Dal Giappone è arrivato un nuovo, agghiacciante thriller (gentilemente segnalatomi da Barbara, che ringrazio), tanto più inquietante dal momento che vede vittima una bambina uccisa da due alunni della madre, insegnante di scuola media: si tratta de La confessione di Kanae Minato (Giano, pp. 288, € 17; ora qui disponibile a 12,25 su Amazon.it ), da cui è stato ricavato il film Confessions (Kokuhaku) del regista Tetsuya Nakashima, candidato agli Oscar come miglior film straniero (sotto potete vedere il trailer).
Per saperne di più, ecco la presentazione dell’editore:
La rivelazione è di quelle agghiaccianti, soprattutto se a farla è una giovane professoressa che ha da poco perso la sua bambina e ad ascoltarla sono i suoi alunni, la classe alla quale Moriguchi Yuko rivolge un discorso di addio: «La mia Manami non è morta accidentalmente; è stata uccisa da qualcuno di voi».
La figlia dell’insegnante di scienze aveva quattro anni quando, un mese prima della fine dell’anno scolastico alla scuola media S, in una cittadina del Giappone, è stata trovata morta nella piscina dell’istituto. A causa di quello che tutti hanno ritenuto un incidente, la madre ha deciso di abbandonare per sempre il suo lavoro. Ma al termine dell’ultimo giorno di scuola, alla classe che ascolta immobile giunge il glaciale annuncio: lí nella I B, presenti in aula, ci sono due assassini.
Freddamente, quasi scientificamente definendoli A e B, la professoressa rende identificabili ai compagni i due ragazzi e rivela la sua scoperta di come essi abbiano premeditato e compiuto l’omicidio di una bambina indifesa. Inoltre, con altrettanta freddezza, l’insegnante comunica la sua decisione: non ha intenzione di denunciare i due assassini alla polizia. Ha invece già messo in atto una personale vendetta, atroce e immediata ma escogitata in modo che le devastanti conseguenze si manifestino lentamente, affinché i giovani criminali abbiano il tempo di pentirsi e trascorrere il resto dei loro giorni sopportando il fardello della colpa di cui si sono macchiati.
Nelle settimane successive, attraverso un diario, un blog, una lettera, appare in tutta la sua spaventosa portata il perché del gesto compiuto da Nao e Shūya, due adolescenti diversi tra loro ma entrambi apparentemente senza problemi. Dietro lo squilibrio psichico e morale dei due ragazzi, emergono le responsabilità delle rispettive famiglie, tra una madre iperprotettiva e una assente, e di una società dove sempre piú il disagio giovanile sfocia in efferati delitti. E ancora, violente e tragiche, affiorano le conseguenze della vendetta subita, non solo e non tanto sul loro fisico, ma soprattutto sul loro già instabile equilibrio interiore. Fino all’erompere di un’imprevedibile e sconvolgente conclusione.
Come un Delitto e castigo contemporaneo, Confessione svela il nichilismo degli adolescenti perduti del Giappone d’oggi, una società nella quale la capacità di agire con distacco, l’autocontrollo sulle proprie emozioni e reazioni, la lucidità nella follia rendono ancor piú inquietante e apocalittico lo smarrimento delle giovani generazioni.
Grazie per questa segnalazione, ogni volta trovo sempre qualcosa
d’interessante nel tuo blog ;D
Grazie; ti aspetto presto, allora. 😉
Si tratta di uno di quei romanzi da leggere tutto d’un fiato. E’ un romanzo “corale”. E’ un giallo di cui fin dall’inizio si conoscono i nomi e i moventi degli assassini. Pur avendo uno stile scorrevole, leggendolo attentamente vi si possono trovare spunti di autoanalisi, circa la facilità con cui un giudizio elaborato dentro di noi nei confronti di un atto o di una persona possa essere manipolato, oppure contraddetto da noi stessi più di una volta…a seguire consiglio la lettura di “Real World”, di Natsuo Kirino.
@Barbara: Ho visto il film e non essendomi dispiaciuto cercavo info sul libro quando ho trovato questo forum.. e, indovina, sto proprio leggendo Real World.
Coincidenze.
Voglio leggere Confessioni al più presto. Di solito non compro su Amazon.it, com’è messo a tempi di spedizioni e prezzi?
Grazie mille per questo articolo comunque! Metto subito il sito nei preferiti! 🙂
Barbara, mi hai messo una curiosità!… :)Tu hai visto anche il film? Se sì, hai notato scarti significativi?
