modo sincero ed onesto. Perché è riuscita a parlare di sé, e non solo. Perché nelle sue poesie e nella sua prosa riesco a vedere una donna che, nonostante la povertà e l’emarginazione, non si è arresa e ha continuato a camminare. Perché con la sua scrittura, è riuscita a vivere nel modo in cui aveva scelto di vivere.

  35. Le splendide anime fluttuanti dei libri della mia Banana, quelle che sanno far vibrare il cuore di chi le tocca attraverso le pagine che le raccontano . Quelle che sembrano così vicine a tutto quello che hai sempre saputo di essere—che amano,pensano,soffrono,si emozionano come come te.
    Un tè fumante e profumato come loro, che avvolge la tua persona e che ti ri-anima,che coglie la tua intimità e che sa farti tornare ad ascoltare anche chi non è più con te.

  36. Vorrei prendere un the con Mishima Yukio: con lui discuterei del Kinkakuji, il tempio d’oro, che da quando ho visto dal vivo mi ha ossessionato con la sua bellezza proprio come aveva fatto con il protagonista di una sua opera. Ne “Il tempio d’oro” infatti Mishima narrava le vicende che portarono all’incendio del meraviglioso capolavoro zen da parte di un giovane in bilico tra follia e disperazione di fronte all’eccessiva bellezza di tale edificio.
    Naturalmente il the che sceglierei sarebbe un denso e gustoso sencha, da assaporare insieme a dolcetti di mochi ripieni di fagioli azuki, inginocchiati sul tatami della Casa da the collocata sulle sponde di un delizioso laghetto in un parco nel centro di Tokyo.

  37. Amo il tè. Credo che non ci sia bevanda più perfetta del tè accompagnato da un buon libro. O un buon libro viene accompagnato da un tè? Non saprei rispondere. Sono entrambi protagonisti. Ciò che li accomuna forse è il senso di serenità e pace che entrambi sanno regalarti. L’inverno è la loro stagione. Questa sensazione è la stessa che Mishima cerca di trasmetterti in ogni suo libro e forse mi riferisco al gelido e incantevole “Neve di primavera”. Mi immagino a bere un tè con Mishima sulla terrazza di una casa in stile giapponese… con lo stesso clima e la stessa atmosfera che descrive nel romanzo. Forse lui sarebbe il più adatto perchè con la sua riflessione e la armonia sa trasmetterti quel senso di pace che solo una tazza di tè può donarti. Valentina

  38. Durante una delle mie lunghe passeggiate mi imbatto in un negozio elegante e raffinato, gestito da una distinta signora giapponese e sua nipote, Kaori Morisawa. Le donne si accorgono subito che sono italiana e, da lì, ci ritroviamo immerse in una lunga e affascinante conversazione sui preziosi gioielli e sugli eleganti capi d’abbigliamento del negozio, che, non a caso, importano in Italia. Si fa tardi e Kaori mi invita a bere un tè…all’appuntamento si unirà Chie, che, subito, gentilmente, mi inviterà a chimarla Chie-chan.

  39. Io sceglierei come compagno di te senza dubbio Junichiro Tanizaki.
    Vorrei essere rapita e trasportata nelle atmosfere che evoca e crea in Libro d’ombra.
    Ogni volta che mi capita di rileggere quel libro capisco perchè amo tanto il Giappone.
    La capacità che c’è in un giapponese di trovare la luce ,la bellezza e l’eleganza nell’ombra, nelle tinte scure, nella semplicità.
    Io che sono grande amante dei colori, da quando ho letto il capolavoro di Tanizachi, ho imparato ad apprezzare ciò che c’è nell’assenza di colore, nell’angolo buio creato dalla luce stessa, a non averne più timore, ma ad apprezzarlo e amarlo.

  40. Berrei volentieri una tazza di tè con Nakata (Kafka sulla spiaggia), certo un tipo bizzarro, lento, di “una specie diversa”‘ come lo descrive Murakami, ma che mi ha comunque affascinato proprio per la sua ingenuità, e poi parla con i gatti! e qualcuno sostiene che io sia molto simile per carattere a questi felini…
    Partirei con lui in treno con un termos colmo di tè bancha e proverei a lasciarmi andare, con un po’ di leggerezza e inconsapevolezza a girovagare senza una meta.

