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Speciale san Valentino: l’amore nella letteratura giapponese

Al liceo, per qualche tempo, le mie amiche ed io avevamo preso l’abitudine di scambiarci nel giorno di san Valentino dei pensierini che testimoniassero il nostro affetto: un biglietto, un cioccolatino a forma di cuore, un oggetto da nulla scambiato sotto il banco.

Ecco, considerate questo speciale san Valentino, dedicato all’amore nella letteratura giapponese presentato in diverse forme (poetica, erotica, ironica, drammatica…), come un piccolo regalo per voi. Per leggerlo e scaricarlo nel vostro computer, è sufficiente cliccare qui e salvarlo sul vostro computer.

I brani e le poesie che troverete sono tratti da opere ed epoche molto diverse tra loro: si va dalle antiche liriche del  Kokin Waka shū per arrivare sino a 1Q84 di Murakami. Ho voluto intercalare i testi con le bellissime illustrazioni dell’artista Tanji Yōko, che mi paiono molto evocative e capaci di proiettare lo spettatore in un’avvolgente dimensione onirica, in cui le ragazze sognano sulla luna e una coppia ha sotto gli occhi l’intero cosmo.

Approfitto di questo spazio per ringraziare i miei amici Faiza e Nino, amanti come me degli haiku, per i consigli e le risate, e voi tutti che mi seguite. Buon san Valentino a tutti, che lo festeggiate o meno. 🙂

Immagine tratta da qui.

 

Hanshichi e la città delle ombre

detective hanshichi delitti città di edoApparentemente, credi solo di essere immerso nella lettura di un libro. Poi, inizi un racconto a caso e tutto scompare, per lasciare posto a una città dimenticata. Si dissolvono poco a poco le pareti della stanza, e le finestre, le porte, gli oggetti; al loro posto spuntano vivaci botteghe di legno, piccoli banchi che vendono pesce per la strada, fili su cui ondeggiano kimono messi ad asciugare al sole. Il silenzio si sfilaccia e sorge un allegro frastuono: i bambini ridono a voce alta, le vicine chiacchierano tra loro, mentre i venditori di patate arrosto incoraggiano i clienti con grida insistenti.

Ecco, questo è Detective Hanshichi. I misteri della città di Edo di Okamoto Kidō (1872 – 1939) (trad. a cura di P. Ferrari; O Barra O Edizioni, 2011, pp.  240, € 14; ora in offerta su Amazon.it a € 11,90 cliccando qui), uno dei padri del genere poliziesco in Giappone. Il volume (che a brevissimo sarà seguito da un secondo) racchiude una piccola ma significativa parte del corpus giallo dello scrittore (sviluppatosi  tra il 1917 e il ’37), ospitando undici suoi racconti mai editi prima in Italia, preceduti da un’ottima introduzione del curatore americano, lo studioso Ian MacDonald. Distaccandosi dalla produzione precedente, costituita tra l’altro da materiali di origine cinese (come Tōin hiji monogatari, Casi uditi sotto il cespuglio di ciliegie cinesi, tradotti nel 1649) e autoctona (si pensi per esempio a Honchō ōin hiji, Casi uditi sotto l’albero di ciliegio giapponese, pubblicati nel 1689 da Ihara Saikaku), e dai resoconti di cronaca nera apparsi sui giornali alla fine del diciannovesimo secolo, Kidō inaugurò il poliziesco ‘alla giapponese’, non esente però da numerose influenze, compresa la saga di Sherlock Holmes di  Arthur Conan Doyle.

 A leggerle oggi – abituati come siamo a qualsiasi tipo di orrore spettacolarizzato dai mezzi d’informazione – le vicende narrate ci paiono quasi ingenue, anche se è inevitabile provare ammirazione per il fiuto di Hanshichi e, ancor di più, simpatia per il suo carattere. Burbero, pragmatico, a volte ironico sino al sarcasmo e capace di sorridere dei suoi errori (come ne La stanza sopra i bagni), l’uomo sa però mostrarsi all’occorrenza sensibile e generoso, dal momento che, pur credendo fermamente nella giustizia, non ne è mai soggiogato. La “lunga faccia magra decisamente singolare, con un naso prominente e occhi espressivi […] gli [dà] l’aria di un attore di kabuki”: e Hanshichi, in fondo, attore lo è davvero per la capacità di adattarsi a qualunque situazione con naturalezza. L’ispettore, infatti, sa stare a suo agio tra samurai, religiosi e comuni cittadini, sfruttando a suo favore vizi e virtù di ogni classe sociale, facendo leva se necessario sull’onore di una dama o sul timore delle percosse da parte di un giovane furfante.

