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“Fiabe di letto” di Mori Yōko

Copertina della raccolta di racconti "Fiabe di letto" di Mori YokoSpigliate, sensuali, dirette, scaltre, autonome, dedite al lusso e ai piaceri della carne, ma anche caute, innamorate, pensierose: nella sua produzione Mori Yōko lascia spazio a una moltitudine di donne, diverse per desideri, personalità, comportamenti, condizioni di vita.

Che siano sposate senza troppo entusiasmo, a caccia di una tresca o frequentatrici di o-miai, quelle presentate nella ricca scelta di racconti Fiabe di letto (trad. Greta Annese, Giuliana Carli e Daniela Travaglini, Lindau, 2021, pp. 288, € 22) hanno una cosa in comune: sono vive e reali quasi da staccarsi dalla pagina in ogni loro azione o pensiero, che sia truccarsi davanti lo specchio o riflettere sui propri amanti. Ben lontane dagli stereotipi che vorrebbero le donne giapponesi tendenzialmente accondiscendenti e passive, queste figure rivelano una forza d’animo sorprendente e, soprattutto, una carica emotiva ed erotica destinata a stupire più di un* lettor*.

“Una primavera che sapeva quasi di inizio estate.
La decisione improvvisa di andare lontano. Un fine settimana a Kyoto. Da sola. […] In un certo senso, non aveva mai assaporato la fortuna di essere nata donna.” (Calici da vino, p. 187)

Le storie narrate da Mori sono brevi, quasi fulminanti, e prendono spesso spunto da un incontro o da un episodio fortuito — d’altronde, non di rado basta un dettaglio per far cadere un castello di carte, illuminare il vero carattere di una persona o mettere a nudo le sue debolezze. Eppure, tormento e dolore trovano scarsa ospitalità in questi testi: piuttosto, la scrittrice e le sue eroine tendono a rivelare senso dell’humour o autoironia.

Mori non intende, però, offrire al suo pubblico mero intrattenimento, né, tantomeno, una lezione di morale: le sue narrazioni dei furin, i “legami infedeli”,  mostrano invece come, nell’epoca e nei luoghi ritratti – vale a dire il Giappone degli anni Ottanta – 

le donne, con molta probabilità, abbiano cominciato a guardarsi in faccia. Si scoprono dal di fuori e dal di dentro, ascoltano la propria voce, riflettono in maniera profonda su come debba esser la loro vita. (Da jōji a furin, p. 257)

“Abbandonato sulle strade di agosto” di Itō Takami

 
Abbandonato sulle strade di agosto_Itō TakamiÈ estate a Tōkyō, ma Atsushi sembra non farci troppo caso. Il suo sfiancante lavoro per una ditta di distributori automatici e la fine del suo matrimonio lo assorbono al punto che a malapena è in grado di riflettere sul fatto che, seppure giovane, molti suoi progetti di vita siano già naufragati.
 
A partire dalle conversazioni sull’amore, sul sesso e sulle relazioni umane che il ragazzo ha con la sua collega Mizuki – anche lei con un divorzio alle spalle -, nel breve romanzo Abbandonato sulle strade di agosto (trad. Massimo Soumaré, Lindau, 2021, pp. 84, € 14) Itō Takami coglie l’occasione di raccontare il rapporto di Atsushi con la ex moglie, logorato da frustrazioni, stanchezza, precarietà economica e incomprensioni, eppure venato anche da affetto e nostalgia.
 
Ormai erano entrambi vicini ai trent’anni. I loro sogni erano finiti nei canali di scolo di Ōkubo. Erano colati via con il suo sudore versato sulle strade di Shinjuku. E nonostante questo, aveva la sensazione che assurdamente avessero ottenuto in cambio una completa felicità.
 
Entrambi, infatti, hanno finito per rinunciare alle loro carriere ideali – uno come sceneggiatore, l’altra nel mondo dell’editoria – pur di sopravvivere, ma non sono riusciti a trovare uno spazio in cui realizzarsi come singoli e come coppia. La loro storia è da leggere tutto d’un fiato, intrisa della malinconia dolceamara di certe sere d’estate.

