Durante un viaggio in Giappone, qualunque occidentale – appassionato del Sol Levante o semplice curioso – non può resistere alla tentazione di assaggiare qualche varietà di tè locale. Che si tratti di un bancha sorseggiato in fretta o di un raffinato matcha, attraverso questa bevanda – come abbiamo visto già in passato – si ha comunque l’impressione di entrare in contatto con una sfera di tradizioni e percezioni molto diverse dalle nostre (per approfondire, vedi Una stanza tutta per [il] tè), che titillano le nostre papille gustative e i nostri neuroni; persino da un semplice tè fra amiche, come quello descritto da Carla Vasio in Come la luna dietro la luna (saggio-romanzo dedicato alla scrittrice Higuchi Ichiyō), possono emergere le caratteristiche e la raffinatezza della cultura nipponica.

Sono venuta a chiedere l’aiuto di Sachiko [per una traduzione]. Le sue mani affusolate mi porgono una tazza di the verde: con le dita della mano destra la tiene in delicato equilibrio sul palmo della mano sinistra che tende verso di me. Stiamo inginocchiate sui cuscini, nella sua stanza, e guardiamo le ombre del nespolo che in forma di grandi foglie oscillano sui vetri della finestra. Osservo la grazia distaccata dei suoi gesti, come non afferri il cestino dei biscotti ma si limiti a portare la mano verso il manico toccandolo appena: un attimo di apparente esistazione e il piccolo cesto di fili di bambù intrecciati pende dalle sue dita privo di peso. Mentre il dischetto di farina di riso, verde e bianco, dolcissimo, mi si scioglie sulla lingua, mi porge la tazza di un the senza colore, più caldo di quanto io possa sopportare. […]

Immagine tratta da qui.

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