Tutti i racconti di Hanshichi sono ambientati nella Edo (la vecchia Tokyo) del pieno Ottocento, tra gli anni Quaranta e Ottanta, quando ancora non era stata pienamente travolta dal turbine della modernizzazione. Ed è lei, in fondo, la vera protagonista delle storie: una città senz’altro pittoresca, con le sue strade affollate e gli improvvisi, stupefacenti scorci, ma anche rumorosa, ambigua, contraddittoria, pronta a dare riparo nei suoi bassifondi a malviventi di ogni risma o inquietanti spettri assetati di vendetta. Una città di vicoli morti e di angoli lividi, che certo avrebbe conquistato il Tanizaki del Libro dell’ombra, e della quale Kidō appare nostalgicamente innamorato. E’ probabilmente per questa ragione che le sue pagine appaiono vivide, stilizzate, eppure così piene di poesia, anche quando la sua penna si sofferma a descrivere quartieri malfamati e attività umilissime. Persino il rintocco di una campana che scuote le stelle nella notte, il passo leggero di un ladro sul muschio o i calli dei mignoli attragono l’attenzione dell’autore, impaziente di ricreare pennellata dopo pennellata un mondo tanto vagheggiato quanto perduto.

Le giornate avevano cominciato ad accorciarsi, e quando la campana della sera suonò le sei, l’interno della piccola casa era ormai quasi buio. Okame venne sulla veranda con una fiaschetta di sakè, alcuni involtini e qualche fascio di susuki, le cui fronde frusciavano nella fredda brezza serale che si faceva sentire fin dentro al kimono senza fodera di Hanshichi. Era ora di cena, sicché il detective si fece comprare da Okame, in un negozio del posto, alcune anguille cotte alla griglia di cui offrì una parte alla sua ospite e alla figlia, sentosi a disagio a mangiare da solo.
Terminata la cena, il detective tornò nella veranda con uno stuzzicadenti dondolante dalle labbra e alzò gli occhi al vasto oceano del cielo blu scuro che si stendeva sopra di lui, irregolarmente diviso dalle gronde sovrapposte delle case nella stradina. La luna piena non si era ancora alzata, ma a oriente il pallido brillio giallino al limite di alcune nubi annunciava il suo arrivo. La rugiada che aveva cominciato a cadere mentre cenava all’interno, scintillava ora sulle foglie avvizzite di due campanule in vaso esiliate nel giardino, apparentemente non più bene accolte in casa.

(brano tratto da La dama di compagnia, p. 220)

Immagine tratta dall’Edo Meisho Zue (I siti famosi di Edo illustrati), pubblicato tra il 1829 e il 1836.

Ostaggi di se stessi: la mia recensione a “Install” di Wataya Risa

Una liceale che abbandona d’improvviso la scuola, un bambino smaliziato, un computer attraverso il quale accedere a un’esistenza parallela e assurda: sono questi gli ingredienti principali di Install (trad. di A. Pastore; Mondadori, pp. 127, € 8,50; ora in offerta su Amazon.it a € 7,23 cliccando qui), opera prima di Wataya Risa, che è riuscita a farsi notare nel panorama letterario nipponico a soli diciassette anni proprio grazie a questo romanzo.
Potete leggere la mia recensione con un approfondimento sugli hikikomori e gli otaku nel numero di gennaio-febbraio del magazine online Ebookmania (pp. 81-84), consultabile gratuitamente a questo link (attenzione: il pdf è un po’ pesante, quindi ci vuole qualche secondo di tempo in più del solito per caricarlo).

Un gennaio spettrale: è arrivata l’antologia “Onryō, avatar di morte”

Libri riguardanti l’immaginario giapponese spettrale purtroppo in Italia non si vedono spesso; ma quando fanno capolino in una collana editoriale storica come Urania della Mondadori, allora c’è da prestare attenzioni. Questo mese, infatti, è uscita l’antologia Onryō, avatar di morte, a cura di Danilo Arona e Massimo Soumaré (che ringrazio per la segnalazione). Questa la presentazione del volume tratta dal sito dell’editore:

In piena rivoluzione informatica, nel mondo tecnologico gli esseri inquietanti che la tradizione chiama onryo si manifestano ancora. Sono uomini e donne morti in circostanze particolari i cui avatar hanno conservato la capacità di fare del male. In questa superba antologia dove il futuro si mescola a riti antichissimi, ce ne raccontano le crudeli avventure specialisti come Danilo Arona, Alessandro Defilippi, Stefano Di Marino, Angelo Marenzana, Samuel Marolla e autori giapponesi del calibro di Hiroko Minagawa, Nanami Kamon, Yoshiki Shibata e Sakyo Komatsu, il grande scrittore scomparso nel 2011.

