518400000 secondi, 5844 giorni o, detta ancora altrimenti, sedici anni: per un tempo così lungo Amélie Nothomb, la celebre scrittrice belga, non ha messo piede in Giappone, «il paese della bellezza» che l’ha vista bambina e poi, dopo quasi due decenni, giovane alle prese con un’alienante esperienza lavorativa, descritta magistralmente in Stupore e tremori.
Il suo rapporto con il Sol Levante è fatto di assenze, nostalgie, tormento, dolcezza e ricordi: l’adorata bambinaia Nishio-san che stende la biancheria al sole, l’odio per le onnipresenti e voraci carpe (immortalato in Metafisica dei tubi), la stupefacente gentilezza di Rinri, il fidanzato di Tokyo (cui è dedicato Né di Eva né di Adamo)…
E così, all’indomani del sisma nipponico del 2011, Amèlie decide – o, meglio, sente il bisogno – di visitare nuovamente il Giappone e riabbracciare le persone che ha amato, spinta, non di meno, dalla curiosità di scoprire come durante la sua assenza tutto sia cambiato o imprevedibilmente rimasto uguale. Ma, in fondo, cosa significa ritornare se una parte di noi non ha mai abbandonato certi luoghi e l’anima si nutre ancora della loro poesia?
L’autrice tenta di spiegarselo e spiegarcelo nel suo ultimo lavoro, La nostalgia felice (trad. di M. Capuani, Voland, 2014, pp. 128, € 14, ora in offerta a 11,90), dedicato proprio alle poche, fuggenti settimane trascorse nella sua terra d’elezione, tra il marzo e l’aprile 2012, accompagnata da una troupe televisiva francese incaricata di filmare quanto le accade, che poi diverrà il documentario Une vie entre deux eaux (Una vita fra due acque) è visibile qui.
Dinanzi a così tanta sostanza emotiva, stupisce quasi trovarsi fra le mani un libro breve, leggero. La ragione è presto detta: ogni parola è perfettamente calibrata e, in tipico stile Nothomb, il racconto si snoda fra ironia, lucidità e sentimento, in un susseguirsi di eventi rapido, ma non per questo meno intenso.
Ci ritroviamo, infatti, con lei commossi nell’abbraccio all’anziana tata, stupiti fra i minuscoli banchi della vecchia scuola, o abbagliati dallo splendore del Padiglione d’oro di Kyoto: e non possiamo fare a meno, anche noi, di provare un sentimento che impasta insieme malinconia, gioia e incanto.
Ognuno di noi […] può contemplare il mare, scalare una montagna e guardarsi intorno, innamorarsi: l’immensità è mille volte, dieci milioni di volte più alla nostra portata dell’infinitesimale – è per questo che tendiamo tutti ad aspirare a quello che ci supera, quello che sarebbe bellissimo se non fossimo persone che fanno tanta fatica a non ottenerlo.
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Qui un’intervista a Amélie Nothomb sul suo libro (in francese).
E, qui, invece la fonte della foto.
1 commento il Ritorno in Giappone: “La nostalgia felice” di Amélie Nothomb