Quando pensiamo al tè, spesso ci viene in mente una bevanda degna di gentildonne inglesi e monaci zen (si pensi al famoso aneddoto della tazza troppo piena); certo non penseremmo mai a un elisir trasgressivo o da sorseggiare durante un incontro amoroso.

In una delle sue più celebri opere, vale a dire Il padiglione d’oro, Mishima è riuscito a rendere il tè protagonista di una raffinata scena erotica, in cui s’incontrano sottotraccia est e ovest, come ci mostra Una stanza tutta per (il) tè. Il quadro che ne emerge è altamente sensuale, elegante e misurato; nulla – come nella cerimonia del tè – pare lasciato al caso.

[…] In quel momento, dal fondo della sala avanzò un giovane ufficiale in uniforme. Col massimo rispetto dell’etichetta, s’accosciò di fronte alla donna, a circa un metro di distanza. Si fissarono per un po’.

La donna ad un tratto d’alzò e scomparve silenziosamente in un buio corridoio. Tornò dopo qualche minuto con le lunghe maniche ondeggianti nella brezza, recando una coppa da tè. la depose davanti all’ufficiale, quindi s’accosciò di nuovo al suo posto. L’uomo non sorbì il tè, ma disse qualcosa. Gli attimi che seguirono sembrarono lunghissimi, carichi di tensione, mentre lei rimaneva col capo reclinato sul petto…

Fu allora che accadde una cosa che mi sembrò incredibile. Rimandendo rigidamente seduta, la donna d’aprì il kimono; mi pareva di sentire lo stridere della sera tirata sotto alla stretta obi. Apparve un petto candido. Trattenni il respiro. La giovane scoprì una mammella turgida e bianca che strofinò delicatamente, mentre lui s’avvicinava strisciando sulle ginocchia.

Non posso dire d’aver visto bene tutto, ma provai la stessa vivida sensazione come se proprio sotto i miei occhi quel latte tiepido e bianco zampillasse nella schiuma verde del tè, e poi decantasse nella coppa lasciando sulla superficie del denso liquidio soltanto qualche bollicina d’aria.

Lui portò la coppa alle labbra e tracannò fino in fondo quell’insolita bevanda, mentre la bianca mammella scompariva di nuovo sotto le vesti. […]

Tratto da Mishima Yukio, Il padiglione d’oro, pp. 52-53

(foto tratta da qui)

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