“Racconto di una luna” di Hirano Keiichirō

Copertina del romanzo Racconto di una lunaL’estate di Ihara Masaki sembra carica di promesse: il giovane, dall’indole poetica e tormentata, si accinge a intraprendere un viaggio nel cuore del Giappone sul chiudersi dell’Ottocento, lasciandosi guidare – più che da un piano prestabilito – dagli istinti, dalle emozioni del momento o dalla fascinazione per una donna sconosciuta.

Ed è così che, un giorno, per una serie di coincidenze, finisce per essere ospite di un eremo, in compagnia di un monaco. Qui, anziché trovare pace, Masaki è “in preda alla bizzarra illusione d’essere isolato dal tempo della realtà” (p. 67): allucinazioni visive e sonore iniziano a fargli visita, sogni ricorrenti lo visitano e persino abnormali ritmi della natura colpiscono la sua sensibilità.

Hirano Keiichirō nel Racconto di una luna (trad. Laura Testaverde, Lindau, 2021, pp. 158, € 16,50) segue Masaki nelle sue peregrinazioni e nei suoi pensieri, dandogli il temperamento e la cultura di un gentiluomo d’altri tempi. La mente del ragazzo è, infatti, spesso traversata da citazioni letterarie, considerazioni filosofiche e morali, ricordi, riportati in uno stile raffinato e erudito.

Lirico e venato di inquietudine, il romanzo avvolge poco alla volte lettori e lettrici in un’atmosfera sospesa, in cui sensazioni, leggende e visioni tentano di infiltrarsi di continuo nel reale:

Sogni e apparizioni saranno anche ingannevoli, ma non potrò mai dubitare delle bellezza dei fiori che sbocciano magnifici in questo posto… né della ferita della mia gamba. Oh, quanto splende, però, la luna stanotte! Mai, prima d’ora, ho veduta una luna così stupenda, e tanto più infausta quanto più bella. E’ rossa, rossa come se fosse impregnata di sangue… Forse il sogno di stanotte sarà in qualche modo diverso… Anzi, dovrà esserlo… in qualche modo, per forza…

“Le storie del negozio di bambole” di Tsuhara Yasumi

I suoi occhi sono fermi ma ben aperti, il suo sorriso cristallizzato per sempre, come in un eterno gesto di benevolenza: una bambola sembra non conoscere stagioni, né cambiamenti di umori o di affetti. Ma il mondo attorno a lei vive e patisce i segni del tempo: la bimba che stringeva fra le braccia il giocattolo si è fatta grande, l’infanzia ha lasciato dietro di sé una scia di nostalgia.

Tsuhara Yasumi lo sa bene e nelle sue Storie del negozio di bambole (trad. Massimo Soumaré, Lindau, 2020) ce lo mostra con sapienza. Nei sei racconti che compongono, intrecciandosi, questa raccolta, la bottega Tamasaka della giovane Mio – quella che, naturalmente, dà titolo al libro – è ben più di un semplice luogo in cui si riparano balocchi o si riportano all’antico splendore pezzi da collezione.

È, in fondo, sotto mentite spoglie, un centro di riabilitazione emotiva per persone adulte e bambine che cercano disperatamente simboli, che sono alle prese con sentimenti rimasti impigliati in un oggetto, come la signora che sembra lei stessa una bambola. E chi lavora al negozio – Mio, Tominaga e Shimura – non è da meno. Ciascuno di loro è arrivato dietro quel bancone forse per caso, forse per destino: sempre, però, con una ragione.

Allora come non pensare che “Le marionette siamo noi, il palco sono i luoghi della vita di tutti i giorni, le bugie sono la verità, il sogno è la realtà…” (p. 129)?

Case editrici "japan oriented" alla fiera Più libri più liberi (Roma): Lindau

"Storia del Giappone e dei giapponesi"Tra le case editrici “japan oriented” presenti alla fiera Più libri più liberi di Roma, ricordiamo anche la Lindau di Torino. Nel catalogo è possibile trovare un buon numero di titoli interessanti per i nippofili, specie se amanti del buon cinema:

Buone letture!

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