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La tavola periodica degli elementi in forma di haiku

La prestigiosa rivista “Science” ha pubblica una tavola periodica degli elementi molto particolare: a ciascuno di essi è stato dedicato uno haiku.

Le composizioni sono state realizzate da Mary Soon Lee, poetessa, nonché autrice di testi fantasy e di fantascienza, e sono leggibili gratuitamente a questo indirizzo.

 

tavola elementi haiku

Le parole ultime: “Jisei. Poesie dell’addio”

yamamoto takato“En ma fin git mon commencement” (nella fine è il mio principio): in queste poche, apparentemente paradossali parole, la regina Maria Stuart di Scozia concentrò il significato della sua esistenza terrena, proiettandola in quella celeste.

Un’operazione per certi versi simili è riscontrabile anche in alcune jisei, le liriche giapponesi spesso vergate poco prima della propria morte, raccolte da Ornella Civardi in un’opera unica nel panorama editoriale italiano, Jisei. Poesie dell’addio (SE, 2017, pp. 128, € 14). Le prime testimonianze risalgono a un’epoca antecedente il IX secolo; col passare dei secoli, il genere si è poi evoluto in forme e direzioni diverse, senza mai estinguersi del tutto (per esempio, anche Mishima, nel 1970, fece precedere il suicidio da versi di commiato). E così, illustra Civardi con una prosa colta e suggestiva nel saggio a suggello del volume, in questa raccolta, assieme ai tanka del periodo Heian (794-1185) imbevuti di mono no aware, troviamo i densi versi estremi (yuige) dei monaci buddhisti e le jisei umoristiche, ancora in voga nell’Ottocento, in cui la morte viene affrontata con un sorriso di complicità o scherno. L’antologia accoglie circa un centinaio di testi, ciascuno dei quali commentato in maniera sintetica ma esauriente dalla curatrice, che spesso mette in luce i nessi tra la composizione in oggetto, la storia personale del poeta, il contesto storico-religioso, la tradizione letteraria e la cultura nipponica.

A mani vuote son venuto,
me ne vado a piedi nudi,
la partenza e l’arrivo confusi
in un unico segno.

Kozan Ikkyô (1360)

 

Quando muoio,
seppellitemi sotto una botte
dell’osteria:
chissà mai che il fondo
non abbia a creparsi.

Moriya Sen’an (1838)

Malgrado l’indubbia alta qualità del volume, purtroppo non può però passare inosservata una mancanza piuttosto rilevante: sono, infatti, del tutto assenti i testi in giapponese. Se, in generale, nell’ambito della poesia, c’è la consuetudine di presentare al lettore traduzioni e originali assieme, nel caso della lirica nipponica questa buona pratica si rende quasi necessaria per poter meglio assaporare e comprendere i diversi livelli di senso, a partire, naturalmente, dalla scelta dei kanji e del lessico.

Nonostante ciò, le poesie offerte ai lettori conservano intatta la loro bellezza; intuiamo, dietro un velo di parole, la stanchezza della vecchiaia, l’energia di una personalità mai arrendevole, la nostalgia per il “mondo di rugiada” (come lo chiava Issa) che ci si appresta a lasciare, la paura dell’ignoto. Immaginando una mano che forse per l’ultima volta impugna un pennello o una voce tremula alla ricerca di un orecchio amico a cui affidare gli ultimi pensieri, è così impossibile non percepire intimamente, con un brivido, che quelle manciate di versi, in fondo, sono anche per noi.

S’accende
e subito si spegne
la lucciola.

Mukai Chine (1688)

 

Immagine di Yamamoto Takato.

“Un mese, un anno. 90 haiku” di Alfredo Martini

Un mese, un anno. 90 haiku di Alfredo Martini Fischia il vento
tra i rami dei lecci.
L’eco rincorre.

Sa di iris, rocce, brezza, questo libro; e di neve, ombra, luna.

Un mese, un anno. 90 haiku (Almisisi, 2015, pp. 96, € 15) di Alfredo Martini assomiglia, infatti, a una breve mappa delle stagioni della natura e dell’anima. Come suggerisce il titolo della raccolta, le liriche sono suddivise in dodici sezioni, quasi a voler scandire un diario intimo in cui si susseguono minuscole, esatte istantanee.

Come ha infatti dichiarato l’autore, queste composizioni “[s]ono un modo per cogliere un cambiamento, uno scarto rispetto allo scorrere normale di una giornata. […] Qualcosa che ha mutato un’attesa o che mi fa cambiare pensiero e la mente va all’haiku: un modo per fermare quest’eccezione, questo momento unico e diverso. Ecco cosa sono gli haiku per me. Un modo per intercettare frammenti della vita”.

Un mese, un anno. 90 haiku di Alfredo Martini

L’impatto visivo dei versi – che, non di rado, costruiscono di per sé originali spazi sulla pagina – è amplificato da una grafica curata al dettaglio e dalla presenza di dodici bellisime foto del Giappone, che contribuiscono alla grazia discreta ma penetrante del volumetto: in questo modo ogni scheggia d’esistenza può riverberare verbalmente e esteticamente la sua genuina, poetica irripetibilità.

Senso e bellezza: “Sull’ haiku” di Yves Bonnefoy

Basho Riding a Horse by Sugiyama Sanpu

Raramente capita di imbattersi in riflessioni acute sugli haiku che non siano state prodotte da studiosi di letteratura giapponese. Molti di coloro che si addentrano in questo campo senza le necessarie conoscenze finiscono, quasi inevitabilmente, per insistere sui medesimi concetti: la brevità fulminante, la vocazione zen dei versi, il carattere illuminante dell’attimo fissato per sempre…

E’ (anche) per questo che i quattro brevi saggi raccolti in Sull’haiku del poeta, critico e traduttore Yves Bonnefoy (trad. di Andrea Cocco, O barra O edizioni, 2015, pp. 92, € 15, in offerta a 12,75) mi hanno colpito. Brevi ma densissimi, i testi propongono inconsuete prospettive interpretative del genere poetico nipponico, facendo ricorso a un linguaggio suggestivo e pregnante.

E’, d’altronde, un’opera complessa, questa. (altro…)

Il tè dei ricordi e le lanterne di O-bon

http://www.bibliotecagiapponese.it/wp-content/uploads/2014/08/alchechengi-obon-giappone.jpgProfumo di limoni –
Apro gli occhi e la morte
è subito là.

Yuzu niou
Sugu soko no shi ni
Me hirakeba

Katō Shūson (haiku tratto da Il muschio e la rugiada, a cura di Mario Riccò e Paolo Lagazzi, BUR)

Fra le dita gli alchechengi hanno lo stesso, ingannevole peso dei ricordi: per quanto paiano leggeri, nel palmo della mano fanno sentire con delicatezza la loro presenza.

Tipiche della fine dell’estate, queste bacche in Giappone si utilizzano soprattutto in agosto, (altro…)

“Il violoncellista Gōshu” e gli haiku di Matsuo Bashō: due video dallo spettacolo “L’odore intimo del Giappone”

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