Il lago Inawashiro, prima dell'11 marzo 2011; era detto 'lo specchio del paradiso'.

Buongiorno a tutti. Sono arrivata oggi da Fukushima. Sono venuta insieme a molti compagni che hanno riempito diversi pullman, sia dalla prefettura di Fukushima stessa sia dai posti dove siamo stati sfollati. […]
Ci sono alcune cose che desidero dirvi tanto per cominciare. Voglio intanto esprimere il mio profondo rispetto per ciascuno di voi, perché avete affrontato così tante difficoltà, nel pieno di questo difficile periodo iniziato l’11 marzo, e tutto per difendere la vita. Voglio anche dire grazie a tutti voi per aver accolto con così grande calore la gente di Fukushima e per averci sostenuto in molti modi differenti. Grazie. E a tutti i bambini e ai giovani costretti da questo incidente a sopportare un tal peso, voglio dire che sono sinceramente dispiaciuta, dal profondo del mio cuore, anche a nome della generazione che ha provocato tutto questo. Vi chiedo sinceramente scusa.

Voglio anche dire a voi tutti che Fukushima è un posto bellissimo. A Est, la regione di Hamadori si specchia nel blu dell’Oceano Pacifico. La regione di Nakadori è un giardino di alberi da frutta: peschi, peri e meli. Spighe dorate di riso si stagliano attraverso la pianura di Aizu, intorno al Lago Inawashiro e il monte Bandai, mentre le aree più remote sono incorniciate da alte catene montuose. Questa terra, con le sue colline blu e l’acqua pura, è la nostra patria.

Così è iniziato il discorso di Muto Ruiko, sopravvissuta allo tsunami che ha colpito le coste di Fukushima l’11 marzo 2011, rivolgendosi a una piccola folla riunitasi per manifestare il suo dissenso contro il nucleare.

Le terribili settimane successive al terremoto sono state ripercorse da Paolo Salom nell’ebook multimediale Fukushima e lo tsunami delle anime. Come vivono i giapponesi a un anno dal disastro (Quintadicopertina, 2012, pp. 95, € 3,99; acquistabile dal sito dell’editore in tre diversi formati; in vendita anche su Amazon.it), riservando particolare spazio alle reazioni del popolo estremo-orientale che, dietro il riserbo e l’immancabile forza d’animo, nasconde però dubbi e preoccupazioni per il futuro.

Inviato del «Corriere della sera» e giornalista di lungo corso, l’autore, giunto nel Sol Levante all’indomani della tragedia, ha avuto modo di confrontarsi con numerosi abitanti dell’arcipelago. Pensionati e intellettuali, vedove e scienziati, sfollati e ‘padri-samurai’: ciascuno ha dato alla Storia e a questo libro il suo piccolo contributo, in termini di dolore, fatica e, talvolta, speranza, vittima di uno ‘tsunami delle anime’ che non ha risparmiato niente e nessuno. 

Al di là degli allarmi e degli allarmismi, del timore delle contaminazioni e delle loro conseguenze, delle dimissioni del premier Naoto Kan e di quelle del presidente della famigerata Tepco (compagnia per il rifornimento elettrico e proprietaria del tristemente noto impianto nucleare Fukushima Dai-ichi), occorre ricordare che nella tragedia nazionale si annidano migliaia e migliaia di storie, non di rado passate sotto silenzio per pudore. E’ questo il caso del commovente racconto di Eriko che, nel ricevere gli effetti personali ritrovati accanto al marito defunto, ha scoperto un anello per lei, dono per il White day (14 marzo), il ‘giorno bianco’, in cui gli uomini ricambiano i regali ricevuti a san Valentino. E come non menzionare i cosiddetti nonni-kamikaze, che si sono offerti volontari per lavorare tra le macerie di Fukushima?

E’ chiaro che, a più di dodici mesi di distanza, sono ancora molte le questioni aperte, e spesso è arduo trovare una soluzione ragionevole in termini di costi e sacrifici: basti pensare alle bestiole dell’area di Fukushima (abbandonate, morte, inselvatichite, rinchiuse in ospizi…) oppure alle 2,38 miliardi di tonnellate di detriti da smaltire, originati dal terremoto e dallo tsunami, una parte dei quali provenienti dalle zone contaminate.

Il lago Inawashiro, dopo l'11 marzo 2011

Come più volte sottolinea giustamente Salom, in ballo non c’è soltanto lo sfruttamento energetico dell’atomo, spina dorsale dell’economia giapponese (ammette però la scrittrice Wataya Risa: “La natura ci ha dato una terribile lezione. Il terremoto, lo tsunami sono fenomeni disastrosi. Ma appartengono alle cose del mondo. L’incidente alla centrale nucleare è un’altra cosa, invece: è artificiale, è umano, un prodotto, una tragedia, tutta nostra. […]”): in alcuni momenti, infatti, è parso che a vacillare non fosse solo la terra, ma l’intera identità di una nazione, insieme al suo avvenire. La fiducia nel proprio paese, nella correttezza delle procedure, nella sincerità dei governanti sono state sì incrinate, ma fortunatamente non del tutto pregiudicate. E Tsuchiya Junji, sociologo della prestigiosa Università di Waseda (Tokyo), rivela:

Abbiamo paura di perdere tutto: il nostro passato, il presente, il futuro. Ma abbiamo anche fede: è già successo, riusciremo a rialzarci, riusciremo, perché lo vogliamo, a costruire un nuovo inizio. Anche se non sappiamo ancora quale.

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