Ad oggi, 2 novembre, con un totale di 30 voti (21 dei quali raccolti su Facebook e 9 nel sondaggio del blog), contro i 10 di Profumo di ghiaccio di Ogawa Yōko e i 7 di Il fucile da caccia di Inoue Yasushi, dichiaro che il primo libro del gruppo virtuale di lettura è Io sono un gatto di Natsume Sōseki (disponibile in due edizioni, una standard e l’altra economica: Neri Pozza, pp. 512, € 18; ora in offerta su Amazon.it a 15,30 € cliccando qui; Giano – Beat, pp. 476, € 9, ora in offerta su Amazon.it cliccando qui a 7,65).

Ma come funziona questo benedetto gruppo, vi starete chiedendo? Nulla di complicato, non vi preoccupate. Dato che si tratta per me del primo tentativo di  realizzare un progetto simile, innanzitutto perdonatemi in anticipo le pecche dell’organizzazione. 😉 Ma ora passiamo al sodo.

*Regolamento del gruppo di lettura*

  • Chi: al gruppo può partecipare chiunque, gratuitamente, purché abbia una connessione internet a sua disposizione e, soprattutto, tanta voglia di condividere la lettura con gli altri. Non serve conoscere la lingua o la letteratura giapponese: basta esser curiosi.
  • Cosa: nel gruppo di lettura si scambiano idee, pensieri, emozioni, ricordi legati al libro in questione. Ogni forma di dibattito è la benvenuta, purché rispettosa e meglio se non off topic (ossia fuori argomento; va bene citare altre opere, ma si dovrebbero evitare derive tematiche). Qui non vi sono guru, né luminari in cattedra e tanto meno fazioni, per cui ognuno ha la possibilità di esprimere liberamente il proprio parere, in accordo con le sue conoscenze, il suo sentire e il suo vissuto.
  • Come: per partecipare al gruppo ed esprimere la propria opinione, basta lasciare un commento qui sotto (e non altrove), che sarà visibile solo dopo la mia approvazione (come detto altrove, non si tratta di una misura antidemocratica, ma antispam). Ciascuno può scrivere quanti commenti vuole e rispondere a quelli altrui.
  • Quando: il gruppo è aperto da oggi; al momento, non è prevista una data di chiusura.
  • Perché: idealmente, il gruppo mira a demolire qualche stereotipo sulla letteratura giapponese e a farla conoscere meglio e di più; vorrebbe inoltre fornire l’occasione per creare un piccolo spazio di confronto e dialogo per appassionati e curiosi.
  • Nota bene: naturalmente, va evitata ogni forma di volgarità o di offesa nei confronti dei partecipanti, e sono vietati gli spoiler, vale a dire le anticipazioni sul finale o su punti significativi della trama. Ogni commento che dovesse infrangere qualche punto del regolamento o da me ritenuto poco consono non verrà pubblicato.

Proporrei di leggere entro il 6 novembre i primi due capitoli del libro (per l’edizione Beat, fino a p. 79), in modo tale da commentarlo insieme man mano che la lettura procede. Dato che si tratta di un romanzo piuttosto lunghetto, suggerirei di cadenzare la lettura in diverse settimane e concluderla possibilmente entro inizio dicembre. Che ne dite?

Per chi volesse saperne di più del libro, questa è la trama, descritta dall’editore Neri Pozza:

