kyudoMentre ieri assistevo alle gare di tiro con l’arco per le Olimpiadi, mi è tornato alla mente questo brano de Lo zen e il tiro con l’arco del filosofo tedesco Eugen Herrigel, che praticò il kyūdō, l’arte del tiro con l’arco negli anni del suo soggiorno giapponese:

Il tiro con l’arco ora come allora è una faccenda di vita o di morte, in quanto è lotta dell’arciere con se stesso; e una lotta di questo genere non è un mistero surrogato, ma il fondamento di ogni lotta rivolta all’esterno – e sia pure contro un’avversario in carne e ossa.
Se partendo da qui si chiede ai maestri d’arco come vedano e rappresentino questa lotta dell’arciere con se stesso, la loro risposta apparirà del tutto enigmatica. Perchè per essi la lotta consiste nel fatto che il tiratore mira a se stessoeppure non a se stesso – e ciò facendo forse coglie se stesso – e anche qui non se stesso – e così insieme miratore e bersaglio, colui che colpisce e colui che è colpito. Oppure, per servirmi di espressioni care a quei maestri, bisogna che l’arciere, pur operando, diventi un immobile centro.
 

Fonte foto: LeJapon.fr

3 commenti il “Lo zen e il tiro con l’arco” di Eugen Herrigel: il tiratore mira a se stesso

  1. Un libro che mi è piaciuto molto e molto mi ha fatto riflettere, proprio per il continuo gioco di specchi e di analisi interiore che questa disciplina impone. Consigliatissimo!

  2. Che bello questo libro!!!
    Splendida questa filosofia per cui l’allievo deve imparare solo osservando, e “sentendo”.
    Il Maestro non deve spiegare.
    Talvolta, forse, può degnarsi di correggere un dettaglio tecnico, ma non turba lo “studio” dell’allievo con consigli che, invece di agevolarne la conoscenza, potrebbero solo fuorviarla.
    Splendida la lezione del Maestro al suo allievo, colpisce il bersaglio alla cieca, senza puntare, e lo centra, ma semplicemente perchè non è centrare il bersaglio il fine del Kyudo. E’ un effetto collaterale del perfetto equilibrio e disciplina interiore.
    Anche se non è stato scritto da un autore giapponese, preferisco Lo Zen e il tiro con l’Arco allo Zen e la cerimonia del te.
    Non bisogna lasciarsi ingannare dall’esile spessore del libro. In verità, richiede un certo impegno ed una buona dose di riflessione nella lettura, se si vuole che qualcosa di splendido rimanga dentro di se…

    • Sai, l’altro ieri – ascoltando la cronaca del tiro con l’arco alle Olimpiadi – ho notato con sorpresa che i commentatori esprimevano molti di questi concetti (ma dubito che abbiano letto Herrigel); inoltre, parlavano del fatto che alcuni grandi maestri di questa tecnica abbiano gravi problemi di vista. Insomma: la ‘non-filosofia’ del bersaglio non è una mera illazione dello zen o un frutto di speculazioni astratte e vuote .
      Anche per questa ragione, sono perfettamente d’accordo con te quando dici che, malgrado le dimensioni, il libriccino richieda riflessione e impegno: in fondo, si tratta – anche in questo caso – di vedere oltre il bersaglio, oltre le pagine stesse, e porre in sinergia se stessi con un pensiero altro, come l’arciere fa con la freccia.

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