  41. Un the verde con Murakami, in uno di quei boschi cedui del suo romanzo, fitti di mistero e affascinanti da mettere i brividi. Cullandosi nel sogno di realtà differenti e parallele che non riusciamo a percepire ma di cui bramiamo l’esistenza. All’imbrunire, scovando e seguendo una luna che si staglia nel cielo nella fanciullesca speranza di vederne improvvisamente accanto un’altra. Con il desiderio di essere catapultati in qualcosa di unico, irripetibile, adrenalinico. E risvegliarsi da quel sogno ad occhi aperti con accanto l’autore che ci ha fatto viaggiare senza sosta su un treno senza ritorno.

  42. Vorrei prendere un tè con Sumire, nella sua stanzetta di Kichijohji piena di libri. Lei ovviamente berrebbe caffè e fumerebbe ininterrottamente, ma io la ascolterei ugualmente parlare per ore di letteratura, musica classica e della sua ragazza dello Sputnik.

  43. Un personaggio con cui desidererei prendere un tè è sicuramente Watanabe, del libro Norwegian Wood, di Murakami. Mi immagino di ritrovarmi insieme a lui nel suo dormitorio, a Tokio,con una calda tazza di tè bancha, al calar della sera. Una tranquilla, semplice e felice conversazione.
    Ho avuto modo di leggere “Norwegian Wood” in uno dei periodi peggiori della mia vita, e leggere la sua storia, le infinite vicende che si accavallavano ma che al contempo mi regalavano serenità, mi ha dato la forza di resistere e di andare avanti. E’ difficile per me spiegarlo,ma è come se in quei quattro mesi (sì, per varie ragioni ho impiegato molto tempo a terminarlo), insieme alle storie dei vari personaggi, ci avessi inserito anche la mia, un po’ come succede con degli amici, nella vita di tutti i giorni. Aver terminato quel libro è stato un po’ come chiudere per sempre quel periodo, per iniziarne uno completamente nuovo. Non so spiegarvi come, ma mi ha completamente rigenerata da tutto ciò che avevo passato in quel periodo.
    Quindi sì, berrei un bel tè con Watanabe (ma un po’ con tutti i personaggi) semplicemente per ringraziarli del tempo passato insieme <3.

  44. Non posso che partecipare a questo gioco, sono quasi obbligata da entrambe le mie passioni ^__^.
    Non ho dubbi, prenderei un thè con Murakami-sensei.
    Il posto sarebbe tranquillo, molto confortevole e familiare. Potrebbe essere casa o anche una piccola ochaya a conduzione familiare. Ovviamente la stagione sarebbe l’inverno, niente di meglio per stimolare la voglia di qualcosa di caldo e rigenerante. Inoltre l’inverno è la stagione ideale per raccogliere le idee, stare con i propri pensieri e, perchè no, con i personaggi frutto della propria mente (o di quella di qualcun altro).
    In sottofondo ci sarebbe una sequenza ininterrotta di quella musica jazz che tanto piace al sensei e che anch’io sono arrivata ad apprezzare grazie a lui.
    Solo un tavolino basso sarebbe tra noi, seduti su dei cuscini, ed il vapore che sale dalle nostre tazze.
    Potremmo parlare di tutto, magari iniziando da argomenti banali, giusto per sondare il terreno, man mano addentrandoci in quello che davvero ci accomuna. Lui, uno scrittore di fama mondiale, ed io, una lettrice instancabile.
    Cosa mai potremmo dirci che non continui fino alla fine del tempo?

  45. Vorrei bere un tè verde tradizionale con Kuki Shuzo: per godere appieno il senso celato nel suo sussulto dolcemente ritualizzato, per abitare pienamente con lui la natura, sul vento che “scorre”, per esperire il fascino che emana nella passione della costante ricerca dell’Iki, per vivere l’inflessibilità e l’eleganza, per rivelare l’essenza di una cultura lontanamente vicina. Perché se anche i legami sono più fragili di un filo la mia memoria gli sarebbe eternamente riconoscente.