Mini ebook: “La luce che c’è dentro le persone” di B. Yoshimoto

Se siete amanti di Banana Yoshimoto e delle nuove tecnologie, non potrete non fare un penserino sul racconto La luce che c’è dentro le persone (tratto da Ricordi di un vicolo cieco), disponibile online a soli 0.99 centesimi in formato EPub (qui, sul sito de La Feltrinelli) oppure in quello per il lettore Kindle di Amazon (lo trovate a questo link).
Naturalmente, oltre che negli e-book reader, il file è leggibile anche sul normale schermo dei computer; in questo caso, vi suggerisco di acquistare l’EPub, perché questo forma crea generalmente meno problemi di compatibilità.

Un altro piccolo regalo: il calendario del blog

Il 2011, senza dubbio, è stato l’anno più ricco nella vita di Biblioteca giapponese: gruppi di lettura, incontri, interviste e, soprattutto, circa centodiciannove post (in media, uno ogni tre giorni). Per ringraziarvi tutti, ho realizzato un calendario che unisce insieme citazioni tratte dalla letteratura giapponese di tutti i tempi con immagini realizzate da disegnatori giapponesi contemporanei, spesso poco noti in Italia (la mia fonte di ispirazione è stata Cuaderno de retazos): è possibile scaricarlo da qui in formato pdf, e poi stamparlo con tutto comodo anche a casa.
Tanti auguri e grazie ancora per la fiducia con cui mi seguite. 🙂

Qui a sinistra: il mese di novembre, con una citazione dal Man’yōshū.

Proposte da “Più libri, più liberi” (ed. 2011)

Ed ecco, come promesso, una brevissima carrellata delle opere che oggi alla fiera Più libri più liberi hanno colpito la mia attenzione, non necessariamente nel bene o nel male. Non ho purtroppo avuto il tempo di esaminare molte di loro con attenzione, dunque mi limiterò nella maggior parte dei casi a presentarle con le parole dell’editore. Nei prossimi giorni aggiungerò nuovi titoli.

*Narrativa*

  • Madam Butterfly [sic] di John Luther Long, a cura di Riccardo Reim (Avagliano, 2009, pp. 96, € 10; ora in offerta su Amazon.it cliccando qui a € 8,50). “Madam Butterfly di John Luther Long è il racconto al quale Giacomo Puccini si ispirò (dopo aver assistito a Londra, nel luglio 1900, alla tragedia che David Belasco ne aveva tratto a sua volta) per il soggetto della sua sesta opera – Madama Butterfly, per l’appunto – che ancora oggi viene trionfalmente replicata ogni anno in tutti i teatri del mondo. Praticamente sconosciuta in Italia, questa “novella giapponese” rappresenta una vera e propria ghiottoneria non soltanto per gli appassionati del genere, ma per tutti coloro (e sono milioni) che abbiano ascoltato almeno una volta Un bel dì vedremo o il celebre coro a bocca chiusa. Il racconto di Long, inoltre, riserva una grossa, imprevedibile sorpresa: un finale del tutto diverso (meno ad effetto, ma assai più moderno) da quello del melodramma pucciniano, uno “scioglimento” che non mancherà di sconcertare e divertire il lettore.”