Il Novecento è appena iniziato in Giappone, e l’era Meiji sembra avere perfettamente realizzato il suo compito: restituire onore e grandezza al paese facendone una nazione moderna. Il potere feudale dei daimyo è, infatti, un pallido ricordo del passato, così come i giorni della rivolta dei samurai a Satsuma, il tragico canto del cigno degli antichi guerrieri. In questi primi anni del nuovo secolo, l’esercito nipponico contende vittoriosamente alla Russia il dominio nel Continente asiatico.
Per il Nero del vetturino, il gatto grasso che spadroneggia nel cortile del condominio in cui si svolge questo romanzo, i frutti dell’epoca moderna non sono per niente malvagi. Il Nero del vetturino ha, infatti, un pelo lucido e un’aria spavalda e robusta impensabili fino a qualche tempo fa per un felino di così umile condizione. Per il gatto protagonista di queste pagine, però, le cose non stanno per niente così. Un’oscura follia, anzi, aleggia nell’aria, nel Giappone all’alba del XX secolo.
Il nostro eroe non vive, infatti, a casa di un vetturino ma di un professore che si atteggia a grande studioso e che, a detta di tutti, lo è davvero. Quando torna a casa, il professore si chiude nello studio fino a sera e ne esce raramente. Di tanto in tanto il gatto, a passi felpati, va a sbirciare e puntualmente lo vede dormire: il colorito giallognolo, la pelle spenta, una bava che gli cola sul libro che tiene davanti a sé.
Certo, il luminare a volte non dorme, e allora si cimenta in bizzarre imprese. Compone haiku, scrive prosa inglese infarcita di errori, si esercita maldestramente nel tiro con l’arco, recita canti nel gabinetto, tanto che i vicini lo hanno soprannominato il «maestro delle latrine», accoglie esteti con gli occhiali cerchiati d’oro che si dilettano a farsi gioco di tutto e di tutti raccontando ogni genere di panzane, spettegola della vita dissoluta di libertini e debosciati… Insomma, mostra a quale grado di insensatezza può giungere il genere umano in epoca moderna…
Pubblicato per la prima volta nel 1905, Io sono un gatto non è soltanto un romanzo raro, che ha per protagonista un gatto, filosofo e scettico, che osserva distaccato un radicale mutamento epocale. È anche uno dei grandi libri della letteratura mondiale, la prima opera che, come ha scritto Claude Bonnefoy, inaugura il grande romanzo giapponese all’occidentale.

8 commenti il Leggiamo insieme “Io sono un gatto” di Natsume Sōseki

  1. La lettura è libera o a cadenze regolari ci ritroviamo per commentare una parte letta di comune accordo? Per esempio un certo numero di capitoli? Non avendo mai partecipato a gruppi di lettura/visione ecc.. non so bene come funzionano o come possono essere gestiti.

  2. Alessia, grazie mille per le domande che mi aiutano a chiarirmi le idee.
    Allora: ho aggiunto una piccola nota nel testo:
    “Proporrei di leggere entro il 6 novembre i primi due capitoli del libro (per l’edizione Beat, fino a p. 79), in modo tale da commentarlo insieme man mano che la lettura procede. Dato che si tratta di un romanzo piuttosto lunghetto, suggerirei di cadenzare la lettura in diverse settimane e concluderla possibilmente entro inizio dicembre. Che ne dite?”
    Naturalmente, chi vuole leggersi “Io sono un gatto” tutto d’un fiato è liberissimo di farlo, a patto che non riveli la trama e/o i colpi di scena agli altri. 🙂

  3. Gran bella iniziativa, complimenti! In questo periodo, appena tornato dall’India, non ho neanche il tempo di respirare perché devo scrivere 🙂 ma prossimamente mi piacerebbe aderire. E tu, cara Alessia, regalaci sempre le tue segnalazioni sui romanzi.
    Teniamoci in contatto, ciao
    Marco/MilleOrienti

  4. Ho sempre pensato che la traduzione italiana (e inglese) di questo titolo sia davvero misera…
    In originale è “wagahai wa neko de aru”.
    “dearu” al posto di da o desu per indicare il verbo essere è di gusto letterario (e aulico se usato nel parlato), ma soprattutto “wagahai” è un pronome storicamente usato da personalità come lo shougun o l’Imperatore… dunque “io sono un gatto” è una traduzione ridicola a confronto.
    “Io sono IL gatto” era già una trovata decente, ma una più originale “io sono Sua Eccellenza il Gatto” forse sarebbe stata la più bella e indovinata.
    A volte mi credo se ci si mettono un minimo… o se hanno tradotto dalla versione inglese, che temo titoli “I am a cat”, se non erro… (-__-”).
    Comunque bell’iniziativa… temo non potrò partecipare, perché sono sotto esami e non ho tempo di leggere, ma sicuramente terrò d’occhio le prossime iniziative del genere ^__^