  46. Vorrei bere un tè con una ragazza di mille anni fa a Heian-kyō: quella che noi conosciamo come la dama di Sarashina. Vorrei poterla incontrare dopo che è ritornata a casa dalla visita a una zia generosa portando con sé il regalo che desiderava di più: «cinquanta fascicoli del “Genji” sistemati in una scatola, insieme ad altri racconti». Vorrei sentirla raccontare con la sua viva voce: «La soddisfazione che provavo quando tutta sola, sdraiata dietro un paravento, tiravo fuori dalla scatola uno dopo l’altro i fascicoli per leggerli, era così grande che non avrei scambiato il mio posto neanche con quello di una consorte imperiale!»* Perché da dieci secoli quei gesti si ripetono: il lettore torna a casa con una borsa di libri, si cerca un angolo appartato, apre la borsa dei libri e legge fino a notte inoltrata, alla luce di una lampada. La ragazza del diario è la capostipite, l’antenata spirituale di tutti i lettori e le lettrici malinconici e sognatori che amano le letture capaci di sollecitare l’immaginazione. Il diario che ci ha lasciato è la prima testimonianza sulla lettura di romanzi come piacere solitario, lettura non utile, considerata frivola dalla cultura ufficiale, eppure estremamente desiderata. La consapevolezza della libertà del lettore nasce lì, mille anni fa, a Heian-kyō, dietro un paravento: con una ragazza e i suoi romanzi.
    *”Memorie della dama di Sarashina”, a cura di C. Negri, Venezia: Marsilio, 2005, pp. 64-65.

  47. In questo freddo pomeriggio autunnale (meglio dire invernale?!) prenderei volentieri un bel te verde in compagnia di Ito Ogawa,splendida autrice di favole culinarie. Accompagneremo il tè con degli splendidi dolcetti, con ricette italiane (tiramisù, struffoli,pastiera…)e giapponesi (daifuku mochi,yokan,dango…),preparandoli insieme.Un vero e proprio banchetto 🙂
    Un bel pomeriggio da trascorrere all’insegna delle 3 cose che preferisco: tè,dolci e libri.

  48. Due tè neri, uno per me e uno per “Beat Takeshi” Kitano. Il suo fascino e la sua ironia agrodolce completerebbero il gusto corposo del mio tè. Ci immagino seduti sul bancone da bar del Français, in silenzio sorseggiamo l’infuso mentre le ballerine dello strip club si rivestono e tornano alle loro vite opache. L’insegna luminosa si spegne, le luci rossicce del locale si congedano, restiamo solo noi due, a provare l’ultimo sketch per domani. Io conservo il mio sorriso migliore fino all’ultimo sorso di tè, prima che lui vada via. Il cinema lo aspetta: già non pensa più a me, ma a un certo Zatoichi! 😉 Così io torno alla mia vita di sempre, con la mente appagata.

  49. Il sensei sollevò lo sguardo e disse:
    “Sotto l’albero tutto si copre
    di petali di ciliegio,
    pure la zuppa e il pesce sottoaceto.”
    Nel silenzio della lenta discesa dei petali, porgo una tazza di tè ai fiori di Sakura al sensei Bashō, attendendo il suo prossimo haiku.

  50. “Parlami,
    Yukio Mishima,
    tra l’inchiostro e il sapore della carta,
    getta in aria le foglie secche al sole,
    le raccoglierò facendone bevande.
    Raccontami dei mari,
    delle tue onde
    e del coraggio degli uomini,
    cosicché possa sorridere
    delle tante forti tempeste.
    Mi siedo nel rituale,
    una suggestione di tè,
    tazze bianche,
    sorseggio un lontano paesaggio
    di calma.”

  51. Un Tè con Matsuo Bashō perché ritengo che: una rana che si tuffa in un vecchio lago faccia molto rumore, e ne vorrei discutere!