*Poesia*

  • Il mangiatore di cachi che ama gli haiku di Masaoka Shiki (La Vita Felice, pp. 176, € 12; traduttore P. O. Norton; libro ora in offerta su Amazon.it a € 10,20 cliccando qui). “Shiki ha spesso affermato che un grande maestro di haiku non scriveva durante la sua vita di poeta che duecento o trecento haiku autentici. Di quelli che sono portatori di un’intuizione profonda della realtà immediata ed evidente. Di quelli che ci permettono di sentire, di sondare l’indicibile profondità, di gustare il sottile sapore dell’esistenza umana, colta nell’eternità dell’istante presente. Di quelli che traducono, senza specificare, ma solamente suggerendo l’esperienza di distacco filosofico, poetico se si preferisce, dal mondo, quando tutto diventa semplice, luminoso, meravigliosamente evidente. Quando si percepisce, molto più che il senso, l’armonia delle cose, la loro impeccabile coincidenza. Sono proprio questi haiku che Shiki compose a essere raccolti in quest’opera.”
  • Novantanove haiku di Daigu Ryokan (La Vita Felice, pp. 108, € 10; traduttore P. O. Norton; libro ora in offerta su Amazon.it a € 8,50 cliccando qui). “Ryōkan è uno dei massimi poeti della letteratura giapponese e ci ha lasciato una vasta collezione di poesie, nella forma molto diverse dai modelli tradizionali, ma profonde e semplici nel contenuto. Egli viene giustamente chiamato “il poeta dello Zen” perché chi legge le sue poesie può farsi un’idea della dottrina, della pratica e dei risultati dello Zen, i cui insegnamenti fondamentali si possono riassumere con le seguenti parole: meditazione, libertà interiore e compassione. La presente edizione comprende 99 haiku di Ryōkan con testo giapponese a fronte.”

*Bambini*

  • L’81 principe di Maria Teresa Ruta, con illustrazioni di Raffaella Brusaglino (ed. Adnav, pp. 40, €12,50; per bambini da otto anni in su). Ispirato alla storia tradizionale di Okuninushi, il racconto “compare nel 712 d.C. nella prima opera letteraria giapponese compilata su ordine imperiale. Maria Teresa Ruta riprende la storia di un mondo antico e la ripropone in una versione per bambini. La favola narra il riscatto di un principe generoso vessato dai suoi fratelli; insieme affrontano il lungo viaggio che li conduce al palazzo della Principessa Iacami, ma solo uno di loro potrà chiederla in sposa. “

 

*Fotografia*

  • Araki di Nobuyoshi Araki (ed. Contrasto, pp. 144, 89 fotografie in bianco e nero, 2008, € 12,50; ora in offerta su Amazon.it a € 10,63 cliccando qui; per sfogliare il volume, guarda questo link). “Cineasta di formazione, Nobuyoshi Araki ha fatto dell’atto fotografico la sostanza della sua esistenza. Prolifico fino all’esasperazione, in una trentina d’anni ha costituito una sorta di autobiofotografia che rivela, senza riluttanza o pudore, il tratto essenziale del suo quotidiano. Affascinato dalle donne, dalla città, in particolare da Tokyo, di cui stila una frenetica ricognizione, è il capofila di una nuova scuola, anzi il modello venerato da una generazione di giovani che insieme a lui cerca, superando l’estetica, una verità legata all’attimo.”
  • Hiroscima e Nagasaki [sic; non è un mio errore] a cura di Gian Luigi Nespoli e Giuseppe Zambon (ed. Zambon, pp. 112, € 35, illustrato e bilingue italiano-tedesco): Le esplosioni atomiche sulle due città giapponesi hanno provocato, oltre alla quasi completa distruzione delle stesse, una serie incommensurabile di lutti. Mentre le fotografie del fungo atomico sono state capillarmente diffuse a livello mondiale, a dimostrare la potenza dell’imperialismo, le foto che testimoniano la sofferenza delle vittime sono state censurate e gelosamente archiviate. Soltanto a prezzo di lunghe ed accurate ricerche, siamo in grado di presentare in questo volume, forse in anteprima mondiale, la documentazione fotografica delle atrocità connesse all’impiego dell’arma atomica. Testimonianze, testi letterari e documenti storici completano l’opera.

L’invenzione del corpo – “Casa di bambola” di Azusa Itagaki, di Mariella Soldo

Il tema delle bambole o della donna fatta bambola non è infrequente nella letteratura nipponica contemporanea: basti pensare al racconto La dimora delle bambole di Mishima Yukio o al celebre romanzo La casa delle belle addormentate di Kawabata Yasunari.
Per questa ragione, oggi Biblioteca giapponese ha il piacere di ospitare un affascinte saggio (correlato di fotografie) di Mariella Soldo che, partendo dall’esposizione Casa di bambola di Azusa Itagaki (visitabile a Bari sino al 5 dicembre), non soltanto traccia un percorso di interpretazione della mostra, ma evidenzia inoltre i diversi significati che la bambola può assumere nella cultura del Sol Levante: feticcio, amorosa proiezione, icona, e molto altro ancora. Buona lettura.

