libro il linguaggio muto della natura - percorsi d'arte nella cultura giapponeseAffrontare lo studio di una cultura differente dalla propria non è mai impresa facile; figurarsi cercare di svelarne fondamenta, significati, sfumature. Il linguaggio muto della natura. Percorsi d’arte nella cultura giapponese (a cura di Lorenzo Casadei, CasadeiLibri, 2014, pp. 78, € 16, in offerta a 13,60) – frutto dell’omonima rassegna tenutasi presso l’Orto botanico di Roma nell’aprile 2014 – riesce, invece, perfettamente nell’intento espresso dal sottotitolo, tracciando sentieri sicuri. I densi testi, intervallati da numerosissime fotografie, sono infatti in grado di farci percepire tutto il silenzioso – seppur eloquentissimo – fascino dei rapporti creatisi fra Giappone e natura nel corso dei secoli.

Nel primo saggio, La visione della natura nella cultura giapponese, Aldo Tollini evidenzia come questa concezione sia imbevuta di shintoismo e buddhismo. La natura, – increata, pura, popolata di kami – non è dominata dall’uomo, ma gli fornisce piuttosto un modello di autoperfezione col quale confrontarsi.

Ne Il bonsai artistico e il bonsai “naturale”, Edoardo Rossi esamina brevemente le principali differenze fra il bonsai che tenta di imitare la disordinata (ma unica bellezza) dell’albero, e quello che, invece, ricerca una compiutezza a rischio di artificiosità o, addirittura, autocompiacimento.

In Dal Kaiyū-Shiki-Teien al moderno Karesansui, ascoltando la voce dei giardini, Francesco Merlo guida il lettore nella complessa e suggestiva filosofia del giardino giapponese, corredandola di numerosi esempi che spaziano dall’oriente (Daitoku-ji a Kyoto, Kogen-ji ai piedi del monte Arashiyama, villa imperiale di Katsura… ) sino a toccare l’Italia (è questo il caso di Villa Ormond a Sanremo, alla cui realizzazione degli spazi verdi di ispirazione nipponica ha contribuito concretamente l’autore stesso).

In Suiseki – La forma ispiratrice di Luciana Queirolo, l’attenzione si sofferma sui concetti e sui valori di cui tener conto nella scelta delle pietre adatte a divenire suiseki, quali orizzonalità, verticalità, asimmetria, shibui (semplicità rustica e, allo stesso tempo, elegante). Per poterli cogliere, però, l’individuo deve sapersi fare natura egli stesso, trasformarsi in una “presenza in ascolto”.

Ne Il silenzio del muschio, infine, si raccolgono, sotto forma di intervista, le riflessioni di Véronique Brindau (già autrice di Elogio del muschio, di cui ho parlato qui) circa la ricchezza e la varietà del mondo dei muschi, molto più apprezzati in Giappone che in occidente.

Conclude il volume, infine, una breve sezione dedicata alle opere di ikebana presentate nel corso dell’iniziativa dalle scuole Sogetsu e Ohara, realizzate da Silvana Mattei, Romilda Iovacchini, Luca Ramacciotti e Lucio Farinelli con la collaborazione dei loro allievi.

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