Categoria: poesia antica e medievale

Novità in libreria (2017)

il giovane robotLa lista che qui presento è in continuo aggiornamento e non mira a essere esaustiva. Ogni suggerimento è ben accetto.

Narrativa

Poesia

Saggistica

Graphic novel

Prossime uscite

  • Iwaki Kei, Sayōnara Orenji, traduzione di Anna Specchio (Edizioni E/O) [data prevista: gennaio 2018]
  • Murakami Ryu, 69 (Sixty-nine), traduzione di Gianluca Coci (Atmosphere libri) [data prevista: 2017]
  • Sukegawa Durian, Le ricette della signora Toku, traduzione di Antonietta Pastore (Einaudi) [data prevista: gennaio 2018]

Grazie ad Alessandro, Jessica e Liana per i suggerimenti.

Le parole ultime: “Jisei. Poesie dell’addio”

yamamoto takato“En ma fin git mon commencement” (nella fine è il mio principio): in queste poche, apparentemente paradossali parole, la regina Maria Stuart di Scozia concentrò il significato della sua esistenza terrena, proiettandola in quella celeste.

Un’operazione per certi versi simili è riscontrabile anche in alcune jisei, le liriche giapponesi spesso vergate poco prima della propria morte, raccolte da Ornella Civardi in un’opera unica nel panorama editoriale italiano, Jisei. Poesie dell’addio (SE, 2017, pp. 128, € 14). Le prime testimonianze risalgono a un’epoca antecedente il IX secolo; col passare dei secoli, il genere si è poi evoluto in forme e direzioni diverse, senza mai estinguersi del tutto (per esempio, anche Mishima, nel 1970, fece precedere il suicidio da versi di commiato). E così, illustra Civardi con una prosa colta e suggestiva nel saggio a suggello del volume, in questa raccolta, assieme ai tanka del periodo Heian (794-1185) imbevuti di mono no aware, troviamo i densi versi estremi (yuige) dei monaci buddhisti e le jisei umoristiche, ancora in voga nell’Ottocento, in cui la morte viene affrontata con un sorriso di complicità o scherno. L’antologia accoglie circa un centinaio di testi, ciascuno dei quali commentato in maniera sintetica ma esauriente dalla curatrice, che spesso mette in luce i nessi tra la composizione in oggetto, la storia personale del poeta, il contesto storico-religioso, la tradizione letteraria e la cultura nipponica.

A mani vuote son venuto,
me ne vado a piedi nudi,
la partenza e l’arrivo confusi
in un unico segno.

Kozan Ikkyô (1360)

 

Quando muoio,
seppellitemi sotto una botte
dell’osteria:
chissà mai che il fondo
non abbia a creparsi.

Moriya Sen’an (1838)

Malgrado l’indubbia alta qualità del volume, purtroppo non può però passare inosservata una mancanza piuttosto rilevante: sono, infatti, del tutto assenti i testi in giapponese. Se, in generale, nell’ambito della poesia, c’è la consuetudine di presentare al lettore traduzioni e originali assieme, nel caso della lirica nipponica questa buona pratica si rende quasi necessaria per poter meglio assaporare e comprendere i diversi livelli di senso, a partire, naturalmente, dalla scelta dei kanji e del lessico.

Nonostante ciò, le poesie offerte ai lettori conservano intatta la loro bellezza; intuiamo, dietro un velo di parole, la stanchezza della vecchiaia, l’energia di una personalità mai arrendevole, la nostalgia per il “mondo di rugiada” (come lo chiava Issa) che ci si appresta a lasciare, la paura dell’ignoto. Immaginando una mano che forse per l’ultima volta impugna un pennello o una voce tremula alla ricerca di un orecchio amico a cui affidare gli ultimi pensieri, è così impossibile non percepire intimamente, con un brivido, che quelle manciate di versi, in fondo, sono anche per noi.

S’accende
e subito si spegne
la lucciola.

Mukai Chine (1688)

 

Immagine di Yamamoto Takato.

I sakura del monte Imose nei versi di Kamo no Chōmei

kamo no chomei sakura

Con un cuore che predilige i fiori ma non detesta il vento

Yoshinogawa
shigarami kakete
sakura saku
Imose no yama no
arashi wo zo matsu

Mettiamo gli argini
al fiume di Yoshino
e aspettiamo che il soffi il vento
dal monte Imose
dove fioriscono i ciliegi*

* L’argine servirà a fermare e raccogliere i fiori che cadono.

Le poesie di Kamo no Chōmei, a cura di Aldo Tollini, Libreria Editrice, CaFoscarina, 2002, p. 40

Immagine tratta da qui.

Saigyō e la fine dell’anno

saigyo monte fuji stampa
Hiroshige, Il monaco Saigyō contempla il monte Fuji da Yoshiwara (1854)

A Higashiyama, mentre la gente è indaffarata alla fine dell’anno

Dimenticando
le occupazioni
di fine anno,
aspetto quello nuovo
in modo diverso.

Questo mondo
mi appare sempre
come un sogno,
ma il mio cuore
non si scuote.

Come rugiada
che si adagia
sui fili d’erba,
è la vita umana
in questo mondo.

Con l’affidarmi
all’infinita potenza
della Dottrina,
otterrò compassione
nella Rugiada del Loto.

Per comprendere
la compassione
con le lacrime di rugiada,
ho fatto il voto
di vivere nell’eremo.

Ascolto commosso
la campana che suona
in sintonia
col temporale
del mattino.

Vista desolante
del paese natio,
tanto cambiato;
dove è andata
la gente del passato?

dai Canti dell’eremo di Saigyō, a cura di Luigi Soletta, La Vita Felice, 2008, pp. 116-119

Versione giapponese:

Toshi kurete
sono itonami wa
wasurarete
aranu sama naru
isogi o zo suru

Yo no naka o
yume to miru miru
hakanaku mo
nao odorokanu
waga kokoro kana

Nobe no tsuyu
kusa no ha goto ni
sugareru wa
yo ni aru hito no
inochi narikeri

Hedatenaki
nori no kotoba ni
tayori hete
hachisu no tsuyu ni
aware kakuramu

Aware shiru
namida no tsuyu zo
koborekeru
kusa no iori o
musubu chigiri wa

Akatsuki no
arashi ni taguu
kane no oto o
kokoro no soko ni
kotaete zo kiku

Furusato wa
mishi yo ni mo nizu
arenikeri
izuchi mukashi no
hito ikinikemu

Aspettando Tanabata, una poesia di Fujiwara no Okikaze

tanabata 7 luglio

“Crudele è l’amore che unisce i nostri cuori se non ci incontreremo neppure una volta all’anno, come le stelle di Tanabata.”
Chigiriken kokoro zo tsuraki tanabata no/ toshi ni hitotabi au wa ka wa.

Fujiwara no Okikaze (metà X sec.)
Poesia contenuta nel Kokinshū (versione tratta da Sogno di una notte di primavera. Storia del secondo consigliere di Hamamatsu, tradotta da Andrea Maurizi)

Immagine tratta da qui.

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