A volte ci rechiamo alle mostre con l’assoluta certezza di ciò che vedremo, altre con la consapevolezza di conoscere qualcosa a riguardo, scoprendo, successivamente, molto di più. Ed è ciò che accade attualmente all’art gallery Fabrica Fluxus di Bari, che ha allestito un’esposizione fotografica dell’artista giapponese Azusa Itagaki, dedicata alle bambole.
Quelle raffigurate non sono semplici prodotti di fabbrica. Non sono neanche donne. Non sono carne, non sono silicone. Sono qualcosa di più, esseri che parlano in silenzio, che raccontano attraverso il corpo. Oltre i loro occhi, modellati da un’apparente staticità, si nasconde la storia di chi le circonda. Le Love dolls, da non confondere con le Sex dolls, non vengono usate semplicemente come manichini o soggetti fotografici, ma anche come compagne di vita.
Potremmo regalare loro un anello, dei vestiti, un viaggio, potremmo amarle, non come un oggetto sacro, ma come un essere vivente a tutti gli effetti.
Con il suo arrivo presso le nostre dimore, la donna in silicone si presenta senza una storia, un vissuto. Tra le nostre mani, intatta, si forma una nuova vita e si delineano, pian piano, le possibili sfumature. Tra la pelle e la plastica si crea un contatto, un’alchimia. Cominciano così gli odori, la vita, le emozioni. Se riteniamo complicato addentrarci in un passato e un futuro ignoti, completamente da reinventare, abbiamo sempre la possibilità di acquistarla usata. Forse la sua storia non la conosceremo mai o riconoscerla soltanto attraverso la patina del tempo che si forma sulla sua pelle. La bambola s’in-scrive così nelle nostre vite, detta parole, suoni, frasi. Inventa movimenti, profumi, gesti.
In alcune foto di Azusa Itagaki, il corpo viene frantumato e possiamo osservare pezzi di labbra, di busti o di gambe. Al di là dell’associazione al Frankestein di Mary Shelley, potremmo immaginare che questa rottura dell’unità sia una sorta di cannibalismo sentimentale. Il silicone, come la carne, viene brutalmente lacerato dalla violenza della passione. Quei dettagli, anche se scomposti, ci comunicano un senso di solitudine polifonica.
Se pensiamo ad alcune produzioni letterarie o cinematografiche giapponesi, ma anche ad alcuni fumetti fantasy (come il celebre Brendon della Bonelli), si è sempre cercato di restringere il confine tra la bambola e la donna in carne ed ossa.
Dolls di Takeshi Kitano si apre con uno spettacolo di bambole Bunraku, che non resta soltanto un originale effetto di scena. Il regista vuole dirci molto di più, passando immediatamente alla storia dei due amanti impossibili, Matsumoto e Sawako, i quali, costretti a vagare nel nulla, legati da una corda rossa, finiscono in un precipizio. Al termine del film, ricompaiono nuovamente le Bunraku, che sembrano guardarci con viso spento, scomparendo nel buio. È come se la costretta ed inevitabile condizione inanimata delle bambole si riversasse sui personaggi. Come loro, i due amanti, sono destinati a diventare simili a burattini mossi da spesse corde indistruttibili. È forse l’amore che riduce a ciò o la vita?
Al di là del lato oscuro e misterioso che caratterizza le bambole, in Giappone esiste una vera e propria festa dedicata ad esse, Hina matsuri, celebrata il 3 marzo di ogni anno. Riporto le parole di Verbena Fusaro: “Nel loro significato originario le bambole erano dei fantocci sui quali si trasferivano magicamente le impurità e le influenze malefiche che si erano accumulate negli uomini, e poi per liberarsene, come capri espiatori, questi venivano eliminati gettandoli nei corsi d’acqua per essere portati via dalla corrente.”
Al giorno d’oggi, dopo un’evoluzione del valore simbolico della festa, Hina matsuri permette alle bambole di essere onorate: “vengono offerti (loro) dolci di riso, a forma di losanga, rosa, bianchi e verdi. Si canta, si offre qualche regalino e si festeggiano le bambine e le donne di casa. Le bambole possono solo essere ammirate e non devono essere toccate.”
Mi chiedo se un giorno qualcuno si spingerà oltre questi corpi inumani, riuscendo ad inoltrarsi in quella zona sconosciuta del petto sinistro, dove risiede il cuore. Mi chiedo ancora cosa troverà.