  5. Sono stata un po’ impegnata in questo inizio di settimana. Comunque sono riuscita a continuare la lettura. In questi primi capitoli introduttivi il ritmo mi è sembrato lento e contemplativo. Perchè essenzialmente di questo sembra trattarsi, un’osservazione meticolosa da parte del nostro gatto senza nome di tutto quello che riguarda essenzialmente il suo padrone. Riflessioni sulla natura umana: esseri egoisti, che non hanno il senso della proprietà, mediocri, presuntuosi, arroganti, ladri rifiniti, invidiosi e vanitosi. Attributi che ci fanno sorridere perchè in gran parte condivisi anche dalla natura felina, e ce lo dimostrano lo stesso “gatto”, Micetta e il Nero. Non mancano piacevoli intermezzi comici, prevalentemente innescati dal professore stesso e dal suo essere stravagante o in quanto vittima delle burle di Meitei.

  6. @Marco: ciao! Non ti preoccupare, comprendo bene i tuoi impegni: quando la penna chiama, chiama! 🙂 Dato che la mia vena chiacchierina per il momento sembra ancora non essersi esaurito, penso che continuerò ancora a lungo a parlare di libri.

    @Kazeatari: grazie per le tue note, che sicuramente aiutano a collocare il libro in una dimensione diversa da quella meramente autorefenziale e offrono una chiave di lettura assolutamente in linea con il testo (per chi non avesse ancora letto il volume, il gatto, infatti, squadra tutti dall’alto in basso, quasi fosse un essere superiore).

    @Alessia: Sarà perché ho una lunga esperienza di gatti e che in questo periodo mi sento affamata di storia, ma il primo centinaio di pagine per me è stato piuttosto scorrevole. Sicuramente, ci sono dei punti pesantini, che per me sono coincisi sopratutto con alcuni sketch improntati a un senso dell’umorismo un po’ démodé (tipo la scena al ristorante con l’esteta che ordina un piatto impossibile).
    Quel che finora di certo mi ha colpito di più è la grandissima capacità di Sōseki di dipingere (in senso letterale) la realtà nei dettagli più impensabili; inutile dire che uno dei virtuosismi è costituito dal brano sui mochi.

  7. ho appena finito il terzo capitolo del romanzo, quindi la mia lettura mi sa sta procedendo un po’ a rilento. però me la sto decisamente godendo: gradevolissima, divertente.
    particolarmente bello lo splendido incipit, che mi ha ricordato la critica mossa dal filosofo francese Michel de Montaigne nei suoi “Saggi” alla visione, umanistico-rinascimentale, presuntuosa e arrogante di un uomo che è invece «la piú disgraziata e la piú fragile di tutte le creature e tuttavia la piú orgogliosa», ma che «s’immagina di porsi al di sopra della sfera lunare e di poter mettere il cielo sotto i suoi piedi» e che «per la vanità di questa stessa immaginazione si eguaglia a Dio, si attribuisce le possibilità divine, attribuisce a se stesso ogni privilegio e si separa dalla massa delle creature». e il filosofo fa proprio l’esempio della sua gatta per spiegare e smontare tutto ciò: «quando gioco con la mia gatta chissà se essa mi prende come suo passatempo cosí come faccio io per essa?».
    ecco, le riflessioni di “sua eccellenza il gatto” – come propone Kazeatari – mi sembra vadano proprio in questa direzione di dis-antropomorfizzazione della realtà… o forse alla fine sarà il gatto a far proprio il punto di vista umano, viste le sue frequentazioni?
    continuo con piacere la lettura e la discussione qui nel blog.

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