Generazioni di artisti occidentali hanno abituato i nostri sguardi a figurarsi i misteri della religione cristiana – le resurrezioni, i miracoli, persino l’immacolata concezione; ma in quale modo riusciremmo mai a dare una forma all’essenza del buddhismo?
L’impresa sembra ardua, eppure qualcuno vi è riuscito: è il caso del monaco zen giapponese Shubun (XV secolo), che al tentativo dedicò un ciclo pittorico, custodito presso il monastero Shokokuji di Kyoto, noto col nome de Le dieci icone del bue e ispirato a un celebre racconto zen. Molti anni prima, un saggio – interrogato sulla ricerca della ‘buddhità’ – rispose infatti «È come [cercare] un bue mentre lo stai cavalcando»: in che maniera definire meglio qualcosa che percepiamo come separato ma che in realtà fa già parte di noi?
Per la prima volta in Italia, Migi Autore nel suo omonimo Le dieci icone del bue. Storia zen in dieci quadri (Lantana, 2012, pp. 128, € 17,50; ora in offerta a 14,88) ci fornisce le rappresentazioni originali e la traduzione dei commenti in versi del maestro cinese zen Kuo-an Shih-yuan (1126-1279 d.C. – dinastia Sung) della scuola Rinzai, corredando il tutto con note e testi utili per una comprensione storica, letteraria e filosofica più approfondita.
Sacro in numerose civiltà contadine, molto diffuso in Cina e India (terra natale del buddhismo), il bue sino a non molti decenni fa costituiva (e, talvolta, costituisce ancora) un elemento della quotidianeità, e quindi agevolava la comprensione dei racconti edificanti che lo vedevano fra i protagonisti: inoltre, l’animale è stato più volte associato al concetto di illuminazione e di Bodhisattva.
Anche nei casi in cui l’uomo – confuso, turbato, afflitto – non sia in grado di scorgere il bue (il vero Sé) sul suo sentiero (da intendersi come percorso di risveglio spirituale), la bestia è davvero persa? Assolutamente no. Persino quando il nostro animo assomiglia al viandante smarrito che s’inoltra nel «mondo di polvere», avvolto nelle nubi del dubbio (raffigurato nell’immagine), il bue – e con lui il pieno raggiungimento della consapevolezza interiore – è sempre a portata di mano, purché ci si ponga in uno stato d’animo vigile e ricettivo, capace di cogliere le tracce che conducono alla meta: noi stessi.
Vedere le tracce – Chien ch’i
Shui pien lin hsia chi p’ien to
fang chang li p’i chien yeh mo
tsung shih shen shan keng shen ch’u
liao tien pi k’ung tsen ts’ang ta
Ai bordi dell’acqua, sotto gli alberi, numerose
le tracce intorno.
Le profumate erbe calpestate sono sparse qua e là, le vede?
[Il bue] lasciato libero può correre sulle alte montagne
e nelle gole più profonde.
Le sue narici sono rivolte al cielo, come può nascondersi?