Un autunno e un inverno ricchi di nuove uscite

Pioverà? Farà freddo? Lo spread continuerà a salire? Non ci è dato sapere nulla di tutto ciò, ma possiamo consolarci almeno un po’ pensando alle molte uscite che ci attendono nei prossimi mesi. A questo proposito, è d0obbligo ricordare che, pochissime settimane fa, è uscito uno dei volumi certo più attesi dell’anno, vale a dire 1q84 di Murakami Haruki (pubblicato a inizio novembre per i tipi dell’Einaudi; pp. 722, € 20; ora in offerta su Amazon.it cliccando qui a € 15), cui è dedicato anche un gruppo di lettura qui nel blog.
A questo nuovo classico presto (più precisamente a gennaio) farà compagnia un altro pezzo forte: la prima vera edizione italiana del capolavoro giapponese per eccellenza, il Genji monogatari di Murasaki Shikibu. Il volume è curato da Maria Teresa Orsi e sarà diffuso con il nome di Storia di Genji. Il principe splendente (Einaudi, pp. 1100, €90).
Qui sotto potete trovare quello che, spero, sia solo un assaggio delle succose novità che i prossimi mesi ci porteranno; se avete qualche informazione in più sui titoli di prossima pubblicazione, non esitate a lasciare un commento. E ora, che si aprano le danze!

 

Romanzi

  • Una storia crudele di Kirino Natsuo (Giano, pp. 235, € 16,50; ora in offerta a 14,03 su Amazon.it cliccando qui), noir fresco di stampa. “Ubukata Keiko, trentacinquenne scrittrice di successo nota con lo pseudonimo di Koumi Narumi, e da qualche tempo in crisi di creatività, scompare lasciando un’unica traccia di sé: un manoscritto intitolato “Una storia crudele”. Atsuro, il marito avvezzo alle stranezze e alla volubilità della donna, lo trova in bella vista sulla sua scrivania con il seguente post-it appiccicato sopra: “Da spedire al Dott. Yahagi della Bunchosha”. Editor della casa editrice di Koumi Narumi, Yahagi si getta subito a capofitto nella lettura dell’opera, nella speranza di avere finalmente tra le mani il nuovo best seller dell’acclamata autrice. Più si addentra nella lettura, tuttavia, più rimane sconvolto e, leggendo l’annotazione finale dell’opera: “Ciò che è scritto in queste pagine corrisponde alla pura verità. Gli eventi di cui si parla sono accaduti realmente”, non può fare a meno di avvertire un brivido corrergli lungo la schiena. Koumi Narumi narra, infatti, dell’infanzia di Keiko, vale a dire della propria fanciullezza. Descritta come una bambina di dieci anni triste e solitaria. Una sera, sperando forse di trovarvi il padre, si spinge fino a K, un quartiere ad alta concentrazione di bar e locali a luci rosse. Là si sente a un tratto picchiettare con delicatezza sulla spalla. Sorpresa, si volta di scatto e scorge un giovane uomo con in braccio un grosso gatto bianco. Frastornata, incuriosita, Keiko lo segue in un vicoletto buio, dove lo sconosciuto le infila un sacco nero sul capo e la rapisce.
  • E venivano tutte per mare di Julie Otsuka (Bollati Boringhieri; trad. di S. Pareschi; pp. 133, € 12). “Una voce forte, corale e ipnotica racconta la vita straordinaria di migliaia di donne, partite dal Giappone per andare in sposa agli immigrati giapponesi in America. È lì, su quella nave affollata, che le giovani, ignare e piene di speranza, si scambiano le fotografi e dei mariti sconosciuti, che immaginano insieme il futuro incerto in una terra straniera. A quei giorni pieni di trepidazione, seguirà l’arrivo a San Francisco; la prima notte di nozze; il lavoro sfi brante, chine a raccogliere fragole nei campi e a strofi nare i pavimenti delle donne bianche; la lotta per imparare una nuova lingua e capire una nuova cultura; l’esperienza del parto e della maternità, con l’impegno a crescere fi gli che alla fi ne rifi uteranno le proprie origini e la propria storia; il devastante arrivo della guerra, l’attacco di Pearl Harbour e la decisione di Franklin D. Roosevelt di considerare i cittadini americani di origine giapponese come potenziali nemici e internarli nei campi di lavoro. Fin dalle prime righe, la voce collettiva inventata dall’autrice attira il lettore dentro un vortice di storie fatte di speranza, rimpianto, nostalgia, paura, dolore, fatica, orrore, incertezza, senza mai dargli tregua, dando vita a un libro essenziale e prezioso.”
  • La decomposizione dell’angelo di Mishima Yukio (Feltrinelli, pp. 240, € 10).
  • Detective Hanshichi. Indagini nei vicoli di Edo oppure Il detective Hanshichi. I misteri della città di Edo (titolo in via di conferma) di Kido Okamoto (O Barra O Edizioni, pp. 164, € 12).
  • Storia proibita di una geisha di Iwasaki Mineko e Brown Rande (Newton & Compton, pp. 336, € 9,90): “Un’infanzia felice e solitaria trascorsa in un piccolo paese lontano dal Giappone delle grandi città. Mineko è una bambina schiva e appartata. A sei anni, strappata alla famiglia e con il cuore spezzato, si trasferisce in un’okiya nel distretto di Kyoto e lì intraprende il duro cammino per diventare geisha, imparando l’antica arte del ballo, del canto, del saper parlare e vestire. È l’estenuante studio del cerimoniale rigido e severo di una corte millenaria che rende le donne maestre di etichetta, eleganza e cultura. Mineko studia con tenacia, senza mai distrarsi, coltivando un solo grande sogno: ballare. Diventa la geisha più brava, ricercata e corteggiata. Tutti la vogliono, politici, artisti, star dello spettacolo. Audace e orgogliosa, testarda e fiera, si muove in un mondo che non vuole ribelli, ma lei ha l’ardire di osare e di infrangere regole austere. Con il suo coraggio rompe il velo che da sempre avvolge un universo frainteso: si racconta con eleganza e audacia, ironia e leggerezza, e ci accompagna attraverso le trame e i segreti di una cultura millenaria e ritrosa. Mineko si confessa e denuncia un mondo che vuole rimanere nascosto, ci racconta della fatica e della tenacia per diventare la geisha più amata per poi, al culmine della sua carriera, voltare le spalle al successo e scegliere altro, una famiglia, un figlio, la normale eccezione dell’essere donna.”

