Lo ammetto: il titolo mi ha tratto in inganno. Forse troppo ingenuamente mi aspettavo che, al centro di quest’opera, ci fosse il Giappone. E invece no.
La nave per Kobe (Rizzoli, pp. 176, € 8) di Dacia Maraini raccoglie diverse pagine tratte dai diari della madre dell’autrice, redatte per lo più nel Sol Levante, intervallandole con numerosi excursus sulla vita familiare e il passato dei Maraini. Nel 1938, il grande etnologo Fosco Maraini si trasferì  nel Sol Levante per ragioni di studio con la famiglia; qui, nel 1943, non avendo voluto giurare fedeltà alla Repubblica di Salò, fu rinchiuso con moglie e figlie in un campo di concentramento.
Poiché avevo iniziato questa lettura convinta di avere davanti un testo che mi avrebbe descritto la situazione nipponica degli anni ’30-40, sono rimasta piuttosto delusa dalla superficialità con cui la questione è stata trattata. Riguardo al Giappone e a temi affini vien detto ben poco (gli Ainu vengono pure canzonati); grande spazio è invece riservato ad argomenti di tutto rilievo quali le simpatie alimentari della signora Maraini, le malattie avute da lei e le sorelle, eccetera eccetera. Inoltre, ho trovato insopportabile la tendenza della scrittrice a porre sempre in primo piano con nonchalance le sue conoscenze celebri (quali l’amico Pier Paolo Pasolini,  l’amica Maria Callas, il compagno Alberto Moravia).
In conclusione: La nave per Kobe è una lettura più per “marainiani”, interessati a conoscere tutto sulla scrittrice, piuttosto che per nippofili.

3 commenti il "La nave per Kobe" di Dacia Maraini

  1. Cara Oradistelle,
    anche io possiedo questo libro ma non l’ho ancora letto, ed anche io l’ho comprato per gli stessi tuoi motivi + per il fatto che Topazia Alliata – la donna che ha scritto il diario – era la moglie di Fosco Maraini che, invece, ha scritto delle splendide pagine sul Giappone (penso ad “Ore Giapponesi”). Ho sentito commenti analoghi anche sul diario giapponese della moglie di Tiziano Terzani. Forse ci aspettiamo troppo dalle “mogli” di personaggi noti per la loro apertura mentale (sebbene lo stesso Terzani non ha mai manifestato altrettanta simpatia per il Giappone come per il resto dell’Asia che ha esplorato e commentato in tutta la sua carriera di corrispondente dall’estero).
    Spero fortemente che la delusione provata non ti distolga dai lavori di Fosco Maraini.
    Alla prossima,

  2. Ciao, Barbara.
    Anch’io apprezzo molto Fosco Maraini; moglie e figlia non riusciranno ad intaccare la mia stima per lui. 😉
    Più che Topazia Alliata per il contenuto dei suoi diari, mi sento di “condannare” Dacia Maraini per quel che ne ha fatto.
    Settant’anni fa il Giappone era ancora una terra sconosciuta agli italiani, e dunque mi pare naturale che apparisse piuttosto curiosa – quando non mostruosa – soprattutto a coloro i quali provenivano da realtà particolari, come la nobiltà o l’alta borghesia siciliane, storicamente abbastanza arroccate in se stesse. L’Alliata, quindi, è giustificata, se così si può dire.
    La Maraini un po’ meno. I diari della madre sono – credo – solo un pretesto per poter parlare della famiglia e di sé, spesso in maniera ipertrofica. Il Giappone rimane sotto traccia, mentre l’autoreferenzialità della scrittrice balza in primo piano. Passino pure i racconti sulla famiglia Maraini; ma altre cento divagazioni dell’autrice su questo o su quello mi paiono del tutto futili, quando non fastidiose.
    Se si è interessati alla figura della Maraini, questo libro è perfetto; ma per i nippofili è quasi del tutto inutile, per lo meno secondo il mio modesto parere.
    Grazie per i tuoi commenti, sempre intelligenti e stimolanti. 🙂

  3. Mi ricordo che quando lo lessi, alcuni anni fa, mi lasciò una bella impressione.
    Sarà perché ero impiegato alla sala Maraini del Gabinetto Viesseux e ero particolarmente ricettivo verso le storie connesse a Fosco.
    La storia di quest’uomo è piuttosto interessante, in quanto spinto dai suoi interessi riuscì a trascinare tutti dietro di sé. Il giappone, gli Ainu e così via di certo non erano la passione dei suoi familiari.
    Ma come fu anche per Terzani che lasciò la moglie a casa ad aspettare che (se non fosse schiattato prima) egli tornasse a casa, anche Maraini impose la sua personalità su tutta la famiglia.
    Sarà che il detto che diche che dietro ogni grande uomo c’è una grande donna è forse vero.
    Quindi per valutare quanto Dacia scrive a mio avviso bisogna valutare molte cose. Primo che Dacia ancora infante fu “deportata” dal padre in Hokkaido (!) per poi essere messa in un “campo di prigionia” (leggere Ore giapponesi di Fosco per capire come si svolse il periodo di reclusione). E di certo questo non ti fa amare un paese. Poi va anche detto che il Giappone era la vera passione del padre, che non mi ricordo se traspaia da questo libro, ma rubava spesso le attenzione che Dacia e la famiglia avrebbero voluto per sé.
    Non ultimo il notorio conflitto tra genitori e “figli d’arte”.
    Hai ragione a sostenere che Dacia è fastidiosa quando spiattella le sue amicizie importanti, e hai ragione a dire che chi si aspetta un resoconto del giappone degli anni ’30-40 resterà deluso.
    Ma per chi è curioso di indagare l’animo umano e di saperne di più su Fosco Maraini e la sua famiglia secondo me rimane un libro piacevole.

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