Il film l’ho trovato su Amazon.co.uk, mi arriverà entro un paio di settimane. Spero di poterne dare presto un giudizio (con tutti i “preconcetti” che si hanno dopo aver letto il romanzo da cui viene tratto un film).
Il libro mi è piaciuto, anche se forse non quanto “Il passato di Shoko”, o “Le quattro casalinghe di Tokyo”.
Il punto comunque non è tanto il nichilismo di una intera generazione, quella degli adolescenti giapponesi (ma non solo) spesso raccontata dagli autori contemporanei.
In un primo tempo si prova una sorta di rivalsa, quando si pensa che la giustizia arriverà a punire un atto crudele, irreversibile e, soprattutto, gratuito; poi si prova pietà per l’assassino/i quanto la si è provata per la vittima (perchè di fatto diventano essi stessi vittime di questo fatto di cui sono stati protagonisti); poi si ritrova un equilibrio scoprendo che le motivazioni c’erano, ma erano denotate da arroganza e stupidità; alla fine, però, anche il colpo di scena che dovrebbe riequilibrare il tutto, lascia un pò di amaro in bocca.
Forse è un libro che si interroga sulle nostre convinzioni in fatto di giustizia e punizione e compassione.
Lascia, io credo, delle non – risposte inquietanti.
Concordo con la tua interpretazione. CIò che mi ha colpito è l’asenza del senso di rispetto per la vita negli adolescenti giapponesi. Sembra che per tutti, inclusi indirettamente anche gli innocenti, la cosa che più conti, anzi l’unica cosa che conti sia la drammatica dialettica fra inclusione/esclusione dal gruppo, la validazione sociale della loro esistenza.
Ah, dimenticavo: il film a me non è piaciuto perché usa uno stile ibrido che toglie realismo alla storia. E’ un film in cui la confezione, ottima, sembra prevalere su contenuto.
Bene, ho visto anche il film, ma, effettivamente, non è un “inperdibile”, anche se mi è piaciuta buona parte dell’interpretazione almeno del “protagonista nero” della storia, Shuya. La confezione, di cui parlava Franco, mi sembra un pò artificiosa, ma questa è una sensazione che, nonostante tutta la mia passione e non – obiettività verso “tutto ciò che è giapponese” mi capita spesso di provare quando guardo i film nipponici. Forse perchè da noi non arriva molta roba, dopotutto.
Questo commento è per tutti coloro che stimano il personaggio della professoressa Moriguchi Yuko. Quindi parlerò come se fossi all’interno del romanzo. Inizialmente mi attirava, il personaggio della Moriguchi, una professoressa decisa, ferma, con un grande intuito e grande inteligenza. Capace di far star zitti i suoi alunni e di attirare le loro attenzioni con delle semplici frasi, o che delle piccole riflessioni. La morte di una figlia, può provocare una sofferenza infinita, e può portare una persona a compiere un atto disperato. Forse, nutriva il desiderio di venidcare la morte della figlia, e per questo ha deciso di inniettare il sangue infetto nel latte di A e B, ma poi ha ucciso la madre di A, anche se per far soffrire A, ha sempre privato della vita una persona, una vittima innocente, ignara degli assurdi piani del figlio. Non è l’atto di un vendicatore, ma è l’atto ben preciso di chi vuol far patire al responsabile della morte della figlia, la sua stessa soferenza. Non è una vendicatrice ha commesso il peggiore dei reati solo per provocare dolore e sofferenza ad una persona che odiava, provocando la morte di una persona innocente. A volte l’ingiustizia può sembrare una tragedia e suscitare il desiderio di vendetta, ma la vendetta è fonte di DOLORE e NON DI GIUSTIZIA!
Al di la’ della storia in se’, quello che trovo veramente agghiacciante in questo film (e in tutti quelli che presentano spezzoni di ‘lezioni’ in scuole americane) e’ il fatto che in queste scuole … non si fa lezione. L’insegnante invece sembra una specie di imbonitore, di predicatore che si sente in dovere di parlare in classe di di tutto cio’ che gli passa per la testa. Invece di limitarsi a svolgere il suo compito, cioe’ insegnare matematica, chimica o storia, egli reputa che il suo ruolo consista nella predicazione morale, anzi moraleggiante di tutti gli opinabilissimi principi in cui crede.