Saggistica

  • Introduzione alla storia della poesia giapponese di Pierantonio Zanotti (Marsilio, pp. 240). “Il volume offre una panoramica storica dell’evoluzione della poesia giapponese dalle origini al 2000. La narrazione abbraccia circa 1300 anni di storia e cerca di fornire al lettore, non solo specialista, un quadro completo e dettagliato, ma al tempo stesso agile, sintetico, e di gradevole lettura. Al flusso centrale della narrazione storica, arricchita di riferimenti extraletterari e attenta al ruolo sociale della poesia e alle pratiche della sua composizione ed esecuzione, saranno affiancate schede e approfondimenti su singole opere, autori, o specifiche tipologie testuali.”
  • Introduzione allo studio della lingua giapponese di A. Maurizi (Carocci, pp. 252, € 21).
  • Lo Zen di A. Tollini (Einaudi, € 24). “Dopo una prima parte introduttiva sullo Zen nel panorama del buddhismo giapponese e sullo Zen in Occidente, il volume affronta il passaggio geografico e culturale di questa tradizione dalla Cina al Giappone del XIII secolo e il suo primo, difficile radicamento nell’arcipelago giapponese. Saranno due le grandi scuole che condizioneranno tutta la successiva storia dello Zen: Rinzai e Soto, di cui Tollini traccia la storia, lo sviluppo dottrinale e ricorda i principali maestri. A seguire, la descrizione del grande sviluppo culturale che fece dello Zen il principale punto di riferimento estetico, letterario e delle arti performative in Giappone, lasciando un segno indelebile sulla sensibilità estetica orientale: un segno che dura fino ai giorni nostri. Il libro è corredato dalle traduzioni dei testi originali dell’epoca, sia dei maestri che di altro tipo, allo scopo di favorire una più diretta e profonda comprensione delle tematiche trattate.”
  • Tokyo sisters. Reportage di Julie Rovéro-Carrez e Raphaëlle Choël (O Barra O edizioni; trad. di Giusi Valent, pp. 200, € 15). “La specificità e lo charme della società contemporanea giapponese, e della città di Tokyo in particolare, decodificati attraverso il mondo femminile di adolescenti, casalinghe, business women, donne single e sposate. Scritto in uno stile frizzante e ironico, Tokyo sisters descrive la vita familiare, le abitudini, le aspirazioni, i rituali e i vissuti quotidiani delle donne giapponesi tramite le numerose testimonianze dirette raccolte dalle autrici. Vengono toccati i temi della moda, della sessualità (onnipresente nei manga e nei video giochi, ma tabù all’interno della coppia), del tempo libero e del consumismo: “Per me essere una vera donna è possedere una borsa di Vuitton”, può affermare una giovane disposta a mesi di risparmio pur di acquistare l’oggetto dei suoi desideri. Ne risulta una moderna e curiosa guida antropologica al femminile per orientarsi in una cultura di grande fascino, paradossalmente sospesa tra tradizione ed estremo cambiamento.”