  52. Ci sarebbero centinaia di tazze da tè da bere, sono talmente tanti gli autori che amo.
    Tra tutti però per prima scelgo Natsuo Kirino!
    Bere un tè con lei e rivivere tutte le scene noir dei suoi libri.

  53. In cerimonia, assaggi il tè e mi guardi, porgendomi la tazza…

    gli occhi espandono i colori dell’anima sulla limpida porcellana…

    e bevo te

  54. Un sencha con Murakami Haruki in un neko cafè…Parlando di letteratura e gatti, due componenti essenziali della vita!

  55. Luna piena in una sera d’estate.
    Junichiro Tanizaki sembra piuttosto pensieroso, immerso nelle sue MORBOSE FANTASIE. Mi porge gentilmente una tazza di tè sencha. L’ambiente circostante ha l’odore inconfondibile del legno ed il mio sguardo viene catturato dalla CROCE BUDDISTA alla mia destra. Una lieve brezza fa tintinnare un furin in lontananza.
    La calma, il silenzio, la pace sovrastano i nostri pensieri, siamo entrambi pienamenti assorbiti dalla tranquillità e il mondo esterno ci sembra un pianeta a parte.
    Il tè caldo, nonostante la sopportabile afa estiva che fa sembrare la NEVE SOTTILE un vecchio ricordo, è la CHIAVE di una splendida e semplice serata fra amici che non hanno bisogno di parlare per farsi compagnia. Lì isolati da tutto e tutti, si ode un PIANTO DI SIRENA, un soave canto che fa vibrare l’anima, ci fa scivolare nel sonno…quel canto, il nostro unico PONTE DEI SOGNI.

  56. Potrà suonare strano ma ci sono dei personaggi che porto tatuati dentro di me tanto da sentirli parte del mio quotidiano, come se fossero magicamente venuti fuori dalla pietra dell’entrata. Approfittando di questa splendida iniziativa vorrei condividere con voi la mia molto personale esperienza riguardo ciò. Qualche tempo fà trovai una pietra bianca e liscia su una spiaggia accessibile solo via mare. Non potei fare a meno di pensare al mio adorato amico Nakata e così la raccolsi. Riempiva il palmo della mia mano ed era calda come un uccellino. Tornata a casa decisi che avrebbe fatto compagnia al Maneki Neko che troneggia sul mio tavolino. A Nakata avrebbe fatto sicuramente piacere. Intorno alle 18 di quasi ogni sabato mi concedo un the verde. Solitamente seguo questo rito: dopo averlo versato in tazza lo poggio fumante sul tavolino, contestualmente chiamo i miei due gatti Sherlock Holmes e Sumire (La ragazza dello Sputnik!), ai quali do degli snacks, poi sollevo la pietra dell’entrata chiamando il nome di Nakata. Chiudo gli occhi e immagino di salutarlo insieme con i miei gatti, gli verso dell’ hojicha ed iniziamo a conversare amichevolmente sulla serenità della sua nuova esistenza, sul mondo dei gatti. Ad un certo punto Nakata per sdebitarsi mi insegna qualche “trucchetto” per comprendere i gatti e per un po’ fa da tramite in una conversazione un po’ colorita tra me ed i miei gatti (viziati e lamentosi!). Improvvisamente a Nakata viene sonno così mi chiede di sigillare l’entrata con la pietra. Lo salutiamo tutti insieme e tra un miagolio e l’altro gli auguriamo buona notte. Grazie Murakami Haruki per avermi donato un amico tanto prezioso.

