O fiori di ciliegio,
sembrate piovuti dal cielo goccia a goccia
tanta è la vostra bellezza.
Issa (da Poesie, ed. Acquaviva)
Agli inizi della primavera, oramai da qualche anno, mi piace fare un giro per la cosiddetta Passeggiata del Giappone, nel parco dell’Eur (Roma). Non è un luogo particolarmente poetico o tranquillo, ma per lo meno offre alla vista numerosi ciliegi dalle tinte pastello e prati verdi su cui sdraiarsi a guardare il cielo.
In queste occasioni mi chiedo sempre cosa pensino i giapponesi sotto i rami carichi dei sakura, durante lo hanami (vale a dire la contemplazione dei fiori), e se noi occidentali riusciremo mai davvero a comprendere l’entusiasmo per un bocciolo rosa o un tenero pollone.
Durante la mia breve vacanza nel Sol Levante rimasi colpita dall’abitudine diffusa di immortalare alberi, fili d’erba e fiori d’ogni tipo. Si era in gennaio: spesso un manto di brina velava ogni cosa e la flora scarseggiava sul terreno ancora addormentato per l’inverno; eppure qua e là trovavo fotografi d’ogni età intenti a catturare invisibili particolari della natura, mentre i turisti si affannavano a cercare l’attrattiva più monumentale o naif.
No, non credo che noi saremo mai in grado di cogliere appieno certe cose; e, forse, non è un caso se Issa, quasi due secoli fa, scriveva:
Sotto gli alberi di ciliegio
non ci sono
stranieri.
Issa