“Neve sottile” e il bookcrossing

Nei confronti del bookcrossing promosso proprio da me qui all’interno di Biblioteca giapponese, ammetto di esser stata sempre un po’ scettica. A nessuno pareva interessasse granché, e i libri che avrei voluto percorressero l’Italia se ne stavano invece mogi mogi sullo scaffale. Poi è arrivata l’estate.
Morbose fantasie di Tanizaki è finalmente volato in Puglia, da Federica, che lo ha adottato per un mese; nel frattempo, due lettrici del blog, Eleonora e Alessia si sono incontrate in quel di Pisa, e si sono prestate a vicenda Norwegian Wood di Murakami e Neve sottile, sempre di Tanizaki. Quella che segue è una recensione di quest’ultima opera, realizzata da Alessia e pubblicata anche in Sol-Levante. Che dire? Non posso che essere contenta e sperare che i volumi in viaggio siano sempre di più. 🙂

Un post notato per caso sul web, una e-mail, un appuntamento. Nasce così questa esperienza di bookcrossing, dal profumo di Giappone. E così, il libro di Tanizaki, “Neve Sottile”, dalle pagine un po’ ingiallite dal tempo, finisce nelle mie mani di lettrice appassionata di cultura nipponica. Di Tanizaki sensei, conoscevo solo il nome, ma la trama del libro mi è piaciuta fin da subito. Quelle vicende familiari che sono comuni a qualsiasi cultura, mi ricordavano i Bennet della Austen, o le sfortunate sorelle di Piccole Donne.
Ci troviamo ad Osaka dove la famiglia Makioka è rispettata e conosciuta, nonostante non possa più mantenere lo stile di vita agiato di un tempo. D’altronde, la guerra è alle porte e lo Stato in sè sta vivendo un periodo di crisi. Le vicende si svolgono a partire dal 1938 e, per tre anni, il lettore seguirà il susseguirsi di eventi che vedono come protagoniste le quattro sorelle. Tsuruko è la primogenita, fortemente legata al rispetto delle tradizioni e impegnata nel mantenimento del buon nome della famiglia, insieme a suo marito, divenuto il capofamiglia. Il suo carattere scostante e tendenzialmente freddo la differenzia dalle sorelle, dalle quali spesso si troverà isolata (e questo non solo perchè si vedrà costretta a trasferirsi a Tokyo). Sachiko, invece, con la sua premura e la sua emotività, cerca di occuparsi delle due sorelle minori, Yukiko e Taeko (la piccola Koi-san), entrambe il “motore” delle varie vicende che vedono come protagonista la famiglia. Yukiko e Taeko incarnano perfettamente il contrasto tra tradizione e modernità, occidente ed oriente, che traspare per tutta la durata del libro. Yukiko, ormai trentenne, con la sua riservatezza e compostezza, nel suo kimono affronta, uno dopo l’altro, i diversi miai, alla ricerca di un marito. Taeko, costretta ad attendere il matrimonio della sorella prima di sposarsi, come da tradizione, ha un carattere ribelle, veste abiti occidentali, si trova un lavoro e vorrebbe raggiungere l’indipendenza economica. Con le sue “avventure” amorose contribuisce ad aggiungere al romanzo dei colpi di scena, ponendo le sorelle di fronte a scelte e situazioni impensabili per una famiglia tradizionale.
La storia è a tratti forse troppo stagnante nella routine della vita quotidiana, la traduzione un po’ datata del testo non aiuta a rendere scorrevole la lettura, ma nel complesso, un bel libro. Un racconto corale di una famiglia che, come il Giappone, si trova a dover accettare dei cambiamenti, a scendere a compromessi. Ma sullo sfondo, i ciliegi continuano a fiorire dopo che la neve, leggera e sottile dell’inverno, si è disciolta.

Immagine di un giardino giapponese coperto, appunto, da una neve sottile tratta da qui.

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