  57. La cucina è il luogo della casa che preferisco in assoluto. Mikage la pensa sicuramente come me, nonostante abbia perso tutti i suoi cari e non riesce a trovare una ragione di vita soddisfacente, ora sono quì con lei, nella sua cucina.
    Il dolce e rincuorante odore del tè al gelsomino si spande in tutto l’abitacolo ed è una sensazione avvolgente. Fuori dalla finestra, poche auto passano veloci, guidatori ansiosi che vogliono tornare a farsi coccolare da un ambiente familiare, dalle proprie mogli o mariti, dai propri gatti o cani.
    L’orologio punta le lancette sull’imminente mezzanotte, il ronzio del frigorifero non è per niente fastidioso e la voce di una conduttrice che proviene dalla TV provoca una strana sensazione di malinconia.
    Questo nostro incontro “sembrava una cosa straordinaria e allo stesso tempo una cosa da niente. Un prodigio, ma anche la cosa più naturale del mondo. Conservo in me una sensazione indefinibile, che le parole potrebbero dissolvere. C’è ancora tanta strada. Forse nel susseguirsi delle notti e dei risvegli che verranno, uno dopo l’altro, anche questo momento diventerà un sogno.”

    Banana Yoshimoto – Kitchen, Mikage

  58. “il mio mondo è tanto proibito quanto fragile, senza i suoi misteri non può sopravvivere.”
    Cit. Memorie di una geisha.

    E’ una tranquilla sera d’estate. Una bellissima donna nel suo yukata dai colori pastello tende la mano al ramo più basso di un meraviglioso albero di ciliegio in fiore.
    L’acqua del fiume vicino risplende al chiaro di luna mentre la donna guarda sorridente il filo rosso del destino legato al suo mignolo. Chissà dove sarà lui…forse immerso nel traffico della caotica città fatta di giochi di luci e grattacieli immensi, forse in uno dei templi buddisti nelle vicinanze di Kyoto…
    Lei lo aspetta paziente mentre i primi fuochi d’artificio si preparano a brillare nel cielo.

    “E’ passato così tanto tempo dall’ultima volta”
    Seduto su una spiaggia al confine del Paese c’è lui. E’ emozionato all’idea di rivederla, di guardarla negli occhi, di baciarla e stringerla a sè.
    Pensa a quando guardare le stelle era lo spettro dei propri sogni e speranze, quando la vita era più libera da costrizioni inutili.
    Pensa al lento ticchettio dell’orologio, agli infiniti giorni che sono trascorsi da allora e dall’irresistibile voglia di stare per sempre con lei.

    Ecco! E’ arrivata l’ora. Finalmente è giunta la settima notte in cui i due amanti uniti dal destino possono stare insieme.
    Il filo rosso tra Hikoboshi e Orihime inizia ad accorciarsi, riducendo la distanza fisica fra di essi.

    Bevendo tè matcha cercando il mio equilibrio in ogni singolo atto, durante la sua preparazione, sogno dell’amore tra Hikoboshi e Orihime…un tè in compagnia della coppia più unita ma distante del mondo.

    Buon quinto anniversrio Anna Lisa <3

  59. Vorrei prendete un tè con Kawabata per parlare con lui de La Casa delle belle addormentate. Mi è rimasto nel cuore e nella testa come un chiodo meraviglioso, e vorrei chiedergli tante e tante cose.
    Auguri beddissima!;))
    La Giusi

  60. Un tè? con Yasunari Kawabata. Vorrei fosse un tè bollente, forte, aromatico.
    No gli chiederei nulla, assorti da un “silenzio” e una “solutine” condivisi. Struggente e allo stesso tempo liberatorio.
    Ricordi, emozioni di un passato lontano.
    Fuori la tempesta e le onde grosse del mare.

  61. Vorrei bere un semplice tè verde con Mishima e discorrere sul cosa accadrebbe se gli esseri umani potessero davvero esporre il proprio spirito e il proprio corpo alla leggera brezza primaverile come petali di rose al sole.

  62. Sicuramente verrò presa per pazza ma se dovessi scegliere io lo prenderei con Akutagawa Ryunosuke questo tè. Passare un pomeriggio a parlare della sua satira cruda in Kappa, di come è riuscito a inserire tanti di quei simboli e di quelle tematiche importanti in Jigoku Hen (il paravento infernale) e poi della sua ultima lettera d’addio, che lascia veramente senza parole, e magari scambiare due parole sulla trasposizione cinematografica di Rashoomon e sulla interpretazione personale di Akira Kurosawa.

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